L’opinione che Giona sia uno scritto puramente didattico fu sostenuta da Reuss, da E. König (un esegeta credente e molto conservatore), da M. van Hoonacker (professore in una Università cattolica), da M. Meinertz (professore cattolico d’esegesi neotestamentaria) e da altri.

   Secondo questa ipotesi il libro sarebbe una parabola analoga a quella del figliol prodigo, con lo scopo di insegnare che Dio chiama tutti gli uomini alla conversione e alla salvezza. Vediamone le ragioni.

   Esame interno del libro. È il punto forte di questa ipotesi.

   ► Pur essendo tra gli scritti profetici, Giona è ben diverso da tutti gli altri perché contiene solo un racconto, senza alcuna profezia o discorso da parte del profeta. È un caso eccezionale tra gli scritti profetici. Il suo posto dovrebbe essere tra i libri storici, come nel caso di Elia ed Eliseo. Come mai invece si trova tra i libri profetici? Non è forse perché la sua non è una storia ma una parabola creata e predicata da un profeta al tempo postesilico?

   ► La mancanza di particolari suggerisce che il libro sia un racconto didattico e non storico. L’autore trascura così tanto le circostanze proprio perché non servivano al suo scopo. Il Luzzi (in I profeti minori, pag. 330) così scrive: “Del luogo dove Giona fu vomitato dal pesce […] Chi fosse allora il re d’Assiria (che è chiamato stranamente ‘re di Ninive’, mentre non c’è memoria che i re d’Assiria fossero mai designati a quel modo), da quanto regnasse, di quali misfatti Ninive si fosse resa colpevole per meritare una punizione così tremenda, di quel che avvenisse poi dei niniviti e di Giona stesso dopo che Dio gli ebbe data la lezione che meritava, non una parola”.

   ► Accentuazione del miracoloso. Il miracolo è certamente possibile, e non saremo noi così ingenui da negarne la possibilità. Per chi ammette Dio creatore della natura, non fa meraviglia un suo intervento in essa. Tuttavia, in questi tre capitoli di Giona (il secondo capitolo è solo un salmo) l’accumularsi del miracoloso – spesso per uno scopo di non eccessivo valore – sembra essere fuori dal normale. Sembra proprio che qui il miracoloso serva di sostegno ad un insegnamento didattico per colpire meglio la fantasia. Altrove, nella Bibbia, non troviamo mai una tale sovrabbondanza di meraviglioso. E qui ce n’è in continuazione:

 

Il meraviglioso in Giona

“Il Signore scatenò un gran vento sul mare, e vi fu sul mare una tempesta così forte che la nave era sul punto di sfasciarsi”

1:4

“Presero Giona, lo gettarono in mare e la furia del mare si calmò”

1:15

“Il Signore fece venire un gran pesce per inghiottire Giona: Giona rimase nel ventre del pesce tre giorni e tre notti”

2:1

“Il Signore diede ordine al pesce, e il pesce vomitò Giona sulla terraferma”

2:11

“Dio, il Signore, per calmarlo della sua irritazione, fece crescere un ricino che salì al di sopra di Giona per fare ombra sul suo capo Dio, il Signore, per calmarlo della sua irritazione, fece crescere un ricino che salì al di sopra di Giona per fare ombra sul suo capo”

4:6

“Dio mandò un verme a rosicchiare il ricino e questo seccò”

4:7

“Dio fece soffiare un soffocante vento orientale”

4:8

 

I dati che hanno del meraviglioso non si trovano solo nel cosa, ma anche nel come:  

 

“Dio, il Signore, per calmarlo della sua irritazione, fece crescere un ricino che salì al di sopra di Giona per fare ombra sul suo capo” *

4:6

* “Che è nato in una notte” [בִנ־לַיְלָה  (bin-làylah), “figlio di una notte”]

4:10

* In senso letterale, è una crescita troppo rapida (una notte)

“Allo spuntar dell’alba, Dio mandò un verme a rosicchiare il ricino e questo seccò” *

4:7

* Consumazione troppo rapida (in una mattina)

 

   Per fare un paragone con quella che certamente è una parabola, si veda il meraviglioso nel racconto didattico del ricco e di Lazzaro fatto da Yeshùa:

 

Elementi fantastici

della parabola del ricco e di Lazzaro in Lc

Osservazioni

“Il povero morì e fu portato dagli angeli”

16:22

Gli angeli non trasportano i morti.
“Nel seno di Abraamo”

16:22

Nel seno?!
“Morì anche il ricco, e fu sepolto. E nell’Ades, essendo nei tormenti, alzò gli occhi e vide da lontano Abraamo, e Lazzaro nel suo seno”

