Yeshùa non può essere abbassato per il culto degli angeli. Paolo dice che la “pienezza della natura divina” “abita corporalmente” (“dimora”, come traduce meglio TNM) in Yeshùa. “Corporalmente” (greco σωματικῶς, somatikòs) indica proprio il corpo. Ciò è conforme alla concezione biblica che esalta il corpo, contrariamente alla concezione greca in cui il corpo è considerato prigione di una presunta anima spirituale. Gli stessi fedeli partecipano a questa pienezza: “E voi avete la pienezza mediante lui [Yeshùa]”. – 2:10, TNM.

   I credenti ricevono tutta la perfezione possibile da Yeshùa che è il capo, senza aver più bisogno di altre presunte perfezioni che siano in mano a “principati” e “potestà” (cfr. 1:16). Le gerarchie celesti, vantate dai dottori come meritevoli di culto, sono sottoposte a Yeshùa che ne è il capo: “È il capo di ogni principato e di ogni potenza” (2:10). Yeshùa “ha spogliato i principati e le potenze, ne ha fatto un pubblico spettacolo, trionfando su di loro” (2:15). In Ef 6:12 queste gerarchie celesti indicano le potenze malvagie: “Il nostro combattimento infatti non è contro sangue e carne, ma contro i principati, contro le potenze, contro i dominatori di questo mondo di tenebre, contro le forze spirituali della malvagità, che sono nei luoghi celesti”. In Rm 8:38,39 sono associate agli angeli: “Sono persuaso che né morte, né vita, né angeli, né principati, né cose presenti, né cose future, né potenze, né altezza, né profondità, né alcun’altra creatura potranno separarci dall’amore di Dio”.

   “In lui [Yeshùa] siete anche stati circoncisi di una circoncisione non fatta da mano d’uomo, ma della circoncisione di Cristo, che consiste nello spogliamento del corpo della carne: siete stati con lui sepolti nel battesimo” (2:11,12). Paolo parla qui della vera circoncisione. Contro gli eretici di Colosse che dovevano esaltare la circoncisione del corpo, Paolo sottolinea invece la circoncisione spirituale, la quale avviene nel battesimo. Viene detta “circoncisione di Cristo” in quanto proviene da lui (genitivo soggettivo) e ci unisce a lui che morendo si spoglia del suo “corpo della carne” (v. 11, genitivo oggettivo). Il credente, nel battesimo si unisce a questo “spogliamento del corpo della carne” (= morte) per risorgere poi con Yeshùa risorto. Ciò è un’anticipazione simbolica di ciò che accadrà poi a ciascun credente fedele: “Così è pure della risurrezione dei morti. Il corpo è seminato corruttibile e risuscita incorruttibile; è seminato ignobile e risuscita glorioso; è seminato debole e risuscita potente; è seminato corpo naturale e risuscita corpo spirituale. Se c’è un corpo naturale, c’è anche un corpo spirituale”. – 1Cor 15:42-44.

   Questo spogliamento del corpo (morte) e resurrezione che si attua “nel [ἐν τῷ (en to), “nel”] battesimo” (2:12) è possibile solo perché si crede alla resurrezione di Yeshùa. Se la sua resurrezione non ci fosse stata, il battesimo a nulla servirebbe e noi saremmo ancora nei nostri peccati: “Siamo dunque stati sepolti con lui mediante il battesimo nella sua morte, affinché, come Cristo è stato risuscitato dai morti mediante la gloria del Padre, così anche noi camminassimo in novità di vita” (Rm 6:4), “Se i morti non risuscitano, neppure Cristo è stato risuscitato; e se Cristo non è stato risuscitato, vana è la vostra fede; voi siete ancora nei vostri peccati”. – 1Cor 15:16,17.

