Il nome “Michea”, ebraico מִיכָה (Mychàh), è la forma abbreviata di מִיכָיָהּ (Mychaiàh) – che si trova in Ger 26:18 – o diמִיכָיָהוּ  (Mychayàhu) – che si trova in 2Cron 17:7. Etimologicamente significa “Chi è come Yah?”. Questo nome, molto comune, va dunque assimilato al מִיכָאֵל (Mychaèl) di Dn 12:1 e che indica “Chi è come Dio?”.

   Il profeta Michea di cui qui parliamo era oriundo di Moreset Gat, cittadina posta a sud-ovest di Gerusalemme: “Parola del Signore, rivolta a Michea, il Morastita”. “Moreset-Gat” (Mic 1:1,14). La cittadina era in direzione della frontiera filistea e apparteneva perciò al Regno di Giuda. Questo Michea va distinto quindi dall’omonimo figlio di Imla, che visse a Samaria (Regno di Israele) circa un secolo prima del tempo del re Acab: “Il re d’Israele rispose a Giosafat: ‘C’è ancora un uomo per mezzo del quale si potrebbe consultare il Signore; ma io l’odio perché non mi predice mai nulla di buono, ma soltanto del male: è Micaia [ebraico מִיכָיָהוּ (Mychayàhu)], figlio d’Imla’”. –  2Re 22:8; cfr. 2Cron 18:7.

   L’attività profetica di Michea si svolse “al tempo di Iotam, di Acaz e di Ezechia, re di Giuda” secondo la soprascritta di Mic 1:1. Michea fu contemporaneo di Isaia. Probabilmente le sue profezie risalgono al primo periodo del re Ezechia, poiché in caso diverso non si potrebbe comprendere il suo silenzio riguardo alla coalizione siro-efraimita, che tanta parte ebbe negli oracoli isaiani (735 a. E. V.; Is 7). Anche Geremia, citando Michea, afferma che la sua profezia risale “ai giorni di Ezechia, re di Giuda” (Ger 26:18), ovvero agli anni 738-693 a. E. V.. Dato che Samaria era minacciata ma non ancora distrutta dagli assiri, si deve inferire che le profezie di Michea non possono essere inferiori al 722 a. E. V.. Probabilmente il profeta svolse la sua attività verso il 725 a. E. V.. Per alcune somiglianze tra gli scritti di Isaia e quelli di Michea, alcuni pensano che Michea fosse un discepolo di Isaia.

Analisi del libro

   Il carattere frammentario delle profezie – che non hanno alcun nesso tra loro – rende difficile una ripartizione del libro profetico. Di solito si suole dividerlo in tre parti.

   Prima parte (capitoli 1-3). Il profeta annuncia il castigo divino che colpirà Samaria per poi estendersi al Regno di Giuda e a Gerusalemme. Ne è causa l’iniquità del popolo, specialmente quella dei suoi capi e dei falsi profeti. Questa sezione si apre quindi con la visione di Dio che viene nel suo Tempio celeste per giudicare il suo popolo:

“Ascoltate, o popoli tutti! Presta attenzione, o terra, con tutto quello che è in te! Il Signore, Dio, sia testimone contro di voi, il Signore dal suo tempio santo. […] Tutto questo a causa della trasgressione di Giacobbe e dei peccati della casa d’Israele. Qual è la trasgressione di Giacobbe? Non è forse Samaria? Quali sono gli alti luoghi di Giuda? Non sono forse Gerusalemme? ‘Perciò io farò di Samaria un mucchio di pietre nella campagna, un luogo da piantarci le vigne; ne farò rotolare le pietre giù nella valle, ne metterò allo scoperto le fondamenta. […] Per questo io piangerò e griderò, andrò scalzo e nudo; alzerò lamenti come lo sciacallo, grida lugubri come lo struzzo. La sua piaga infatti è incurabile; si estende fino a Giuda e giunge fino alla porta del mio popolo, fino a Gerusalemme”. – Mic 1:2-9.