16:22,

23

Nella tomba (ades) non ci sono tormenti e i morti, inconsci, non vedono.
“Esclamò: ‘Padre Abraamo, abbi pietà di me’”

16:24

I morti non parlano.
“Manda Lazzaro a intingere la punta del dito nell’acqua per rinfrescarmi la lingua”

16:24

Una goccia d’acqua non estinguerebbe la sete.
“Ora qui egli è consolato, e tu sei tormentato”

16:25

Nell’aldilà non c’è attività.
“Fra noi e voi è posta una grande voragine, perché quelli che vorrebbero passare di qui a voi non possano, né di là si passi da noi”

16:26

“Tutti vanno in un medesimo luogo; tutti vengono dalla polvere, e tutti ritornano alla polvere”. – Ec 3:20.
“Ti prego, dunque, o padre, che tu lo mandi a casa di mio padre”

16:27

Un morto non ha potere di inviare nessuno: è morto ed è inconscio.
“Se qualcuno dai morti va a loro, si ravvedranno”

16:30

 

   Anche in Giona i dati meravigliosi sono troppi. Questi si spiegano meglio in un racconto destinato a colpire la fantasia per insegnare che non in un racconto storico.

   ► Conversione di Ninive. Anche la conversione di Ninive sembra dovuta all’indole didattica del racconto essendo in sé impossibile. Questa sembra proprio essere la difficoltà principale tra tutti gli elementi del racconto. Ed è proprio la conversione ninivita che testimonia il carattere fittizio e convenzionale del racconto. Così come – nella parabola del ricco e di Lazzaro – è proprio la comunicazione fittizia tra i due morti che rende significativa la lezione. Gli altri scrittori della Bibbia non solo ignorano completamente una conversione di Ninive, ma parlano dei niniviti sempre in senso opposto. E, ancora una volta, è proprio questo che rende significativa la lezione che Giona intende impartire: perfino i niniviti (che non si convertirono mai) si pentono, e gli ebrei non lo fanno.

   Il capitolo 3 afferma che nella vasta capitale dell’impero assiro il re e il popolo si convertono in breve tempo alla parola del profeta ebreo. Il re “si coprì di sacco e si mise seduto sulla cenere” (Gna 3:6). Per decreto reale il digiuno è imposto a uomini e animali: “Uomini e animali, armenti e greggi, non assaggino nulla; non vadano al pascolo e non bevano acqua” (Gna 3:7). Non solo, ma perfino gli animali si devono coprire con un silicio: “Uomini e animali si coprano di sacco” (Gna 3:8). In qualunque tempo della storia ninivita si ponga l’evento, un simile risultato non avrebbe potuto prodursi che a forza di miracoli. Se davvero ci fosse stato un ravvedimento, questo avrebbe richiesto considerevole tempo per vincere l’opposizione dei grandi, dei consiglieri del re e del collegio sacerdotale che era molto potente e ben organizzato. Ma, stando al testo, basta che Giona proferisca una minaccia (“Ancora quaranta giorni, e Ninive sarà distrutta!”, Gna 3:4) e d’incanto tutta la gente ninivita crede nel Dio di Israele. “I Niniviti credettero a Dio, proclamarono un digiuno, e si vestirono di sacchi, tutti, dal più grande al più piccolo. E poiché la notizia era giunta al re di Ninive, questi si alzò dal trono, si tolse il mantello di dosso, si coprì di sacco e si mise seduto sulla cenere. Poi, per decreto del re e dei suoi grandi, fu reso noto in Ninive un ordine di questo tipo: ‘Uomini e animali, armenti e greggi, non assaggino nulla; non vadano al pascolo e non bevano acqua; uomini e animali si coprano di sacco e gridino a Dio con forza; ognuno si converta dalla sua malvagità e dalla violenza compiuta dalle sue mani’”. – Gna 3:5-8.