   La traduzione di 2:12 richiede qualche precisazione. TNM traduce: “Foste sepolti con lui nel [suo] battesimo, e in relazione a lui foste anche destati”. Questa è una traduzione interpretativa. Vediamo il testo originale:

συνταφέντες αὐτῷ ἐν τῷ βαπτίσματι, ἐν ᾧ καὶ συνηγέρθητε

süntafèntes autò en to baptìsmati, en o kài süneghèrthete

con-sepolti con lui in il battesimo, in cui anche foste con-risuscitati

   Il problema di traduzione sta in quel “in cui” (ἐν ᾧ, en o). A cosa si riferisce? Si riferisce a Yeshùa o al battesimo? TNM lo riferisce a Yeshùa: “In relazione a lui foste anche destati”. È giusto tradurre così? Pare di no, poiché l’“in cui” si riferisce al battesimo e non a Yeshùa. Infatti, prima c’è già un “con lui” riferito a Yeshùa: “Foste sepolti con lui”. Sarebbe quindi una ripetizione superflua dire ancora: ‘nel quale (Cristo) foste anche destati (con lui)’. TNM cerca di aggiustare le cose con l’espressione: “e in relazione a lui”, che non compare nel testo, aggiungendo anche la congiungine “e” (del tutto assente nel greco). Se dovessimo tradurre bene il testo, seguendo l’interpretazione di TNM avremmo: “Foste sepolti con lui nel battesimo, nel quale [Cristo] foste anche destati”. La frase non scorre e suona illogica, tanto che TNM deve aggiustarla. Il greco invece è lineare con il precedente parallelo “foste sepolti con lui nel battesimo”, e dice: “Foste sepolti con lui nel battesimo, nel quale [battesimo] siete anche stati resuscitati”. Come nel battesimo i credenti sono stati sepolti, così nel battesimo vengono resuscitati; il tutto “con lui”, con Yeshùa. Traduce bene NR: “Siete stati con lui sepolti nel battesimo, nel quale siete anche stati risuscitati con lui”. – 2:12.

   È con il ravvedimento che capiamo di aver sbagliato e vogliamo cambiar vita. I nostri peccati passati rimangono però ancora. Sono cancellati solo con il battesimo, che è come un’anagrafe che segna la nostra nuova nascita. Siamo seppelliti, non perché già morti, ma per morire (annegando spiritualmente). “Per mezzo del battesimo siamo dunque stati sepolti insieme a lui nella morte” (Rm 6:4, CEI); Paolo dice εἰς τὸν θάνατον (èis ton thànaton): “verso la morte”, in un movimento verso la morte. È per questo che, essendo “stati completamente uniti a lui con una morte simile alla sua, lo saremo anche con la sua risurrezione” (Rm 6:5). “Simile alla sua”: il greco dice τῷ ὁμοιώματι (to omoiòmati), “nell’immagine”. “Lo saremo” (futuro): alla fine dei tempi.

   Si noti il progresso in Col 2:12 rispetto a Rm 6:5:

Rm 6:5

Saremo anche partecipi della sua risurrezione”

Futuro:

deve avvenire

Col 2:12

Siete anche stati insieme risuscitati”

Passato:

è avvenuto

(ND)

   Nel battesimo abbiamo la caparra, la sicurezza; siamo già come risorti pur essendo ancora in questo corpo mortale. Quest’asserzione indica la certezza che la resurrezione non può mancare. “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; e chiunque vive e crede in me, non morirà mai” (Gv 11:25,26). Si noti anche, sempre in 2:12, il verbo greco συνηγέρθητε (süneghèrthete), composto da συν (sün, “insieme”, “con”): “foste con-resuscitati”, “destati insieme” (TNM), “risuscitati con lui” (NR). Si noti la sottigliezza del paragone tra la resurrezione di Yeshùa e quella dei suoi discepoli:

Col 2:12

Yeshùa

ἐγείραντος (eghèirantos)

Risuscitato

discepoli

συνηγέρθητε (süneghèrthete)

Conrisuscitati

   A questo riguardo si vedano nelle Appendici, in questa stessa categoria, gli studi intitolati Il battesimo: morte e resurrezione del credente.