   Il profeta (che appare più un uomo di campagna che di città) vede la causa della corruzione nelle due città capitali: “Qual è la trasgressione di Giacobbe [Regno di Israele]? Non è forse Samaria [capitale del Regno di Israele]? Quali sono gli alti luoghi [“Il peccato della casa”, LXX; “Il peccato”, Sy] di Giuda [Regno di Giuda]? Non sono forse Gerusalemme [capitale del Regno di Giuda]?” (Mic 1:5). Dal Regno di Israele l’infezione del male era penetrata anche nel Regno di Giuda: “La sua piaga infatti è incurabile; si estende fino a Giuda e giunge fino alla porta del mio popolo, fino a Gerusalemme” (Mic1:9). È per questo – dice il profeta – che il giudizio di Dio non risparmierà alcuno, nemmeno Gerusalemme (Mic 1:10-16). Lo stesso monte santo di Sion (3:10) dove la gente sta sveglia per macchinare malvagità (cap. 2) e su cui si edifica “con atti di spargimento di sangue” (3:10, TNM) ‘sarà arato come un campo’ (3:12). Questo brano è citato anche da Ger 26:18: “Michea, il Morasita, profetizzò ai giorni di Ezechia, re di Giuda, e parlò a tutto il popolo di Giuda in questi termini: ‘Così dice il Signore degli eserciti: Sion sarà arata come un campo, Gerusalemme diventerà un mucchio di macerie, e la montagna del tempio, un’altura boscosa’”.

   Seconda parte (capitoli 4 e 5). L’autore presenta qui la luminosa promessa della restaurazione futura. È qui che appare il brano di 4:1-3 che appare anche il Is 2:2-4. Se questo brano non penetrò posteriormente in Isaia da Michea (dove conserva una maggiore originalità), esso deve dipendere da una profezia più antica utilizzata da entrambi i profeti.

   Il brano di 4:9-13 è da alcuni studiosi ritenuto spurio perché, trattando dell’esilio babilonese, sembrerebbe essere stato composto verso la metà del 6° secolo. Vediamo il brano:

“Ora, perché gridi così forte? Non c’è più nessun re dentro di te? Il tuo consigliere è forse perito, al punto che l’angoscia ti colga come una donna che partorisce? Soffri e gemi, figlia di Sion, come donna che partorisce, perché ora uscirai dalla città, abiterai per i campi, e andrai fino a Babilonia. Là tu sarai liberata, là il Signore ti riscatterà dalla mano dei tuoi nemici. Ora, molte nazioni si sono adunate contro di te e dicono: ‘Sia profanata e i nostri occhi godano alla vista di Sion!’. Ma esse non conoscono i pensieri del Signore, non comprendono i suoi disegni: poiché egli le raduna come covoni sull’aia. ‘Figlia di Sion, àlzati, trebbia! perché io farò in modo che il tuo corno sia di ferro e le tue unghie siano di bronzo; tu triterai molti popoli; consacrerai i loro guadagni al Signore, e le loro ricchezze al Signore di tutta la terra’”.

   Leggendo però bene il brano si nota che qui l’esilio non è per niente supposto come nel Deutero-Isaia, ma è proprio profetizzato: “Andrai fino a Babilonia. Là tu sarai liberata, là il Signore ti riscatterà dalla mano dei tuoi nemici”. Il che è una cosa ben diversa. Non vi è quindi nessuna ragione seria per negare l’autenticità del brano.

   Il brano di Mic 5:1-8 è forse il più importante del libro, perché profetizza la nascita a Betlemme del liberatore futuro che assicurerà la pace duratura al “resto” di Israele. Si noti l’affinità con Isaia, che pure esaltò il rampollo davidico trionfatore e principe della pace. – Is 9:5.

   Mt 2:6 inserisce nel brano di Michea una negazione:

Mic 5:1

Mt 2:6

“Da te, o Betlemme, Efrata, piccola per essere tra le migliaia di Giuda “E tu, Betlemme, terra di Giuda,

non sei affatto la minima fra le città principali di Giuda

   Terza parte (capitoli 6 e 7). In una forma di dialogo molto vivace, Dio esorta il suo popolo a rientrare in sé e ad umiliarsi. Il popolo confessa la sua colpa ed esprime in modo commovente la sua fiducia in Dio.

