Perché Dio permette il male? Questa domanda, prima o poi è posta un po’ da tutti. Anche indirettamente, perché perfino chi si definisce ateo, afferma spesso che non può credere in Dio perché, se Dio ci fosse, non esisterebbe il male. Il ragionamento che si fa al riguardo è: Se Dio è giusto, potente e buono, perché non interviene per porre fine a tutta la malvagità e a tutte le sofferenze del genere umano nel mondo intero?
Bisogna intanto sgombrare il campo da falsi ragionamenti. Chi sostiene che Dio, essendo giusto e buono, non dovrebbe permettere il male, potrebbe non essere così onesto come vorrebbe apparire nella sua valutazione. In realtà potrebbe pretendere che Dio lo liberi dalle conseguenze del male che lui stesso pratica. È come se dicesse: Io faccio come mi pare, ma tu, Dio, devi fare in modo che io non soffra, altrimenti che Dio sei?
Molti, poi, non trovando una risposta soddisfacente, arrivano alla conclusione che, poiché esiste il male, Dio non può esistere. Con tale conclusione si ammetterebbe però che esista una forza (il male) che governa tutto, la quale occuperebbe il posto di Dio. La prospettiva sarebbe allora tragica, oltre che inspiegabile.
Paolo, facendo semplicemente riferimento al buon senso, dice che l’“eterna potenza e divinità” di Dio “si vedono chiaramente fin dalla creazione del mondo essendo percepite per mezzo delle opere sue” (Rm 1:20). Con molta logica, in Eb 3:4 si afferma: “Certo ogni casa è costruita da qualcuno, ma chi ha costruito tutte le cose è Dio”. Dio esiste. Eppure, esiste anche il male.
Senza dover ricorrere, quindi, alla negazione dell’esistenza di Dio, rimane la domanda: Perché Dio permette il male? Domanda ancor più inquietante, proprio perché si ammette l’esistenza di Dio.
La Bibbia non tace la situazione: “La terra è data in balìa dei malvagi” (Gb 9:24). La Bibbia non tace neppure la domanda sul perché del male. Il profeta Abacuc, indignato, domanda a Dio: “Perché mi fai vedere l’iniquità e tolleri lo spettacolo della perversità?” (Ab 1:3). Pare proprio che in questo mondo prosperi la malvagità: “Sono tutti a loro agio quelli che agiscono perfidamente”, tanto che il profeta Geremia si domanda: “Perché prospera la via degli empi?” (Ger 12:1). “Dov’è il Dio di giustizia?”. – Mal 2:17.
Il salmista, angosciato, prorompe pieno di terrore:
“Paura e tremito m’invadono,
e sono preso dal panico;
e io dico: ‘Oh, avessi ali come di colomba,
per volare via e trovare riposo!
Ecco, fuggirei lontano’”. – Sl 55:6-7.
Dire religiosamente che nel mondo futuro sapremo la risposta sul perché esista il male, può avere anche una parvenza di soluzione del problema, ma sa tanto di scorciatoia per eludere l’imbarazzante domanda. Far poi riferimento al libero arbitrio, affermando che il male è dovuto alla scellerata scelta iniziale fatta dai nostri primogenitori (Gn 2:16,17), è una risposta che imbocca una strada che alla fine è chiusa. Infatti, non risolve la presenza del male, perché la possibilità che i primogenitori avevano di compiere il male, sebbene per loro scelta, indica in sé che tale male era possibile. Perché il male non fosse presente, neppure come possibilità, non sarebbe dovuto esistere proprio neppure il concetto di male.
Con Rm 5:12 possiamo spiegare l’ingresso del peccato e della morte nel mondo, ma non la presenza del male all’inizio della storia umana. Quando Dio “Dio il Signore piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi pose l’uomo che aveva formato” (Gn 2:8), il male era già presente, perché “Dio il Signore fece spuntare dal suolo ogni sorta d’alberi piacevoli a vedersi e buoni per nutrirsi, tra i quali l’albero della vita in mezzo al giardino e l’albero della conoscenza del bene e del male”. – Gn 2:9.