   Cosa avviene nel processo simboleggiato dal battesimo? Un paragone tratto dall’esperienza umana, per quanto misero, può aiutarci a comprendere quel che Paolo dice. Una persona si ammala; la malattia divora i globuli bianchi; la persona cerca di reagire, ma questo non basta; occorre andare dal medico, che prescrive un farmaco a base di penicillina; il paziente è curato e i microbi fagociti sono annientati; ritorna la salute. Spiritualmente accade un processo simile, ma di ben più ampia portata. Siamo ammalati di peccato e le colpe ci rendono sempre più deboli. Cerchiamo di reagire con il ravvedimento, ma le nostre forze non bastano. Occorre andare dal medico che è Yeshùa, e lui ci indica il battesimo. Noi crediamo e, ravveduti come siamo, ci facciamo battezzare. Quest’atto, dettato dalla nostra fede e dalla nostra ubbidienza, uccide il peccato che più non ci devasta e ci dona lo spirito santo vivificante che ci abilita al combattimento.

   Questo dono battesimale riguarda anche i pagani che, privi della circoncisione, erano fuori dall’alleanza con Dio e conseguentemente non partecipavano alle benedizioni divine promesse al suo popolo. Quei pagani non avevano il Giorno dell’Espiazione (Lv 23:27,28), come gli ebrei, e di conseguenza erano sempre schiavi dei loro peccati. Con il battesimo, i gentili (o pagani) sono vivificati con il Cristo che è “la via, la verità e la vita” (Gv 14:6) e tutte le loro colpe sono perdonate “gratuitamente” (non c’è infatti nell’essere umano proprio nulla che faccia meritare il dono divino). “Voi, che eravate morti nei peccati e nella incirconcisione della vostra carne, voi, dico, Dio ha vivificati con lui, perdonandoci tutti i nostri peccati” (2:13). Questo è l’“indescrivibile dono gratuito” di Dio. – 2Cor 9:15, TNM.

   Le immagini che Paolo usa sono tratte dalla contabilità:

  • Remissione del debito: “Perdonandoci tutti i nostri peccati”. –  2:12.
  • Eliminazione dell’atto chirografo, scritto di proprio pugno, l’obbligazione scritta che documenta il nostro debito: “Ha cancellato il documento a noi ostile”. – 2:14.

   Che cos’è quello che VR chiama semplicemente “il documento” (2:14)? Nel greco è χειρόγραφον (cheirògrafon), un “documento scritto a mano” (TNM), “chirografo”, una “obbligazione scritta”. Ma di che si tratta? Qui occorre fare molta attenzione per non arrivare superficialmente a conclusioni precipitose. La cristianità – che rifiuta l’ubbidienza alla Legge di Dio – cita spesso questo passo per asserire che la Legge di Dio sarebbe stata abolita, ritenendo che proprio la santa Legge di Dio sarebbe il documento che è stato “tolto di mezzo inchiodandolo al palo di tortura” (2:14, TNM). Così, ad esempio, si legge in una pubblicazione religiosa: “Geova aveva abolito il patto della Legge, inchiodandolo simbolicamente al palo su cui era morto Gesù” (La Torre di Guardia del 1° febbraio 1989, pag. 31, § 7). È davvero il caso di esaminare bene ciò che intente Paolo.

