I soliti critici adducono delle ragioni contro l’autenticità di Col. Esaminiamo queste loro presunte ragioni.

   1. Il vocabolario e lo stile presentano delle espressioni e delle parole che non si trovano altrove, ma solo in questa lettera. Ciò vale specialmente per 1:9-25 e per 2:8-23. Questo argomento non è però apodittico se si pensa che gran parte dei brani addotti sono probabilmente reminescenze di citazioni o citazioni di testi liturgici. Va poi ricordata la versatilità di Paolo che si faceva “ogni cosa a tutti” (1Cor 5:19-23). Era la sua particolarità e il suo stile: “Con quelli che sono senza legge, mi sono fatto come se fossi senza legge (pur non essendo senza la legge di Dio)”, “Con i deboli mi sono fatto debole”, “pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti” (Ibidem). Il suo scopo era di “salvarne ad ogni modo alcuni” (Ibidem). “Faccio tutto per il vangelo, al fine di esserne partecipe insieme ad altri” (Ibidem). Paolo era quindi perfettamente capace di accogliere a scopo apologetico alcune parole tecniche dell’eresia di Colosse per adattarle al pensiero genuino di Yeshùa. Così, Paolo alla gnosi e all’ascesi carnale dei colossesi poteva opporre la vera gnosi e la vera ascesi spirituale, infondendo il genuino “mistero di Dio, cioè Cristo”. – 2:2.

    2. Si è poi osservato che le lettere paoline in cui Paolo associa Timoteo nel saluto iniziale presentano delle caratteristiche comuni che sono inesistenti nel restante epistolario paolino, per cui se ne dedurrebbe che Timoteo e non Paolo sarebbe lo scrittore di tali lettere. Questo il pensiero di W. C. Wake  in The Autenticy of the Pauline Epistles). Vediamo il confronto.

“Paolo, schiavo di Gesù Cristo e chiamato ad essere apostolo, separato per la buona notizia di Dio, che egli aveva promesso anteriormente”

Rm 1:1,2

“Paolo, chiamato ad essere apostolo di Gesù Cristo per volontà di Dio, e Sostene nostro fratello alla congregazione di Dio che è a Corinto, a voi che siete stati santificati”

1Cor 1:1,2

“Paolo, apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio, e Timoteo [nostro] fratello, alla congregazione di Dio che è a Corinto, insieme a tutti i santi che sono in tutta l’Acaia: Abbiate immeritata benignità e pace da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo”

2Cor 1:1,2

“Paolo, chiamato ad essere apostolo di Gesù Cristo per volontà di Dio, e Sostene nostro fratello alla congregazione di Dio che è a Corinto, a voi che siete stati santificati”

Gal 1:1,2

“Paolo, apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio, ai santi che sono [a Efeso] e ai fedeli uniti a Cristo Gesù”

Ef 1:1

“Paolo e Timoteo, schiavi di Cristo Gesù, a tutti i santi uniti a Cristo Gesù che sono a Filippi, insieme ai sorveglianti e ai servitori di ministero: Abbiate immeritata benignità e pace da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo”

Flp 1:1,2

“Paolo, apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio, e Timoteo [nostro] fratello ai santi e fedeli fratelli uniti a Cristo [che sono] a Colosse: Abbiate immeritata benignità e pace da Dio nostro Padre”

Col 1:1,2

“Paolo e Silvano e Timoteo alla congregazione dei tessalonicesi uniti a Dio Padre e al Signore Gesù Cristo: Abbiate immeritata benignità e pace

1Ts 1:1

“Paolo e Silvano e Timoteo alla congregazione dei tessalonicesi uniti a Dio nostro Padre e al Signore Gesù Cristo:

Abbiate immeritata benignità e pace da Dio Padre e dal Signore Gesù Cristo”

2Ts 1:1,2

(TNM)

   Sembrerebbe che la frase “abbiate immeritata benignità e pace” sia una caratteristica delle lettere in cui Timoteo è associato a Paolo nei saluti iniziali. Ciò ha fatto pensare al Wake che le lettere siano di Timoteo e non di Paolo, perché Paolo altrove non scriverebbe così. Errore. Se esaminiamo Rm, in cui Timoteo non è associato a Paolo nei saluti iniziali, scopriamo che Paolo usa la stessa frase, solo che questa arriva al v. 6: “Abbiate immeritata benignità e pace da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo” (TNM). Lo stesso vale per la 1Cor: “Abbiate immeritata benignità e pace da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo” (v. 3, TNM). E vale per Gal: “Abbiate immeritata benignità e pace da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo” (v. 3. TNM). E vale pure per Ef: “Abbiate immeritata benignità e pace da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo” (v. 2, TNM). Fa eccezione solo Eb, ma – come si sa – ci sono grandissimi motivati dubbi che Eb sia di Paolo. La teoria del Wake, quindi, cade da sola. Col è effettivamente di Paolo.

