Doveri sociali della nuova vita. – 3:18-4:1.

Mogli

“Mogli, siate sottomesse ai vostri mariti, come si conviene nel Signore.

3:18

Mariti

Mariti, amate le vostre mogli, e non v’inasprite contro di loro.

3:19

Figli

Figli, ubbidite ai vostri genitori in ogni cosa, poiché questo è gradito al Signore.

3:20

Padri

Padri, non irritate i vostri figli, affinché non si scoraggino.

3:21

Schiavi

Servi, ubbidite in ogni cosa ai vostri padroni secondo la carne; non servendoli soltanto quando vi vedono, come per piacere agli uomini, ma con semplicità di cuore, temendo il Signore. Qualunque cosa facciate, fatela di buon animo, come per il Signore e non per gli uomini, sapendo che dal Signore riceverete per ricompensa l’eredità. Servite Cristo, il Signore! Infatti chi agisce ingiustamente riceverà la retribuzione del torto che avrà fatto, senza che vi siano favoritismi.

3:22-25

Padroni

Padroni, date ai vostri servi ciò che è giusto ed equo, sapendo che anche voi avete un padrone nel cielo”.

4:1

   Ci sono qui tre categorie che, in qualche modo, sono sottomesse alle altre tre:

  1. Le mogli ai mariti.
  2. I figli ai padri.
  3. Gli schiavi ai padroni.

   Solo la sottomissione della seconda categoria (i figli) appare naturale. È, infatti, nella natura delle cose che i figli abbiano bisogno di guida. Ma – una volta diventati adulti e in grado di fare da soli – non saranno più sotto quella guida e dovranno essere a loro volta guida dei loro figli.

   La terza categoria (schiavi) è sottomesta per ingiustizia sociale. Come abbiamo già esaminato altrove, Paolo non si rivolta contro le ingiustizie sociali. Sarà compito di Yeshùa, al suo ritorno, di rinnovare tutta la società mondiale. Paolo però mitiga ciò che può facendo applicare l’amore.

   La prima categoria (mogli) soffre la sottomissione a causa della decadenza dell’umanità per il peccato delle origini. La creazione della donna fu l’ultima creazione di Dio: l’apice, il suo capolavoro, la punta più alta del crescendo creativo che dal “buono” (Gn 1:4,10,12,18,21,25) toccò la vetta del “molto buono” (Gn 1:31). Quando l’uomo era solo, Dio aveva osservato a suo riguardo: “Non è bene che l’uomo sia solo; io gli farò un aiuto che sia adatto a lui” (Gn 2:18). Ma, per la verità, Dio non disse proprio così. Quella citata, infatti, è solo una traduzione. Non si discosta molto un’altra traduzione: “Non è bene che l’uomo stia solo. Gli farò un aiuto, come suo complemento” (TNM). Le parole esatte di Dio furono:

אֶעֱשֶׂהּ־לֹּו עֵזֶר כְּנֶגְדֹּו

eeseh-lò èzer knegdò

farò per lui aiuto come di fronte a lui

   Non “che sia adatto a lui”. Non “come suo complemento”. Ma: “[Che sia] come di fronte a lui”. Se volessimo usare un’immagine, sarebbe come se qualcuno si mettesse allo specchio e vedesse “come di fronte a lui” un altro se stesso. Adamo vedeva un’altra persona (‘ossa delle sue ossa, carne della sua carne’, Gn 2:23), ma era una persona come lui e “come di fronte a lui”. Non di fianco né, tanto meno, dietro o al seguito, ma “di fronte”. Aveva anche il suo stesso nome. Lui era אִישׁ (ish), “uomo”; lei fu chiamata אִשָּׁה (ishàh), “donna” (che, se potessimo stare alla somiglianza con la forma femminile dell’ebraico, suonerebbe “uoma”). – Gn 2:23.

   Lei: una persona “come-di-fronte-a-lui [כְּנֶגְדֹּו (knegdò)]”. Ma con una differenza importante rispetto all’uomo: lei era “un aiuto per lui”. Lui aveva bisogno di aiuto. Lei era il suo aiuto, lei che non aveva bisogno dell’aiuto d’altri.