   Ovviamente e indubbiamente, se ci si appella alla potenza divina, tutto ciò non è impossibile. I niniviti avrebbero potuto convertirsi in massa con la sola presenza di Giona tra le loro mura senza porre obiezioni di sorta. Ma fu davvero così? La difficoltà aumenta con le dimensioni esagerate date a Ninive in Gna 3:3: “Ninive era una città grande davanti a Dio; ci volevano tre giorni di cammino per attraversarla”. Attenzione: non tre giorni di cammino per percorrerne la circonferenza, ma per attraversarla. Si tratta di diametro, come esige – oltre che il verbo “attraversare” – il contesto: “Giona cominciò a inoltrarsi nella città per una giornata di cammino” (Gna 3:4); “Cominciò a entrare nella città” (TNM). Tenuto conto che la velocità del passo umano è di circa 4 km all’ora, se si contano solo otto ore di cammino al giorno, fanno un diametro cittadino di ben 96 km! Tale diametro supera abbondantemente quello odierno di Londra. Ma le difficoltà non finiscono: “Giona cominciò a inoltrarsi nella città per una giornata di cammino e proclamava: ‘Ancora quaranta giorni, e Ninive sarà distrutta!’. I Niniviti credettero a Dio” (Gna 3:4,5). Come poteva uno straniero sperso in tanta immensità cittadina attirare l’attenzione in così breve tempo e in modo così tanto efficace? In ogni caso, si tenga presente che mai Ninive ebbe una dimensione così grande. Che la dimensione sia esagerata (a bella posta, in una parabola) è indicato anche dal finale: “Ninive, la gran città, nella quale si trovano più di centoventimila persone che non sanno distinguere la loro destra dalla loro sinistra” (Gna 4:11). Qui non si tratta di 120.000 tonti o ignoranti al punto che non sanno distinguere la destra dalla sinistra. Si tratta di 120.000 bambini, perché l’espressione tipicamente biblica di non saper distinguere la destra dalla sinistra, si riferisce nella Bibbia ai bambini. Il che suppone una popolazione di oltre un milione di abitanti. Ciò è assurdo per un’epoca così remota in cui le città anche principali avevano un’estensione e una popolazione limitata (si pensi solo che la famosa città di Gerico poteva essere contenuta tutta nel Colosseo di Roma). Tutto questo depone a favore dell’intento didattico del libro.

   ► Altri particolari. Ci sono altri particolari che dimostrano in carattere parabolico di Giona.

“Giona uscì dalla città e si mise seduto a oriente della città; là si fece una capanna e si riparò alla sua ombra

4:5

“Dio, il Signore, per calmarlo della sua irritazione, fece crescere un ricino che salì al di sopra di Giona per fare ombra sul suo capo”

4:6

   L’incongruenza appare chiara. Dopo che Giona si è costruita una capanna per stare all’ombra, Dio fa crescere miracolosamente un ricino per fargli ombra. Ma che bisogno c’era della pianta miracolosa che facesse gli ombra se Giona si era appena costruita “lì una capanna, per potervisi sedere sotto all’ombra” (TNM)? Se il racconto fosse storico, ci sarebbe qui un problema. Se però si ammette la parabola, non c’è nessuna difficoltà nell’ammettere che il particolare sia stato inventato dalla fantasia per l’insegnamento che l’autore intendeva dare. In tal caso non ci si cura dell’incongruenza. Quando s’inventa con la fantasia non si guardano troppo i particolari che sono presentati in modo da servire alla lezione finale.

   Anche il rapporto del ricino con l’insegnamento è molto illogico per un occidentale. Ma non per l’orientale. “Dio disse a Giona: ‘Fai bene a irritarti così a causa del ricino?’. Egli rispose: ‘Sì, faccio bene a irritarmi così, fino a desiderare la morte’” (Gna 4:9). Giona non si lamenta perché ha pietà del ricino: ha pietà di se stesso perché il ricino non gli fa più ombra. Mentre Dio ha pietà della gente di Ninive (tra cui possono esserci molti innocenti) e non si preoccupa della propria gloria divina e della sentenza di distruzione che ha già emesso. Giona non ha pietà per un ricino e vuole morire. Anche questo si spiega bene con un lavoro di fantasia a scopo didattico che non con un miracolo operato da Dio solo per far ombra a Giona.

   ► I sentimenti di Giona. Nel capitolo 4, ancor più che nel primo, l’attitudine di Giona appare incomprensibile nel caso di una storia reale. Come ammettere che Giona, dopo aver convertito con la sua parola tutta Ninive, si lasci abbattere a causa di questo successo inaudito che nessun profeta mai ebbe e si lamenti della misericordia di Dio? Fu per la paura di passare per menzognero, poiché aveva assicurato: “Ancora quaranta giorni, e Ninive sarà distrutta!” (Gna 3:4)? Ma la punizione annunciata era condizionata: così la avevano compresa i niniviti, giacché fecero penitenza. Oppure si trattata dell’odio implacabile di Giona per quel popolo? Perché dopo la manifestazione della volontà divina egli rimane ancora nel suo atteggiamento? “Dio vide ciò che facevano, vide che si convertivano dalla loro malvagità, e si pentì del male che aveva minacciato di far loro; e non lo fece. Giona ne provò gran dispiacere, e ne fu irritato” (Gna 3:10,4:1). Nessun profeta mai si comportò così. La storia di Israele non offre un solo esempio di un profeta animato da sentimenti simili.