   Prima di tutto occorre stabilire, come sempre, cosa dice la Bibbia e non una traduzione, ovvero quale sia il testo originale biblico. L’esperienza ci insegna che le traduzioni sono spesso tendenziose (a volte in buona fede, a volte meno). In TNM il passo suona così: “Cancellò il documento scritto a mano contro di noi, che consisteva in decreti e che ci era contrario”. Come abbiamo visto, secondo certi gruppi religiosi si tratterebbe della santa Legge di Dio. Non si capirebbe in tal caso come la Legge di Dio potesse essere contraria all’umanità. La Legge di Dio non è contraria all’umanità, ma è per il suo bene. Meglio – ma solo sotto questo singolo aspetto particolare – traduce NR: “Egli ha cancellato il documento a noi ostile, i cui comandamenti ci condannavano” (2:14). Se si trattasse di Legge di Dio, sarebbe certo più appropriato dire che i comandamenti condannino i peccatori piuttosto che essere contrari al loro bene. Ma anche riguardo a questa traduzione di NR ci domandiamo: se il “documento” è la santa Legge di Dio, come può essere che si tratti di un “documento a noi ostile”? Una legge umana, mettiamo del codice penale, diremmo forse che è contraria o ostile ai delinquenti, poverini, che dovrebbero sentirsene perseguitati? Sarebbe uno strano modo di vedere le cose. Non può quindi trattarsi, a maggior ragione, della Legge di Dio. “La Legge è santa, e il comandamento è santo e giusto e buono”. – Rm 7:12, TNM 

   Comunque, queste traduzioni – anche contro il buon senso – identificano il “documento” di cui parla Paolo con la Legge di Dio. Diodati si discosta un po’: “Avendo cancellata l’obbligazione che era contro a noi negli ordinamenti, la quale ci era contraria”, ma cosa potrebbe mai essere questa “l’obbligazione che era contro a noi negli ordinamenti, la quale ci era contraria”? Più dubitativa in quanto all’identificazione del “documento” con la Legge di Dio è Concordata: “Avendo cancellato la nostra obbligazione, le cui condizioni erano contro di noi”. È opportuno, anzi obbligatorio, fare ora la cosa migliore: vedere il testo biblico originale.

ἐξαλείψας τὸ κατ’ἡμῶν χειρόγραφον τοῖς δόγμασιν ὃ ἦν ὑπεναντίον ἡμῖν

ecsalèipsas to kath’emòn cheirògrafon tòis dògmasin o en üpenantìon emìn

avendo cancellato la contro di noi obbligazione scritta per i decreti che era contraria a noi

   Paolo dice trattarsi di una “obbligazione scritta per i decreti” e che ci era contraria. “Per i decreti” significa “a causa dei decreti”. Definiamo bene. Si tratta di un documento chirografo, un’obbligazione scritta a mano. Cosa sono questi “decreti” di cui è composta? Si tratta di decreti umani. Per l’approfondimento rimandiamo al nostro studio “Cancellato il documento”: quale?, nella categoria La Toràh della sezione La Bibbia.

   Non possiamo, con questo passo di Col 2:14, dire che Dio abbia tolto di mezzo la sua Legge né possiamo dire che abbia eliminato la legge scritta nella nostra coscienza. Si manca del tutto di rispetto a Dio credendo che egli abolisca la sua Legge santa, giusta e buona (Rm 7:12) per condonare i nostri peccati. Dio è amore: mantenendo la sua Legge, ci condona i peccati. Non dovremmo abusarne ritenendo stracciata la sua Legge. Dovremmo invece essere infinitamente grati e mostrare sincera riconoscenza ubbidendo di cuore a quella Legge.

   Paolo, dopo aver detto che Dio, “avendo cancellato la contro di noi obbligazione scritta per i decreti che era contraria a noi” (2:14, testo greco), aggiunge: “Ha spogliato i principati e le potenze, ne ha fatto un pubblico spettacolo, trionfando su di loro per mezzo della croce” (v. 15). Più accurata, nella traduzione del v. 15, è qui TNM: “Avendo spogliato i governi e le autorità, li ha esposti apertamente in pubblico come vinti, conducendoli per mezzo d’esso in una processione trionfale”, anche se anziché “per mezzo d’esso” sarebbe stato meglio tradurre “in lui [greco ἐν αὐτῷ (en autò), “in lui”]”, riferito a Yeshùa.