Fu Dio stesso che “fece spuntare dal suolo” l’albero della conoscenza anche del male. Si può dire finché si vuole che l’uomo non fosse obbligato a cibarsene, ma rimane che il concetto di male era già presente e che fu Dio a renderlo presente. La Bibbia afferma che Dio è amore (1Gv 4:8,16). La presenza del male, non solo permessa, ma anche “voluta” da Dio, deve quindi avere una spiegazione più profonda di quelle delle sdolcinature proposte dalle religioni. Perfino persone credenti e religiose domandano: Perché Dio non distrusse subito il primo peccatore? Perché tutto questo tempo trascorso nel male? Non poteva Dio togliere la malvagità in maniera definitiva già al tempo di Yeshùa, se non prima? Se il primo a compiere il male fu satana, perche Dio non lo fulminò sul momento, sapendo quali sarebbero state le atroci conseguenze di quella ribellione? Qualche religione americana s’inventa una sfida tra Dio e satana, giocata sulla nostra pelle. Se Dio avesse distrutto subito satana, dicono costoro, gli angeli sarebbero rimasti con il dubbio che satana potesse aver ragione nella sua ribellione a Dio. Ciò è un assurdo che sa di favola e che, tra l’altro, non risolve la questione. Se, infatti, il cherubino che divenne satana poté operare il male, ciò implica che il male era presente come possibilità. E tale possibilità fu data e voluta da Dio. Occorre davvero trovare una risposta più convincente.
Come potremmo definire il male? Potremmo dire che il male è tutto ciò che fa male. Eppure, questa definizione non pare completa. Se, per un incidente, si batte contro qualcosa che ci spezza un dente, ciò fa indubbiamente male ed è un male. Tuttavia, il male che si prova per l’estrazione di un dente porta a un bene finale. Si potrebbe allora dire che è male ciò che fa male e basta, senza esiti positivi.
Allo stesso modo, il bene è ciò che fa bene. Tuttavia, un pranzo a base di funghi velenosi potrebbe far gran bene al palato lì per lì. Si potrebbe allora dire che il bene è tutto ciò che fa bene in maniera duratura, senza controindicazioni.
Il termine ebraico רָע (ra), nella Bibbia non significa solo “male”, ma anche “cattivo”, perfino “brutto”, “disastroso”, “ostile” Gn 2:9;40:7;41:3; Es 33:4; Dt 6:22; 28:35; Pr 23:6;28:22). Allo stesso modo, il termine greco κακός (kakòs) indica ciò che è dannoso e nocivo, oltre che “male”. – Rm 7:19;12:17; Col 3:5; Tit 1:12; Eb 5:1.
Bene e male appaiono attaccati come due facce della stessa medaglia. Non esiste moneta o medaglia con una sola faccia, eppure è possibile disporla solamente su una sola faccia alla volta. Sebbene il male possa assumere le sembianze del bene e viceversa, il male rimane male e il bene rimane bene.
Già dalla prima volta che il termine “male” (ra, רָע) ricorre nella Bibbia, esso appare connesso al bene. “Dio il Signore ordinò all’uomo: ‘Mangia pure da ogni albero del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non ne mangiare’” (Gn 2:16,17). Si noti qui che si tratta di un solo albero. Come la nostra medaglia con due facce, tale albero unico possedeva simbolicamente la “conoscenza del bene e del male”. Vietandone ad Adamo l’accesso, Dio voleva impedirgli non solo la conoscenza del male ma anche quella del bene. Che cosa significa? Significa che la distinzione tra bene e male è qualcosa che spetta solo a Dio. È il Creatore che stabilisce cosa sia bene e cosa sia male. Non è compito nostro fissarne la norma.