   Il brano di Mic 6:1-8 (di genere letterario diverso) procede alla maniera dei processi giudiziari. Prima si convocano i testimoni, che qui sono i monti: “Àlzati, contendi con le montagne, i colli odano la tua voce! Ascoltate, o monti, la causa del Signore!” (6:1,2). Poi Dio presenta le ragioni del suo lamento: “Popolo mio, che ti ho fatto? In che cosa ti ho stancato? Testimonia pure contro di me!” (6:3). Dio fa quindi appello alla memoria dell’altro contendente: “Sono io infatti che ti ho condotto fuori dal paese d’Egitto, ti ho liberato dalla casa di schiavitù, ho mandato davanti a te Mosè, Aaronne e Maria. Ricorda dunque, popolo mio, quel che tramava Balac, re di Moab, e che cosa gli rispose Balaam, figlio di Beor, da Sittim a Ghilgal, affinché tu riconosca la giustizia del Signore” (6:4,5). Infine Dio chiede giustizia, gentilezza e umiltà: “Che altro richiede da te il Signore, se non che tu pratichi la giustizia, che tu ami la misericordia e cammini umilmente con il tuo Dio?” (6:8). Si trovano qui le caratteristiche dei giudizi di quel tempo, specie quelli tra nazioni legate da un patto (quello che oggi richiamerebbe diritto internazionale).

   Al v. 7 di questo brano vi è un’allusione al tempo di Manasse: “Dovrò offrire il mio primogenito per la mia trasgressione, il frutto delle mie viscere per il mio peccato?”. Il riferimento è all’episodio narrato in 2Re 21:6: “Fece passare suo figlio per il fuoco”. Per questo motivo alcuni studiosi vorrebbero riferire il v. 7 ad un altro profeta. Ma ciò non è necessario. Si tratta solo di un riferimento fatto da Michea.

   Generalmente gli studiosi contestano l’autenticità di Mic 6:9-7:6 in quanto sembra che l’esilio sia supposto come già presente e che si preannunci la restaurazione delle mura di Gerusalemme. Ma non è necessario contestarne l’autenticità. Questi versetti specifici possono essere benissimo delle glosse (annotazioni) compiute da un redattore sul brano genuino di Michea.

Stile e personalità di Michea

   L’ebraico di Michea è corretto e puro, come si conviene al periodo aureo della letteratura ebraica. Lo stile è elegante e immaginoso. Michea predilige i giochi di parole, che talvolta diventano del tutto intraducibili. Ecco un esempio:

 

Mic 1:10-15 tradotto (TNM)

10 “Non [lo] annunciate in Gat; positivamente non piangete.

Nella casa di Afra voltolatevi nella medesima polvere. 11 Passa, o abitatrice di Safir, nella vergognosa nudità. L’abitatrice di Zaanan non è uscita. Il lamento di Bet-Ezel prenderà da voi il suo posto. 12 Poiché l’abitatrice di Marot ha atteso il bene, ma ciò che è male è sceso da Geova alla porta di Gerusalemme. 13 Attacca il carro al tiro dei cavalli, o abitatrice di Lachis. Essa fu il principio del peccato per la figlia di Sion, poiché in te si sono trovate le rivolte d’Israele. 14 Perciò darai doni di addio a Moreset-Gat. Le case di Aczib furono come qualcosa di ingannevole per i re d’Israele. 15 Ti condurrò ancora lo spodestatore, o abitatrice di Maresa. La gloria d’Israele giungerà fino ad Adullam”.

