Negli ultimi decenni il Vangelo scritto di Luca è passato in primo piano nelle ricerche teologiche degli studiosi perché segna un periodo di transizione tra la comunità dei credenti apostolica e la comunità post-apostolica. Più che sull’indagine delle sue fonti, gli studiosi moderni si sono rivolti ad analizzarne la redazione per scoprirne le idee fondamentali.

   Il Vangelo scritto di Luca e gli Atti degli apostoli formano un’opera unica. Ciò risulta dal fatto che:

  1. Essi sono indirizzati entrambi ad un ignoto Teofilo (detto “eccellentissimo” nel Vangelo);
  2. presentano uno stile identico;
  3. il successivo scritto di Atti ricorda il Vangelo come primo libro della serie. In At 1:1 si legge infatti: “Nel mio primo libro, o Teofilo, ho parlato di tutto quello che Gesù cominciò a fare e a insegnare”.

   Nell’originale greco quel “primo” è πρῶτον (pròton), accusativo (complemento oggetto) di πρῶτος (pròtos); questo pròtos non indica, come nel greco classico, il “primo” di una serie molteplice, ma “primo (di due)”, dato che nel greco biblico (greco koinè o comune, del popolo) πρῶτος (pròtos) sta per πρότερος (pròteros) che indica il “primo (di due)”. Così, ad esempio, in Eb 10:9: “Abolisce il primo [greco τὸ πρῶτον (to pròton), invece di τὸ πρότερον (to pròteron)] per stabilire il secondo”; e così anche in 1Tm 2:13: “Adamo fu formato per primo [greco πρῶτος (ptòtos), anziché πρότερος  (pròteros), dove Adamo è chiaramente il primo di due], e poi Eva”.

Luca

   Possiamo conoscere alcuni particolari della vita di Luca dalle sezioni “noi” del libro di Atti, dove da tale pronome appare che lo scrittore era presente agli episodi descritti.

   Ci risulta così che durante il secondo viaggio paolino Luca era con Paolo a Troade. Da Troade andò con lui fino a Filippi, dove rimase fino a che Paolo lo riprese con sé durante il suo viaggio verso Gerusalemme: “Salpando da Troas, puntammo diritto su Samotracia, e il giorno seguente su Neapolis; di là ci recammo a Filippi, che è colonia romana e la città più importante di quella regione della Macedonia. […] Trascorsi i giorni degli Azzimi, partimmo da Filippi […] egli [Paolo] si affrettava per trovarsi a Gerusalemme, se gli fosse stato possibile, il giorno della Pentecoste” (At 16:11,12;20:6,16). Alla fine di questo terzo viaggio missionario Luca seguì Paolo in Giudea: “Giungemmo a Cesarea […] salimmo a Gerusalemme”. – At 21:8,15.

   A Gerusalemme Paolo è arrestato: “Il tribuno si avvicinò, prese Paolo, e ordinò che fosse legato con due catene” (At 21:33); da lì è condotto a Cesarea (At 23:23) dove rimane in prigione. “Trascorsi due anni” (At 24:27), in cui Luca rimase con lui, fu poi condotto a Roma per l’appello rivolto a Cesare. Luca accompagnò il prigioniero Paolo fino a Roma: “Quando fu deciso che noi salpassimo per l’Italia, Paolo con altri prigionieri furono consegnati a un centurione. […] quando entrammo a Roma […]”. – At 27:1;28:16.

   L’alternarsi fra la terza e la prima persona plurale nella narrazione indica quindi che Luca era con Paolo a Troade durante il secondo viaggio missionario di Paolo, che si trattenne a Filippi finché Paolo non vi tornò alcuni anni dopo, e che quindi si unì di nuovo a Paolo e lo accompagnò nel suo viaggio a Roma per il processo.

   Luca, lo scrittore di Atti e di quello che nelle nostre Bibbie è il terzo Vangelo, può essere identificato con il medico Luca che l’apostolo Paolo ricorda più volte nei suoi scritti: “Marco, Aristarco, Dema, Luca, miei collaboratori” (Flm 24); “Vi salutano Luca, il caro medico, e Dema” (Col 4:14). “Solo Luca è con me”, scrive Paolo al tempo della sua ultima prigionia. – 2Tm 4:11.