A volte il male è una tappa obbligata verso il bene, come nel caso dell’estrazione del dente. “Per la gioia che gli era posta dinanzi egli [Yeshùa] sopportò la croce”. – Eb 12:2.
A volte il bene è occasione per compiere il male. “Tu fosti perfetto nelle tue vie dal giorno che fosti creato, finché non si trovò in te la perversità”. – Ez 28:15.
Il male può essere una tutela e una protezione. Se non si provasse male avvicinando una mano alla fiamma, molti andrebbero in giro come Muzio Scevola. La creazione sarebbe un assurdo balocco se fosse impedita la sofferenza come conseguenza di un gesto inconsulto. Buttarsi giù da un palazzo senza spiaccicarsi al suolo diventerebbe un gioco senza senso. D’altra parte, nessuno sente il bisogno di buttarsi dal ventesimo piano, salvo chi ha seri problemi mentali.
Da dove ha origine allora il male? Non si confonda la scelta del male con il male stesso. Scegliere il male è diabolico. Tuttavia, finché non si sceglie di operarlo, il male rimane solo una possibilità inoffensiva, perfino necessaria. Nessuno obbliga a ustionarsi col fuoco, ma la scottatura avverte che non è il caso di giocare col fuoco.
Il male è allora l’altra faccia del bene. Non si può definire il caldo senza la presenza del freddo e viceversa. Non si può definire il buono senza un raffronto con il cattivo. Da dove viene allora il male? Chi l’ha creato? Ovviamente, fu il creatore di tutte le cose.
“Io formo la luce, creo le tenebre,
do il benessere, creo l’avversità;
io, il Signore, sono colui che fa tutte queste cose”. – Is 45:7.
“Creo il male”, traduce Diodati. E con ragione, perché il testo biblico dice proprio: בֹורֵא רָע (vorè ra), “creo (il) male”. Aggiungiamo che il verbo ebraico è lo stesso identico usato in Gn 1:1 per la creazione dei cieli e della terra.
D’altra parte, dopo aver intimato ad Adamo di non cibarsi “dell’albero della conoscenza del bene e del male”, Dio gli garantisce, se disubbidirà, un male sicuro: “Nel giorno che tu ne mangerai, certamente morirai”. – Gn 2:16,17.
Il male è dunque un elemento importante della creazione. Male non è automaticamente sinonimo di peccato. Le punizioni volute da Dio di cui la Bibbia parla – come il Diluvio, le piaghe d’Egitto, la distruzione di Sodoma e Gomorra – non furono certo un bene. Furono un male, ma non per questo Dio peccò. Furono i colpiti a peccare, attirandosi addosso il male.
“Vedi, io metto oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male; poiché io ti comando oggi di amare il Signore, il tuo Dio, di camminare nelle sue vie, di osservare i suoi comandamenti, le sue leggi e le sue prescrizioni, affinché tu viva . . . Ma se il tuo cuore si volta indietro, e se tu non ubbidisci . . . io vi dichiaro oggi che certamente perirete . . . Io prendo oggi a testimoni contro di voi il cielo e la terra, che io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione; scegli dunque la vita, affinché tu viva, tu e la tua discendenza, amando il Signore, il tuo Dio, ubbidendo alla sua voce e tenendoti stretto a lui, poiché egli è la tua vita e colui che prolunga i tuoi giorni”. – Dt 30:15-20.
“‘Com’è vero che io vivo’, dice il Signore, Dio, ‘io non mi compiaccio della morte dell’empio, ma che l’empio si converta dalla sua via e viva; convertitevi, convertitevi dalle vostre vie malvagie!’”. – Ez 33:11.
Dobbiamo avere “le facoltà esercitate a discernere il bene e il male” (Eb 5:14). Come saper distinguere? In base alla norma di Dio, perché è lui che ha la perfetta “conoscenza del bene e del male” (Gn 2:17). “Nessuno, quand’è tentato, dica: ‘Sono tentato da Dio’; perché Dio non può essere tentato dal male, ed egli stesso non tenta nessuno” (Gc 1:13). Come si sceglie allora il male? “Ognuno è tentato dalla propria concupiscenza che lo attrae e lo seduce. Poi la concupiscenza, quando ha concepito, partorisce il peccato; e il peccato, quando è compiuto, produce la morte”. – Gc 1:14,15.