   La penultima creazione di Dio era stata l’uomo: un essere stupendo, ma che da solo non si bastava e necessitava di un aiuto. L’ultima creazione di Dio, il suo apice, fu la donna: un essere ancora più stupendo, perché aveva tutto di quel primo uomo (“come di fronte a lui”) ma possedeva in più quella capacità mancante nell’uomo e che gli era necessaria come “aiuto”. Insieme, uomo e donna, maschio e femmina, avevano tutto: “Dio creò l’uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina”. – Gn 1:27.

   Non ci è possibile immaginare la vera posizione della donna nel piano originale di Dio. Noi conosciamo solo la posizione della donna dal peccato in avanti: è la storia di tutta l’umanità di tutti i tempi fino ai giorni nostri, una storia maschilista che la vede repressa, spessissimo con la sua stessa accettazione. Possiamo, però, dedurre la sua vera posizione originale da ciò che le fu tolto per le conseguenze pel peccato. “Alla donna disse: ‘Io moltiplicherò grandemente le tue pene e i dolori della tua gravidanza; con dolore partorirai figli; i tuoi desideri si volgeranno verso tuo marito ed egli dominerà su di te” (Gn 3:16).  Tre conseguenze. La prima (i dolori del parto) rientra nelle sofferenze fisiche che hanno colpito l’umanità dopo il peccato, comuni a uomini e donne, con la differenza che è lei a subire quelle del parto, essendo lei sola a partorire. Ma le altre due conseguenze colpiscono direttamente la sua posizione: 1. I suoi desideri si sarebbero volti verso l’uomo, 2. L’uomo l’avrebbe dominata. Il dominio maschile ha un nome: maschilismo. La donna lo subisce da sempre. In quanto al fatto che i suoi desideri si volgano verso l’uomo, questa dipendenza psicologica è talmente sottile che la donna la ritiene innata. Come disse uno psicologo: La donna è superiore all’uomo, è più intelligente di lui, ma ha un grave difetto: a lei piacciono gli uomini.

   Da queste due conseguenze del peccato possiamo sapere che in origine, nel piano di Dio, la donna: 1. Non aveva tutta questa brama verso l’uomo, 2. Non era dominata dal maschio.

   Paolo non vuole stravolgere la situazione: la realtà umana, maschilista, è quella che è: “Mogli, siate sottomesse ai vostri mariti”. – 3:18.

   Riguardo alle tre categorie sottomesse (mogli, figli, schiavi), che Paolo cita, l’apostolo aggiunge a ciascuna una modalità, che è la stessa per tutte e tre:

Mogli

“Mogli, siate sottomesse ai vostri mariti, come si conviene nel Signore.

3:18

Figli

Figli, ubbidite ai vostri genitori in ogni cosa, poiché questo è gradito al Signore.

3:20

Schiavi

Servi, ubbidite in ogni cosa ai vostri padroni secondo la carne; non servendoli soltanto quando vi vedono, come per piacere agli uomini, ma con semplicità di cuore, temendo il Signore. Qualunque cosa facciate, fatela di buon animo, come per il Signore e non per gli uomini, sapendo che dal Signore riceverete per ricompensa l’eredità. Servite Cristo, il Signore! Infatti chi agisce ingiustamente riceverà la retribuzione del torto che avrà fatto, senza che vi siano favoritismi”.

3:22-25

   Lo spirito del Signore, che è anzitutto amore, elimina asprezze, contese e discussioni.

   Se poi da una parte le mogli devono essere “sottomesse” ai mariti, i figli devono ubbidire ai genitori e gli schiavi devono ubbidire “in ogni cosa” ai padroni; dall’altra i mariti devono amare le mogli e non inasprirsi contro di loro, i padri non devono irritare i figli per non farli scoraggiare, e i padroni devono dare ai servi ciò che è giusto ed equo, ricordandosi che anche loro hanno un padrone nel cielo.