   Di Luca parla il Frammento Muratoriano con le seguenti parole: “Terzo libro: il vangelo secondo Luca. Luca, medico, dopo l’ascensione di Cristo, preso da Paolo come compagno, scrisse in suo proprio nome tutto quello che aveva sentito dire. Siccome egli non vide Gesù nella carne, ne raccontò la vita, così come la poté conoscere, dalla natività di Giovanni. Anche gli Atti di tutti gli apostoli furono scritti in un volume da Luca per l’eccellente Teofilo, e in tal modo ha fissato nello scritto quanto si era svolto sotto i propri occhi. Per questo si spiega sia l’omissione del martirio di Pietro, sia la partenza di Paolo da Roma per recarsi in Spagna”. – Linee 2-9 e 34-39 EP 268.

   Questa tradizione è pure confermata da Ireneo e Girolamo, che asseriscono che Luca, “seguace di Paolo” (Ireneo, Sectator Pauli, PL 7,845), fu “il più erudito di tutti gli evangelisti, in quanto era medico”. – Girolamo, PL 22,378.

   Dal tempo di Girolamo (verso il 400) si è sempre pensato che Luca fosse un gentile (= pagano, non ebreo) convertito, ma P. Winter propende per una sua origine giudaica. Questo lo deduce dagli inni ebraizzanti conservati nei primi due capitoli del suo Vangelo, nonché dal nome stesso di Luca, che sarebbe tratto dall’aramaico Luqà (The Proto-source of Luke in “Novum Testamentum” 1, 1955, 184-199). Questo ragionamento appare però errato, dato che nella lettera ai colossesi Luca sembra venire distinto dai fratelli provenienti dalla circoncisione, come Aristarco, Marco e Giosuè il giusto, che sono i soli che provengono dai circoncisi (e quindi giudei): “Vi salutano Aristarco, mio compagno di prigionia, Marco, il cugino di Barnaba […], e Gesù, detto Giusto. Questi provengono dai circoncisi […]. Vi salutano Luca, il caro medico, e Dema” (Col 4:10-14). Luca quindi appare appartenente ai gentili.

   Dai suoi scritti sembra che Luca sia stato in rapporto con la comunità di Antiochia, dato che ha per tale comunità uno speciale interesse. Luca nota che “ad Antiochia, per la prima volta, i discepoli furono chiamati cristiani” (At 11:26). Tra i diaconi (le persone addette ai servizi pratici della congregazione – 1Tm 3:8-13; cfr. Mt 20:26; At 6:1-6; Rm 16:1) Luca ricorda Nicola, per il quale soltanto aggiunge che è proselito di Antiochia: “Filippo, Procoro, Nicanore, Timone, Parmena e Nicola, proselito di Antiochia”. – At 6:5.

   Come gentile (o non giudeo), Luca ha interesse per la diffusione della buona notizia intorno a Yeshùa tra i pagani, e mostra che la fede è anche per loro. Va detto comunque che per avere questo interesse bastava essere un giudeo ellenista (di cultura greca); anche Matteo (certamente giudeo di Palestina), infatti, ha in medesimo interesse.

   La lingua di Luca, ad eccezione dei racconti riguardanti l’infanzia di Yeshùa, è elegante. Usa parole greche composte; usa il correlativo μέν … δὲ (men … de) del greco classico, non sempre traducibile in italiano, e che indica antitesi facendo risaltare le distinzioni di tempo, luogo, numero, persone; usa l’ottativo (un modo del verbo greco che esprime il desiderio o la possibilità), ignoto agli altri scrittori delle Scritture Greche. I termini usati da Luca sono più precisi di quelli degli altri sinottici: il re Erode è specificato come “Erode, il tetrarca” (Lc 9:7); il mare di Galilea è definito “lago di Gennesaret” (Lc 5:1). Occorre dire che Luca usa i titoli dei personaggi da lui ricordati in modo molto appropriato.