La parola “concupiscenza” traduce il greco ἐπιθυμία (epithümìa) che indica il desiderio, la brama, la voglia di ciò che è proibito. Da dove sorge tale istinto insito in noi? Aspetto interessante, nel Talmud si legge: “[Dio] creò l’uomo con due inclinazioni: la buona e la cattiva” (Berachòt 61a). Nell’etica ebraica s’insegna che nell’essere umano esistono due istinti opposti: lo Yetzer Tov (buona inclinazione) e lo Yetzer Ra (cattiva inclinazione).
Alla base di questa dottrina c’è il passo biblico di Gn 2:7 in cui si legge: וַיִּיצֶר יְהוָה אֱלֹהִים אֶת־הָאָדָם (vayiytzèr Yhvh Elohìm et ha-adàm), “e formò Yhvh Dio l’uomo”. Ora, qui appare una forma strana del verbo:
יִּיצֶר (yiytzèr)
Infatti, è scritto stranamente con due yod (י, y). Più avanti, in 2:19, circa gli animali è però scritto: וַיִּצֶר יְהוָה אֱלֹהִים (vayitzèr Yhvh Elohìm), “e formò Yhvh Dio”, e qui il verbo יִּצֶר (yitzèr), “formò”, è scritto correttamente, con una sola yod (י, y).
I rabbini fanno quindi notare che gli animali sono stati creati con un solo istinto, mentre l’essere umano ha due inclinazioni. Lo yod (י, y) è, infatti, la prima lettera della parola יֵצֶר (yètzer), che significa “inclinazione”, come in Gn 6:5: “[Dio] vide che la cattiveria dell’uomo era abbondante sulla terra e che ogni inclinazione [יֵצֶר (yètzer)] dei pensieri del suo cuore era solo cattiva in ogni tempo”. – TNM.
La buona inclinazione (Yetzer Tov) si manifesta anche nella coscienza morale come voce interiore che ci segnala che c’è qualcosa che non va. La coscienza è innata: Dio ha creato l’essere umano così. La sperimentarono subito Adamo ed Eva, nascondendosi per la vergogna non appena infransero la legge di Dio (Gn 3:7). Paolo conferma che ogni essere umano discendente da Adamo ed Eva la possiede: “Certo i pagani non conoscono la Legge data da Dio; ma quando essi compiono ugualmente ciò che la Legge comanda, è come se l’avessero dentro di sé. La loro condotta dimostra che nei loro cuori è scritto ciò che la Legge prescrive. Lo dimostrano la loro coscienza e i ragionamenti che fanno tra di loro, con i quali, a volte, si accusano, e a volte si difendono”. – Rm 2:14,15, PdS.
La cattiva inclinazione (Yetzer Ra) va compresa secondo il pensiero ebraico (e quindi biblico) e non all’occidentale. Si tratta della nostra natura egoistica. Tuttavia, occorre distingue bene il tipo di egoismo. L’egoismo inteso come aspetto negativo è l’egoismo psicologico ovvero l’agire solo in base ai propri interessi. C’è poi l’egoismo etico che consiste nell’agire in base ai propri interessi ma non solo per quelli. Generalmente, l’egoismo è visto come l’agire nel proprio interesse a scapito degli altri. La natura egoistica dello Yetzer Ra non è però in sé negativa. Si tratta, infatti, di un egoismo razionale. In etica, l’egoismo razionale è visto semplicemente come comportamento logico, affermando che è del tutto razionale agire in base ai propri interessi. Quest’ultima idea trova conferma nella realtà delle cose e nella Scrittura. È del tutto ovvio che mangiare, bere, dormire – per citare alcuni comportamenti comuni – sia fatto nel proprio interesse. Non farlo sarebbe un suicidio. Perfino provare gioia nell’ubbidire a Dio potrebbe essere definito egoistico, ma si tratta – appunto – di un egoismo razionale. La Scrittura ci dice di amare il prossimo come noi stessi (Lv 19:18; Mt 22:39) e ciò comporta necessariamente che prima di tutto amiamo noi stessi.
