PRIMO BAMBINO
In Is 7 è stato presentato un bambino come “segno”: l’Emanuele. In Is 8 viene presentato un bambino che è figlio di Isaia. Si tratta – come abbiamo visto nel precedente studio – dello stesso bambino. Questo bambino prefigura anche il Messia futuro, il consacrato.
SECONDO BAMBINO
In Is 9 appare un secondo bimbo:
“Un bambino ci è nato, un figlio ci è stato dato”. – V. 5.
Non è più chiamato con il precedente vocabolo נער (nàar, ragazzo), ma con יֶלֶד (yèled); il vocabolo יֶלֶד (yèled) può indicare un bambino (Es 21:22; Gn 21:8), un ragazzo (Gn 4:23;21:14; 2Re 2:24, Gb 21:11), un adolescente (Gn 37:30;42:22; 2Re 4:1). Qui assume un aspetto regale, avrà dominio e potere su tutta la nazione: “Sulle sue spalle riposerà l’impero” (v. 5). Da notare che questo bambino è già nato: “Un bambino ci è nato”. Ma vediamo il contesto in cui appare questo secondo bambino.
La descrizione inizia con una grande carestia e con una persona affamata che va in giro cercando cibo senza trovarlo, da qui una bestemmia lanciata contro Dio che anziché salvarlo lascia perire di fame il suo popolo:
“Si aggirerà per il paese affranto e affamato; e quando sarà affamato si irriterà e maledirà il suo re e il suo Dio. Volgerà lo sguardo in alto, poi lo volgerà verso la terra, ed ecco calamità, tenebre, oscurità piena di angoscia, e sarà sospinto nelle più fitte tenebre”. – Is 8:21,22.
Tuttavia, queste tenebre sono destinate a scomparire: “Ma le tenebre non dureranno sempre” (v. 23). Ed ecco che una grande luce appare a questa gente che camminava nelle tenebre: “Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano nel paese dell’ombra della morte, si è levata una luce” (9:1). Questo avviene ad opera di un ragazzino già nato: “Poiché un bambino ci è nato, un figlio ci è stato dato” (9:5). Sembra naturale individuare questo ragazzino nel re Ezechia, figlio di Acaz. Di questo re si danno nomi straordinari e non comuni: “Sarà chiamato consigliere ammirabile, Dio potente, padre eterno, principe della pace” (9:5). Questi titoli più che essere un’esagerazione aulica, vogliono indicare che, mediante questo re, Dio si sarebbe mostrato davvero il Consigliere, il Padre, il Potente Donatore di pace al suo popolo. Lo sbaglio di certi esegeti è quello di non vedere come tali nomi passino in trasparenza dal re Ezechia al vero Re del regno di Giuda, Dio, operante in lui e per lui. Il torto di questi esegeti è quello di considerare tali nomi non sotto l’aspetto relativo (per cui il re è visto come rappresentante di Dio sulla terra), ma come indicazione dell’essenza di questo personaggio che fu quindi considerato un essere divino (il futuro Messia; considerato Dio stesso da trinitari e binitari, considerato potente essere spirituale preesistente da diversi unitari). È il solito errore: leggere pagine mediorientali, semitiche, con mentalità occidentale. Questi nomi, invece, non fanno altro che esaltare profeticamente l’attività di Ezechia nel suo lungo governo su Giuda. Questo senso relativo è messo in rilievo da 9:6 dove si legge: “Questo farà lo zelo dell’Eterno [יהוה (Yhvh) nel testo ebraico] degli eserciti”, da cui risalta che non è il ragazzo a compiere meraviglie con la propria potenza, ma è solo Dio che agisce tramite suo.
Che la profezia si applichi a Ezechia si può capire dal modo in cui i libri storici della Bibbia parlano di Ezechia.
“Egli fece ciò che è giusto agli occhi dell’Eterno”; “dopo di lui, fra tutti i re di Giuda, non ci fu alcuno come lui, né alcuno tra quelli che erano stati prima di lui”; “rimase attaccato all’Eterno, non cessò di seguirlo e osservò i comandamenti”; “così l’Eterno fu con lui, ed egli riusciva in tutte le sue imprese”. – 2Re 18:3,5,6,7.
Ezechia estese la sua influenza anche nei territori separati del settentrione (regno di Israele), che dovettero vedere Ezechia come una salvezza.