   3. Un altro argomento contro la genuinità di Col si trova nella dottrina concernente la persona di Yeshùa che trascenderebbe le idee esistenti nel resto dell’epistolario paolino. Anche se nelle altre lettere di Paolo si può notare uno sviluppo dottrinale, si tratta pur sempre di un evolversi d’idee presenti in germe sin dall’inizio. Qui in Col, invece, troveremmo dei punti del tutto nuovi rispetto al restante pensiero paolino.

   Ad esempio, secondo alcuni critici, vi mancherebbe l’ansia dei primi scritti paolini verso la tensione escatologica (ovvero riguardante gli ultimi tempi), vale a dire verso la parusìa, il ritorno di Yeshùa. Altrove, in Paolo, questa tensione è presente: “Il Signore stesso, con un ordine, con voce d’arcangelo e con la tromba di Dio, scenderà dal cielo” (1Ts 4:16), “Il Signore Gesù apparirà dal cielo con gli angeli della sua potenza” (2Ts 1:7), “Al suono dell’ultima tromba. Perché la tromba squillerà, e i morti risusciteranno incorruttibili, e noi saremo trasformati” (1Cor 15:52). Ma davvero in Col manca questa tensione escatologica? Un esame accurato mostra che essa è presente:

“Quando Cristo, la vita nostra, sarà manifestato, allora anche voi sarete con lui manifestati in gloria”. – 3:4.

   Queste parole di Paolo ce ne richiamano delle altre secondo cui l’universo cosmico tende con ansia verso la gloria dei figli di Dio (Rm 8:18-25). Questo argomento citato dai critici non può quindi essere accolto.

   Viene sottolineato dai critici anche il fatto che la metafora del corpo assumerebbe in Col un aspetto nuovo. Prima – essi dicono – il corpo intero (capo compreso) si riferiva alla chiesa e alle diverse funzioni esistenti in essa (1Cor 12:16-21; Rm 12:4-8), qui in Col invece il capo è costituito da Yeshùa e solo il restante corpo dai membri della chiesa. Ecco il raffronto:

“Il corpo è uno e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, benché siano molte, formano un solo corpo”, “Noi tutti siamo stati battezzati […] per formare un unico corpo”, “Il corpo non si compone di un membro solo, ma di molte membra”, “Ci son dunque molte membra, ma c’è un unico corpo”

1Cor 12:12,13,14,20

“Come in un solo corpo abbiamo molte membra e tutte le membra non hanno una medesima funzione, così noi, che siamo molti, siamo un solo corpo”

Rm 12:4,5

“Egli [Yeshùa] è il capo del corpo, cioè della chiesa”

Col 1:18

   In verità, l’argomentazione addotta pare fragile. È un fatto che la metafora del corpo c’è. E c’è sia in 1Cor e in Rm quanto in Col. Già questo fatto dovrebbe portarci a concludere che l’autore della stessa metafora è uno, ovvero Paolo. In quanto al fatto del capo del corpo, è una sottigliezza. Non c’è contraddizione. In Col è detto chiaramente che il corpo è la chiesa; va da sé che il capo del corpo sia Yeshùa, e Paolo lo dice (1:18). In 1Cor e in Rm non è menzionato il capo? No. E allora? Dove mai si dice che il capo sia qualcuno di diverso da Yeshùa? In 1Cor sono menzionate delle membra del corpo: il piede, la mano, l’orecchio, l’occhio. Queste parti sono assunte ad esempio della funzione che ciascuno ha nel corpo mistico di Yeshùa. Ma il corpo stesso è Yeshùa: “Tutte le membra di tale corpo, benché siano molte, sono un solo corpo, così è anche il Cristo” (1Cor 12:12, TNM). Dato che piede, mano, orecchio, eccetera, sono le parti del corpo, quale dovrebbe essere la parte metaforica simboleggiante Yeshùa se non il capo? Infatti, il capo non è menzionato insieme alle parti che illustrano i membri della chiesa. Il contesto di 1Cor 12 non riguarda Yeshùa, ma i fedeli e la ripartizione dei loro doni carismatici, ecco perché il capo non è menzionato. “Voi siete il corpo di Cristo, e individualmente membra” (v. 27, TNM). Lo stesso ragionamento vale per Rm 12. Paolo parla dei doni carismatici dei fedeli e ricorda loro: “Come in un solo corpo abbiamo molte membra, ma le membra non hanno tutte la stessa funzione, così noi, benché molti, siamo un solo corpo, uniti a Cristo, ma membri appartenenti individualmente gli uni agli altri” (vv. 4,5, TNM). Anche qui l’argomento sono i fedeli, non Yeshùa. Tuttavia, dice: “Siamo un solo corpo, uniti a Cristo”. Uniti come? Uniti a lui che è il capo del corpo, ovviamente. Discorso diverso in Col, dove il tema è proprio Yeshùa. Infatti, in Col 1 si parla del primato di Yeshùa. È solo ovvio che Paolo affermi lì che Yeshùa è il capo della congregazione, del suo corpo metaforico.