   Il critico inglese W. K. Hobart nel 1880 tentò di rintracciare nel vocabolario lucano una conferma alla sua qualità di medico (The Medical Language of St. Luke, Dublino, 1882). Benché tali conoscenze mediche si possano rinvenire anche in altri scrittori antichi eruditi (come Filone, Giuseppe Flavio, Luciano e Plutarco), è un fatto che alcuni particolari si spiegano meglio con la qualifica di Luca quale medico. A differenza degli altri Vangeli, lui solo usa termini specifici. Parla una “gran febbre” (πυρετῷ μεγάλῳ, püretò megàlo) che aveva colpito la suocera di Pietro (Lc 4:38). Parla di idropisia menzionando un “idropico” (ὑδρωπικὸς, üdropikòs) o persona che presentava una raccolta anormale di siero in qualche organo, forse nell’addome (Lc 14:2). Ricorda che Yeshùa “essendo in agonia, pregava ancor più intensamente; e il suo sudore diventò come grosse gocce di sangue [θρόμβοι αἵματος (thròmboi àimatos), più propriamente: “grumi di sangue”]” (Lc 22:44); oggi, un collega di Luca diagnosticherebbe una “ematidrosi”. Usa la parola “vertigine”, dove – in Lc 21:34 (“I vostri cuori non siano intorpiditi da stravizio, da ubriachezza, dalle ansiose preoccupazioni di questa vita”) – la parola resa “ubriachezza” da NR non è esattamente l’ubriachezza, ma la “vertigine da ubriachezza”; κρεπάλῃ, (krepàle), nel testo greco), e non è certo la “crapula nel bere” (TNM) nel senso italiano, ma proprio la vertigine come conseguenza dell’ubriachezza; ovvero: “I vostri cuori non si aggravino a causa di vertigine da ubriachezza [κρεπάλῃ, krepàle], di abuso di vino [μέθῃ, mèthe] e di preoccupazioni per il vivere [μερίμναις βιωτικαῖς, merìmnais biotikàis]” (Dia); o, per dirla con linguaggio attuale: Non ammalatevi di cuore con i fumi dell’alcol e con l’abuso di alcolici, credendo di alleviare così le ansie della vita.

   Luca sminuisce anche l’impressione non buona circa i medici che non avevano potuto guarire la donna affetta da emorragie, in quanto elimina il particolare marciano che essi l’avevano fatta peggiorare:

 

Mr 5:25,26

Lc 8:43

“Una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni – molto aveva sofferto da molti medici, e aveva speso tutto ciò che possedeva senza nessun giovamento, anzi era piuttosto peggiorata”.

“Una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni senza poter essere guarita da nessuno”.

 

   Null’altro sappiamo di Luca. Dai suoi scritti sappiamo che fu un medico e che fu compagno di Paolo per alcuni anni. Dai suoi scritti scopriamo che scriveva elegantemente. E scopriamo anche che amava tratteggiare in modo stupendo le figure femminili, specialmente quella di Miryàm, la madre di Yeshùa.

Le fonti di Luca

   Dall’analisi del Vangelo scritto di Luca possiamo individuare le seguenti fonti orali da lui utilizzate.

  1. Fonte particolare di Luca. È la fonte da cui provengono i racconti che non si rinvengono negli altri Vangeli. Si tratta di una fonte popolare, probabilmente non scritta, sorta in Palestina, che presenta interesse per i poveri e le donne, tanto che lo studioso norvegese T. Bormann ipotizzò fantasiosamente proprio una donna quale autrice di Lc (Die Yesus Neberlieferungen in Lichte der neneren Volkskunde, pagg. 129-136). Questa fonte è permeata di gioia, serenità e pace (nascita, ministero in Galilea, discepoli di Emmaus).
  2. Gli apostoli. Questi sono espressamente ricordati nel prologo come “testimoni oculari”: i fatti “ce li hanno tramandati quelli che da principio ne furono testimoni oculari e che divennero ministri della Parola” (1:2). Tra questi va annoverato certamente anche Paolo, dato che Luca, scrivendo, ne condivide la necessità di essere fedeli a Yeshùa fino alla morte, l’autorità dell’apostolo, la libertà nello spirito e la priorità dell’apostolato.

