Il Vangelo scritto da Giovanni non fa parte dei sinottici. Il termine “sinottico” deriva dal greco sünoptikòs, derivato a sua volta da sǘnopsis. Sün significa “insieme” e òpsis significa “vista”. La sinossi è quindi una presentazione in forma di tabella che permette di avere sott’occhio, in una visione d’insieme (sinossi, appunto) tutte le parti. Questo termine è applicato ai primi tre Vangeli canonici, cioè quelli di Matteo, Marco e Luca, che, messi a raffronto tra loro su colonne affiancate, presentano numerose affinità e concordanze.
Il Vangelo di Giovanni si discosta dallo schema comune agli altri tre Vangeli. Il Vangelo di Giovanni sta a parte.
Problemi
Fino all’inizio del 19° secolo si riteneva pacifico che l’apostolo Giovanni fosse l’autore del Vangelo omonimo. Eppure, all’inizio del 19° secolo la critica letteraria giunse alla conclusione che non era così. Le ragioni addotte da questi critici furono le seguenti (che citiamo solo per completezza d’informazione):
- Sarebbe strano che un apostolo, testimone oculare degli avvenimenti, abbia utilizzato Mr e Lc, i cui autori non furono spettatori degli eventi. Dovette quindi trattarsi di un autore più tardivo che non era apostolo.
- Gv fu scritto in un tempo in cui lo studio su Yeshùa era enormemente progredito e – a detta dei critici – già si ponevano le basi per il futuro culmine trinitario attuatosi nel concilio di Calcedonia (481 E. V.). Si tratterebbe quindi di un Vangelo ben più tardivo del tempo apostolico.
- La tardività della composizione sarebbe confermata dalla presenza di tracce di eresie gnostiche che erano sorte solo nel 2° secolo e quindi posteriori al periodo apostolico.
- Da Gv si possono ricavare – sempre a detta dei critici – ben poche notizie storiche, per cui Gv “di solito si muove nel campo dell’invenzione”. – K. Lake, Albert Schweitzer Jubilee Book, pag. 431.
- Il Vangelo giovanneo sarebbe stato conservato assai male: vi si sarebbero introdotte delle aggiunte, vi sarebbero incorsi dei vaneggiamenti e degli spostamenti di capitoli. Per cui, il lavoro del critico dovrebbe consistere innanzitutto nel ristabilire il testo originario. La traduzione Moffat è un esempio di questi tentativi di “ricostruzione” del testo come doveva essere – parola dei critici – all’origine.
- Per tutte le ragioni suddette il tempo proposto per la composizione di Gv andrebbe dal 110-115 E. V. al 160-170 E. V.. Va detto comunque che tali critici non negano che l’autore di Gv possa aver utilizzato dei frammenti aramaici composti da Giovanni stesso.
Unità letteraria
Il vangelo di Gv, pur possedendo una fondamentale unità di struttura, di lingua e di dottrina, contiene ripetizioni, presenta lacune, passaggi bruschi e contrastanti. In 3:26 si legge che Yeshùa battezzava, ma in 4:2 si spiega che non era lui a compiere personalmente il battesimo ma i suoi discepoli. Il capitolo 6 (moltiplicazione dei pani) segue meglio al capitolo 4 (Yeshùa in Galilea) che non al 5 (Yeshùa a Gerusalemme). La successione proposta dall’attuale testo giovanneo dà infatti una successione non logica, ma se si sposta il capitolo gli spostamenti di Yeshùa rientrano nel suo proposito di spostarsi man mano dalla Galilea a Gerusalemme.
Successione non logica
Capitolo |
Luogo |
4 |
Samaria, Cafarnao |
5 |
Gerusalemme |
6 |
Galilea |
Ricostruzione logica
Successione attuale |
Spostamenti di Yeshùa |
Successione logica |
|
4 |
Yeshùa va in Galilea |
Yeshùa va in Galilea |
4 |
5 |
Yeshùa va a Gerusalemme |
Yeshùa è in Galilea |
6 |
6 |
Yeshùa è in Galilea |
Yeshùa va a Gerusalemme |
5 |
7 |
Yeshùa va a Gerusalemme |
Yeshùa va a Gerusalemme |
7 |
8 |
Yeshùa è a Gerusalemme |
Yeshùa è a Gerusalemme |
8 |
I capitoli 15-17 (discorsi di addio) sembrano fuori posto perché in essi Yeshùa continua a parlare, nonostante abbia già detto ai discepoli: “Alzatevi, andiamo via di qui”. – 14:31.
In 13:36 Pietro domanda a Yeshùa: “Signore, dove vai?”, ma più avanti, in 16:5, Yeshùa si lamenta: “Nessuno di voi mi domanda: ‘Dove vai?’”.
Vi sono poi due finali. Uno teologico in 20:30,31: “Or Gesù fece in presenza dei discepoli molti altri segni miracolosi, che non sono scritti in questo libro; ma questi sono stati scritti, affinché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e, affinché, credendo, abbiate vita nel suo nome”. E un altro, letterario, in 21:25: “Or vi sono ancora molte altre cose che Gesù ha fatte; se si scrivessero a una a una, penso che il mondo stesso non potrebbe contenere i libri che se ne scriverebbero”.
Come spiegare queste incongruenze? Alcuni studiosi hanno supposto la composizione di Gv sulla base di un documento più antico; mentre alcuni attribuiscono la confusione attuale al redattore finale, altri la riferiscono all’originale stesso. Si è ipotizzato anche che il testo originale fosse stato composto su diversi fogli staccati che si deturparono e che poi un coordinatore cercò di porre rimedio creando la confusione finale. Sono state fatte altre e diverse ipotesi.
C’è da dire che l’esame dello stile narrativo e l’uso della lingua in Gv denota la mano di un unico autore. Come spiegare allora le apparenti incongruenze che creano confusione? Queste si possono spiegare con il fatto che l’autore non scrisse il Vangelo di getto, ma di tanto in tanto mise per scritto una parte della predicazione che veniva trasmessa a voce. Il Vangelo giovanneo, quindi, pur non essendo un tutto omogeneo, conserva lo stesso stile e le stesse idee. Certo la lettura non scorre come se fosse stato scritto tutto di seguito, ma va sottolineato che gli apostoli non avevano la missione di scrivere ma quella di evangelizzare. Gli apostoli non erano scrittori che si mettevano a tavolino per scrivere un libro. Essi raccolsero parte della predicazione e la fissarono per iscritto come poterono per preservare il messaggio eterno di salvezza per il futuro. Può anche darsi che alcuni discepoli di Giovanni abbiano raccolto la sua predicazione a viva voce (come facevano i discepoli dei profeti) e ne abbiamo messa parte per iscritto. È anche possibile che l’autore abbia utilizzato brani precedenti. Ad esempio, si pensa che Giovanni abbia usato per il prologo del suo Vangelo un inno ebraico preesistente che cantava la gloria della sapienza divina e della parola creatrice di Dio; Giovanni lo avrebbe adattato perché servisse da introduzione al suo Vangelo come una meravigliosa ouverture. Non lo sappiamo. Ma tutto questo non mette affatto in discussione l’ispirazione di Gv. Può solo creare dubbi ingiustificati in chi, conoscendo poco e male la Bibbia, pensa che tutto debba essere chiarissimo e stabile. Una persona così può vacillare, perché magari crede che siccome nella sua Bibbia c’è scritto “Vangelo secondo Giovanni” deve essere così e basta, senza sapere che quel titolo è stato inserito semplicemente dagli editori.