Lo Yetzer Ra non è quindi, in sé, qualcosa di brutto e negativo. È Dio che ha creato così l’essere umano, ed è grazie a questo istinto che progrediamo. È proprio grazie a tale sano egoismo razionale che mettiamo su casa, ci sposiamo, curiamo il benessere nostro e dei nostri cari. Tuttavia, da uno stimolo in sé positivo si può andare oltre e degenerare. Facciamo un esempio. Il desiderio sessuale è voluto da Dio e garantisce la costituzione di una famiglia e la procreazione; ma non solo, perché è un piacere che Dio invita a godere: “Benedetta la tua sorgente, la donna che hai sposato nella tua gioventù! Con lei sii felice” (Pr 5:18, PdS; cfr Ec 9:9). In Israele, l’uomo che si sposava era esentato per un anno dal servizio militare e da altri obblighi sociali, così da poter godere insieme a sua moglie le gioie del matrimonio (Dt 24:5). Il desiderio sessuale, in sé buono, può però degenerare in violenza carnale, incesto, adulterio, omosessualità e altre perversioni.
Va notato che lo Yetzer Ra è un’inclinazione interiore che fa parte della persona, non qualcosa che viene dall’esterno. Tutti abbiamo la possibilità di fare una scelta.
“Vedete, io vi pongo oggi davanti alla scelta, tra una benedizione e una maledizione”. – Dt 11:26, PdS.
Lo yètzer o inclinazione tende al male sin da quando l’essere umano è giovane: “L’inclinazione [יֵצֶר (yètzer)] del cuore dell’uomo è cattiva [רַע (ra)] fin dalla sua giovinezza” (Gn 8:21, TNM). I bambini e le bambine non sono malvagi né tantomeno nascono tali. Non sono neppure ancora dotati di una coscienza morale. Non sono neanche contagiati da un presunto peccato originale. Quando Paolo dice che “noi tutti vivevamo un tempo, secondo i desideri della nostra carne, ubbidendo alle voglie della carne e dei nostri pensieri” (Ef 2:3), egli vede l’essere umano per quello che è, per come si trova nella situazione attuale del mondo. E vede che l’essere umano, nell’ambiente attuale, cade nella schiavitù delle concupiscenze carnali e vive schiavo di satana. Paolo non parla qui dei bambini che nascono e muoiono, ma delle persone già mature che l’apostolo aveva davanti agli occhi con tutti i loro peccati. Anche se cerchiamo di creare un ambiente ideale, i nostri sforzi saranno frustrati dall’ereditarietà che influisce sull’individuo e lo condiziona, rendendolo tarato. A questa miseria umana è venuto incontro Dio con il suo grande e immenso amore: “Ma Dio, che è ricco in misericordia, per il grande amore con cui ci ha amati, anche quando eravamo morti nei peccati, ci ha vivificati con Cristo (è per grazia che siete stati salvati)”. – Ef 2:4,5.
La cattiva inclinazione ci permette di conoscere il male e quindi ci aiuta a comprendere meglio il bene. Anche in ciò lo Yetzer Ra mostra la sua funzione positiva. Esso non va perciò soppresso. Dobbiamo piuttosto impiegarlo nel modo giusto lasciando prevalere lo Yetzer Tov. Il male, di per sé inoffensivo se rimane solo una possibilità che non cogliamo, produce le sue conseguenze se lo scegliamo: “La tua malvagità è quella che ti castiga”. – Ger 2:19.