   Le fonti scritte di Luca furono molte, come lui stesso precisa: “Poiché molti hanno intrapreso a ordinare una narrazione dei fatti che hanno avuto compimento in mezzo a noi […] è parso bene anche a me, dopo essermi accuratamente informato di ogni cosa dall’origine, di scriver[ne]” (1:1,2). Tra queste fonti scritte, due vanno ricordate.

  1. I lòghia (o discorsi di Yeshùa) che Luca divide con Matteo, ma di cui rispetta di più l’ordine (contro i raggruppamenti attuati da Matteo).
  2. Secondo certi studiosi Luca avrebbe avuto sott’occhio una versione greca risalente alla comunità ellenista contenente brevi sentenze, qualche parabola e qualche rara scena con racconti di miracoli. Ma si tratta d’ipotesi.
  3. Il Vangelo scritto di Marco. Questo fu certamente conosciuto da Luca:

 

Mr 2:3-12

Lc 5:18-26

“E vennero a lui alcuni con un paralitico portato da quattro uomini. Non potendo farlo giungere fino a lui a causa della folla, scoperchiarono il tetto dalla parte dov’era Gesù; e, fattavi un’apertura, calarono il lettuccio sul quale giaceva il paralitico. Gesù, veduta la loro fede, disse al paralitico: ‘Figliolo, i tuoi peccati ti sono perdonati’. Erano seduti là alcuni scribi e ragionavano così in cuor loro: ‘Perché costui parla in questa maniera? Egli bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non uno solo, cioè Dio?’ Ma Gesù capì subito, con il suo spirito, che essi ragionavano così dentro di loro, e disse: ‘Perché fate questi ragionamenti nei vostri cuori? Che cosa è più facile, dire al paralitico: I tuoi peccati ti sono perdonati, oppure dirgli: Àlzati, prendi il tuo lettuccio e cammina? Ma, affinché sappiate che il Figlio dell’uomo ha sulla terra autorità di perdonare i peccati,  io ti dico (disse al paralitico) àlzati, prendi il tuo lettuccio, e vattene a casa tua’.  Il paralitico si alzò subito, prese il suo lettuccio e se ne andò via in presenza di tutti; sicché tutti si stupivano e glorificavano Dio, dicendo: ‘Una cosa così non l’abbiamo mai vista’”.

“Ed ecco degli uomini che portavano sopra un letto un paralitico, e cercavano di farlo entrare e di metterlo davanti a lui. Non trovando modo d’introdurlo a causa della folla, salirono sul tetto e, fatta un’apertura fra le tegole, lo calarono giù con il suo lettuccio, in mezzo alla gente, davanti a Gesù. Ed egli, veduta la loro fede, disse: ‘Uomo, i tuoi peccati ti sono perdonati’. Allora gli scribi e i farisei cominciarono a ragionare, dicendo: ‘Chi è costui che bestemmia? Chi può perdonare i peccati se non Dio solo?’ Ma Gesù, conosciuti i loro pensieri, disse loro: ‘Che cosa pensate nei vostri cuori? Che cosa è più facile, dire: I tuoi peccati ti sono perdonati, oppure dire: Àlzati e cammina? Ora, affinché sappiate che il Figlio dell’uomo ha sulla terra il potere di perdonare i peccati, Io ti dico, disse al paralitico, àlzati, prendi il tuo lettuccio, e va’ a casa tua’. E subito il paralitico si alzò in presenza loro, prese il suo giaciglio e se ne andò a casa sua, glorificando Dio. Tutti furono presi da stupore e glorificavano Dio; e, pieni di spavento, dicevano: ‘Oggi abbiamo visto cose straordinarie’”.

 

Si può dire che Luca segue la trafila di Marco in cui incorpora il materiale proveniente da altri fonti.