Mic 1:10-15 ebraico

10

בְּגַת אַל־תַּגִּידוּ בָּכֹו אַל־תִּבְכּוּ בְּבֵית לְעַפְרָה עָפָר הִתְפַּלָּשְׁתִּי הִתְפַּלָּשִׁי׃

begàt al-taghìdu bachò al-tivkù bevèt leafràh afàr hitpalàshy hitpalàshì

In Gat non raccontate piangete non piangete in Afrà-le-Bet [in] povere ròtolati

11

עִבְרִי לָכֶם יֹושֶׁבֶת שָׁפִיר עֶרְיָה־בֹשֶׁת לֹא יָצְאָה יֹושֶׁבֶת צַאֲנָן מִסְפַּד בֵּית הָאֵצֶל יִקַּח מִכֶּם עֶמְדָּתֹו׃

ivrì lachèm yoshèvet shafìr eryàh-vòshet lo yàtzah yoshèvet tsaanàn mispàd bet haètzel yqàkh michèm emdatò 

Passa per voi abitante [di] Safìr [in] nudità [di] vergogna non uscì [la] abitante [di] Zaanàn. Il lutto [di] Esel-Bet prenderà [via] da voi sostegno di lui

12

כִּי־חָלָה לְטֹוב יֹושֶׁבֶת מָרֹות כִּי־יָרַד רָע מֵאֵת יְהוָה לְשַׁעַר יְרוּשָׁלִָם׃

ki-khalàh letov yoshèvet maròt ki-yaràd ra meèt yhvh leshàar yerushalàym

Poiché fu malata per bene [la] abitante [di] Maròt poiché scese male da Yhvh a porta [di] Gerusalemme.

13

רְתֹם הַמֶּרְכָּבָה לָרֶכֶשׁ יֹושֶׁבֶת לָכִישׁ רֵאשִׁית חַטָּאת הִיא לְבַת־צִיֹּון כִּי־בָךְ נִמְצְאוּ פִּשְׁעֵי יִשְׂרָאֵל׃

retìm hamerkavàh larèchesh yoshèvet lachìsh reoshìt khatàt hy levàt-tzìon ki-vach nimtzèu pishè ysraèl

Lega il carro a il destriero, abitante  [di] Lachis! Principio [di] peccato essa per lui figlia di Sion, poiché in te furono trovate trasgressioni di Israele.

14

לָכֵן תִּתְּנִי שִׁלּוּחִים עַל מֹורֶשֶׁת גַּת בָּתֵּי אַכְזִיב לְאַכְזָב לְמַלְכֵי יִשְׂרָאֵל׃

lachèn titnìy shilukhìm al morèshèt gat batè achsìv leachzàv lemalchè ysraèl.

Per ciò darai regali di ripudio a Gat-Moreset, case di Aczib delusione per re Israele.

15

עֹד הַיֹּרֵשׁ אָבִי לָךְ יֹושֶׁבֶת מָרֵשָׁה עַד־עֲדֻלָּם יָבֹוא כְּבֹוד יִשְׂרָאֵל׃

od hayìrèsh avì lach yoshèvet marshàh ad-adulàm yavò kevòd ysraèl.

Ancora erede farò venire a te abitante [di] Maresa fino a Adullam arriverà Gloria Israele.

 

 

   Tuttavia, Michea non raggiunge l’altezza di Isaia a lui contemporaneo, benché Michea sia sempre più scorrevole di Osea.

   Vissuto in un ambiente provinciale, Michea sembra interessarsi meno di Isaia ai rivolgimenti politici del suo tempo. Tuttavia, ancora un secolo dopo era citato da Geremia come un coraggioso che osò parlare con audacia al re Ezechia e che fu da lui ascoltato: “Michea, il Morasita, profetizzò ai giorni di Ezechia, re di Giuda […]. Ezechia, re di Giuda, e tutto Giuda lo misero a morte? Ezechia non temette forse il Signore, e non supplicò il Signore al punto che il Signore si pentì del male che aveva pronunziato contro di loro?”. – Ger 26:18,19.

   Michea fu un moralista. Le ingiustizie lo sconvolsero perché sono un male. Tuttavia, non appare presso di lui il sentimento che le ingiustizie siano parimenti una pura ingratitudine verso Dio che è misericordioso e amorevole. La punizione per Michea è solo un mezzo per provocare progresso e rigenerazione.