“I corrieri andarono dunque in tutto Israele e Giuda con le lettere da parte del re e dei suoi capi, proclamando secondo l’ordine del re: ‘Figli d’Israele, tornate all’Eterno’”; “Ezechia pregò per loro, dicendo: ‘L’Eterno, che è buono, perdoni chiunque ha disposto il proprio cuore a ricercare Dio, l’Eterno’”; “e l’Eterno ascoltò Ezechia”; “dal tempo di Salomone figlio di Davide re d’Israele, non c’era stato nulla di simile in Gerusalemme”. – 2Cron 30:6,18,19,20,26.
Di fronte a queste descrizioni non fa più meraviglia la profezia di Isaia riguardante questo ragazzo, già nato al suo tempo.
TERZO BAMBINO
Dopo aver descritto l’alterigia orgogliosa del re d’Assiria che pensa di stravincere con la sua potenza, Isaia profetizza la futura venuta di un rampollo di Davide, arricchino di doni ineffabili ad opera dello spirito divino:
“Un ramoscello uscirà dal tronco di Isai e un germoglio spunterà dalle sue radici”. – Is 11:1.
Questo bambino è futuro: “Uscirà”. L’allegoria del ramoscello che spunta dal tronco non deve ingannare: si tratta di un bambino, discendente di “Isai” o Iesse. Questo bambino è arricchito da sei doni dello spirito santo di Dio (“lo spirito di sapienza e di intendimento, lo spirito di consiglio e di potenza, lo spirito di conoscenza e del timore di Geova” – v. 2, TNM):
- Spirito di sapienza,
- spirito d’intendimento,
- spirito di consiglio,
- spirito di potenza o forza,
- spirito di conoscenza,
- timore del Signore.
La versione greca della LXX divide “il timore del Signore” in εὐσεβεία (eusèbeia, “rispetto”) e φόβοj θεοῦ (fòbos theù, “timore di Dio”), ottenendo così il settenario che si è imposto nella tradizione posteriore.
Questo bambino non è più un contemporaneo di Isaia (come il primo di Is 7 e 8 e come il secondo di Is 9); egli verrà in un’epoca paradisiaca in cui nel mondo vi sarà pace e benessere. Al suo tempo non ci sarà più l’uccisione cruenta di animali, nemmeno fra bestie feroci: “Il lupo abiterà con l’agnello, e il leopardo si sdraierà accanto al capretto; il vitello, il leoncello e il bestiame ingrassato staranno assieme, e un bambino li condurrà. La vacca pascolerà con l’orsa, i loro piccoli si sdraieranno assieme, e il leone mangerà il foraggio come il bue. Il lattante giocherà sul nido della vipera, e il bambino divezzato stenderà la mano nella buca del serpente” (11:6-8). Tutti i popoli cammineranno sotto il suo vessillo: “In quel giorno, verso la radice d’Isai, issata come vessillo dei popoli, si volgeranno premurose le nazioni, e la sua residenza sarà gloriosa”; “Egli alzerà un vessillo verso le nazioni, raccoglierà gli esuli d’Israele, e radunerà i dispersi di Giuda dai quattro canti della terra. La gelosia di Efraim scomparirà, e gli avversari di Giuda saranno annientati; Efraim non invidierà più Giuda, e Giuda non sarà più ostile a Efraim” (9:10,12,13). Al suo tempo “non si farà né male né danno”, “poiché la conoscenza del Signore riempirà la terra, come le acque coprono il fondo del mare”. – 11:9.
Egli sembra l’apice insuperabile della dinastia davidica; la sua figura unica si staglia nel futuro come un ideale insuperato e insuperabile. La sua figura sembra trascendere tempo e terra per donarci una visione celestiale. Si tratta della predizione del Messia (il Cristo, l’unto, il consacrato) futuro verso cui si appuntano le speranze di tutta Israele. Isaia trascende qui la storia contemporanea per contemplare la felicità messianica descritta con termini di benessere terreno, immagine della pace interiore degli abitanti della terra.
La mancata distinzione di questi tre bambini, erroneamente identificati tra loro, ha creato una confusione che ha reso e rende tuttora impossibile un’esegesi di questa sezione isaiana.
Il fatto è che i bambini sono tre:
1° – Il figlio di Isaia (Is 7 e 8);
2° – Il re Ezechia, figlio del re Acaz (Is 9);
3° – Il Messia futuro, Yeshùa. – Is 11.