   Come si spiega il rapporto qui stabilito da Paolo tra l’eliminazione dell’atto d’accusa e il trionfo di Yeshùa sui Principati e le Potenze (o Governi e Autorità, TNM)? Si tratta di uno spunto polemico contro i colossesi che facevano di questi angeli i tutori e i difensori della legge morale. I colossesi esageravano, attribuendo loro un culto. Comunque, i rabbini ritenevano che gli angeli avessero avuto un ruolo nella promulgazione della Legge. Paolo stesso ne parla: “[La legge] fu promulgata per mezzo di angeli” (Gal 3:19). Anche altrove, nella Bibbia, è presente la stessa idea: “Questi [Mosè] è colui che nell’assemblea del deserto fu con l’angelo che gli parlava sul monte Sinai e con i nostri padri, e che ricevette parole di vita da trasmettere a noi” (At 7:38), “Avete ricevuto la legge promulgata dagli angeli, e non l’avete osservata” (At 7:53), “La parola pronunziata per mezzo di angeli si dimostrò ferma e ogni trasgressione e disubbidienza ricevette una giusta retribuzione”. – Eb 2:2.

   Ora, dice Paolo, questi angeli (cui gli eretici di Colosse offrivano un culto) sono stati detronizzati dal loro ufficio da Yeshùa trionfante sulla morte con la resurrezione. “Avendo privato della loro forza i Principati e le Potestà ne ha fatto pubblico spettacolo dietro al corteo trionfale di Cristo”. – 2:15, CEI.

   “Per mezzo d’esso” (2:15, TNM), greco ἐν αὐτῷ (en autò), può essere tanto “in lui” quanto “in esso”. Potrebbe riferirsi tanto a Yeshùa quanto alla “croce”, che in greco è maschile. Non bisogna temere di usare la parola “croce” e arrivare a tradurre, come fa TNM, il greco σταυρός (stauròs) – 2:14 – con “palo di tortura”. Vero è che la parola greca può anche indicare un palo retto, ma questo era puntuto e usato in recinti o palizzate (Vocabolario del Nuovo Testamento). Anche nel greco moderno la parola stauròs indica una croce. In verità, non sappiamo se Yeshùa sia stato appeso a un palo o a una croce: i romani usavano per la pena capitale sia il singolo palo verticale sia uno su cui un altro era messo di traverso. I romani chiamavano il palo singolo crux simplex, “croce semplice”, e quello composto crux composita.  Il nome “croce” si adatta quindi a entrambi e può essere usato in ogni caso.

   L’en autò di 2:15 sembra meglio riferirlo a Yeshùa morente (quindi: “in lui”), perché fu proprio nel momento della sua umiliazione che quegli esseri angelici sembravano trionfare e dominare. Dio, che è il soggetto di tutta la frase, li ha debellati proprio per mezzo di Yeshùa crocifisso.

   Principati e Dominazioni. Il timore del sinistro mondo invisibile diffondeva un’ombra profonda sulla vita delle persone del primo secolo. Si pensava a una gerarchia di forze cosmiche che si era scatenata contro le persone. Schierati contro gli umani vi erano quelli che Paolo chiama talora “i principati e le potenze” (Col 2:15) e talvolta “dominatori di questo mondo” (1Cor 2:6; Ef 6:12), altre volte “le forze spirituali della malvagità, che sono nei luoghi celesti” (Ef 6:12) e “elementi del cosmo” (Gal 4:3, testo greco). Il capo di costoro è satana, “il principe della potenza dell’aria” (Ef 2:2). A queste forze spirituali celesti Paolo attribuisce la responsabilità della crocifissione: “Nessuno dei dominatori di questo mondo ha conosciuta [la sapienza di Dio]; perché, se l’avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria” (1Cor 2:8). I “dominatori di questo mondo” sono quegli stessi che Paolo mette tra i “principati”, “le potenze”, “le forze spirituali della malvagità, che sono nei luoghi celesti”. Paolo dice che la nostra lotta è “contro i principati, contro le potenze, contro i dominatori di questo mondo di tenebre, contro le forze spirituali della malvagità, che sono nei luoghi celesti” (Ef 6:12). Non si tratta per nulla dei “governanti mondiali” di TNM (Ef 6:12, TNM) ovvero dei potenti della terra. I credenti, infatti, non devono lottare contro re, imperatori e presidenti delle nazioni, ma essere sottomessi “alle autorità superiori, poiché non c’è autorità se non da Dio; le autorità esistenti sono poste nelle loro rispettive posizioni da Dio. Perciò chi si oppone all’autorità si mette contro la disposizione di Dio; quelli che si mettono contro di essa ne riceveranno giudizio” (Rm 13:1,2, TNM). Si tratta invece di esseri spirituali, perché Paolo dice: “Il nostro combattimento infatti non è contro sangue e carne, ma contro i principati, contro le potenze, contro i dominatori di questo mondo di tenebre, contro le forze spirituali della malvagità, che sono nei luoghi celesti” (Ef 6:12). I “dominatori di questo mondo”, operando alle spalle delle autorità e delle istituzioni romane, esercitarono un influsso malefico sulle opere umane, inducendo gli uomini ad annientare il Messia.