   Ma i critici oppongono altro ancora. Essi osservano che il primato di Yeshùa si estende in Col a tutto il cosmo, il che sembrerebbe in contrasto con la cristologia paolina. In Col è detto: “In lui [Yeshùa] sono state create tutte le cose che sono nei cieli e sulla terra, le visibili e le invisibili: troni, signorie, principati, potenze; tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di ogni cosa e tutte le cose sussistono in lui” (1:16,17). Yeshùa ha il primato su tutto l’universo. È davvero una novità presente in Col e non nelle altre lettere paoline? No. Questo pensiero è presente anche in altre lettere di Paolo:

“Gesù Cristo, mediante il quale sono tutte le cose”. – 1Cor 8:6.

“La creazione aspetta con impazienza la manifestazione dei figli di Dio; perché la creazione è stata sottoposta alla vanità, non di sua propria volontà, ma a motivo di colui che ve l’ha sottoposta, nella speranza che anche la creazione stessa sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella gloriosa libertà dei figli di Dio. Sappiamo infatti che fino a ora tutta la creazione geme ed è in travaglio”. – Rm 8:19-22.

   Il primato di Yeshùa su tutto l’universo è presente quindi anche in altre lettere di Paolo.

   4. La fantasia dei critici non ha limiti. Alcuni d’essi asseriscono che la lettera ai colossesi (che presenta una curiosa affinità con quella agli efesini) sarebbe stata originata da un breve scritto paolino che uno scrittore posteriore avrebbe allargato saccheggiando dalla lettera agli efesini. Questi esegeti rispondono ai nomi di H. J. Holtzmann (Kritic der Epheser und Kolos. Serbriefe, Leipniz) e di C. Masson (L’Epitre de Saint Paul aux Colossians, Neuchâtel et Paris, pag. 83). Lo studioso P, N. Harrison si spinge oltre e afferma addirittura che Onesimo sarebbe l’interpolatore della lettera. – Pauline and Pastorals, London, pag. 65.

   Tuttavia, – anziché immaginare soluzioni così complicate, cervellotiche e del tutto prive di fondamento – si può semplicemente pensare che Paolo, scrivendo nel medesimo periodo agli efesini e ai colossesi, per ribattere errori simili abbia logicamente fatto uso di temi ed espressioni comuni.

   5. Altra obiezione. L’eresia che viene combattuta in Col è una eresia dal colorito gnostico. Lo gnosticismo era un movimento teologico intellettualistico che sosteneva la redenzione tramite la gnosi o conoscenza (greco γνῶσις, ghnòsis – con la g dura – “conoscenza”). Il problema è che questo movimento sarebbe apparso solo nel 2° secolo, per cui – osservano i critici – la lettera ai colossesi, che lo combatte, non potrebbe essere uno scritto apostolico. Così sosteneva R. M. Grant (Gnosticism in Historical Introduction to the N. Testament, pagg. 202-207; Gnosticism and Early Christianity, Harper Torchbooks, Columbia University Press, New York, pagg. 151-181). Pare però che l’obiezione si sia risolta da sola, in quanto il Grant – che ammetteva l’influsso gnostico sul Vangelo di Giovanni – in alcuni suoi articoli più recenti nega ogni influsso gnostico sulla chiesa primitiva. Ora pare che lo gnosticismo derivi addirittura da eresie della prima chiesa. – G. Quispel, Die Gnosis ais Weltreligion, Zürich; W. F. Albright, in The Background of the New Testament and its Eschatology, Ed. W. D. Davies e D. Daube, Cambridge Unversity Press, pag. 162.