   Come sorse questa concezione di forze spirituali dimoranti nell’aria e occupanti le forze astrali? Forse possiamo ricorrere al periodo esilico o postesilico, quando gli ebrei vennero in contatto con la religione babilonese che credeva all’esistenza di dèi collegati ai vari astri. Questi dèi pagani furono dai giudei abbassati al rango di spiriti maligni opposti a Dio e in contrasto con lui. Tale linguaggio, pur essendo proprio dell’epoca, non fa altro che presentare una realtà sottostante. Non si confonda quindi il linguaggio con la dottrina.

   Anche oggigiorno le persone che si trovano in missione in località con un grado arretrato di civiltà vivono nel timore di un sinistro mondo invisibile. Con la crescente immigrazione che ci ha portato moltitudini di africani, capita di venire in contatto con diversi di questi che si danno a pratiche che hanno a che fare con gli spiriti delle loro terre di origine; la nostra reazione può vederci immischiati per superstizione o farci stare alla larga con un senso di malcelata paura oppure lasciarci indifferenti. A. Schweitzer disse: “Il cristianesimo è la luce che risplende nell’oscurità della loro paura perché dà all’uomo l’assicurazione che non è in balìa degli spiriti della natura o di spiriti ancestrali, ma che in tutto ciò che avviene, la volontà di Dio mantiene la sua sovranità”. – Tratto da A. W. Hunter, L’evangelo di Dio, Torino, Claudiana, pag. 33.

   Oggi, per rendere più accessibile e moderno l’insegnamento di Paolo si parla di falsi dèi secolari, di dogmi neopagani che esercitano il loro dominio sull’immaginazione umana, prendendo forma concreta in organizzazioni distruttive, e perfino si parla delle capacità demoniache di una scienza competente in ogni campo. Chi può negare che queste manifestazioni non siano davvero guidate da esseri coscienti ultraumani che si servono di queste nuove invenzioni e idolatrie per diffondere il male? L’irrazionale esplosione del male su scala gigantesca (il nazismo e il comunismo, per fare degli esempi macroscopici) non potrebbe essere il risultato dell’opera di queste forze spirituali maligne? La cosiddetta magia nera è davvero il frutto di superstizione o è realmente all’opera? Quante forze prima negate dalla scienza sono ora oggetto di studio più equilibrato e scientifico?

   Paolo dice che queste potenze del male sono state sconfitte dalla vittoria di Yeshùa sulla croce: “Ha spogliato i principati e le potenze, ne ha fatto un pubblico spettacolo, trionfando su di loro per mezzo della croce” (2:15). Esse tuttavia sono ancora operanti e il loro annientamento ci sarà solo quando “verrà la fine, quando [Yeshùa] consegnerà il regno nelle mani di Dio Padre, dopo che avrà ridotto al nulla ogni principato, ogni potestà e ogni potenza”. – 1Cor 15:24.