L’unità del corpo (4:1-3).

   Il primo consiglio dato da Paolo per camminare in armonia con la chiamata ricevuta è quello di conservare l’unità e la concordia. “Vi esorto a comportarvi in modo degno della vocazione che vi è stata rivolta, con ogni umiltà e mansuetudine, con pazienza, sopportandovi gli uni gli altri con amore, sforzandovi di conservare l’unità dello Spirito con il vincolo della pace” (4:1-3). Ciò corrisponde alla preghiera di Yeshùa durante la sua ultima cena:

“Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per quelli che tu mi hai dati, perché sono tuoi; e tutte le cose mie sono tue, e le cose tue sono mie; e io sono glorificato in loro. Io non sono più nel mondo, ma essi sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, conservali nel tuo nome, quelli che tu mi hai dati, affinché siano uno, come noi”, “Non prego soltanto per questi, ma anche per quelli che credono in me per mezzo della loro parola: che siano tutti uno; e come tu, o Padre, sei in me e io sono in te, anch’essi siano in noi. Io ho dato loro la gloria che tu hai data a me, affinché siano uno come noi siamo uno; io in loro e tu in me; affinché siano perfetti nell’unità”. – Gv 17:9-11,20-23.

   “Con ogni umiltà e mansuetudine, con pazienza, sopportandovi gli uni gli altri con amore” (4:2). Per tale unità occorre avere umiltà, mitezza, pazienza e amore. Queste qualità conducono alla sopportazione reciproca, poiché non c’è alcun credente che sia perfetto. L’umiltà non ci esalta sopra gli altri opponendoci agli altri. La mitezza ci fa rispondere con calma di fronte alle amarezze che altri possono provocarci. La pazienza ci fa sopportare con longanimità tutte le contrarietà della vita. L’amore ci induce a perdonare le offese altrui e a sopportare chi ci maltratta.

   Possiamo definire meglio queste qualità con un confronto dei loro nomi tra il greco e le varie traduzioni:

Greco

NR

CEI

ND

TNM

PdS

ταπεινοφροσύνη

(tapeinofrosΰne)

Umiltà

Umiltà

Umiltà

Modestia di mente

Umiltà

πραΰτης

(pràutes)

Mansuetudine

Mansuetudine

Mansuetudine

Mitezza

Cordialità

μακροθυμία

 (makrothümìa)

Pazienza

Pazienza

Pazienza

Longanimità

Pazienza

ἀγάπη

(agàpe)

Amore

Amore

Amore

Amore

Amore

   A quanto pare, TNM è d’accordo solo sulla parola “amore. Sulle altre tre ha un’opinione propria, contro la totalità degli studiosi. Facciamo pertanto qualche puntualizzazione.

   Umiltà o modestia? L’umiltà è la qualità che ci fa abbassare al livello degli altri. Dio è umile: parla con l’essere umano calandosi al suo livello. La modestia è invece la consapevolezza dei propri limiti. Dio non può essere modesto: non ha limiti. Ora, qui Paolo parla del modo di andare d’accordo nella congregazione preservando l’unità. Mettiamo che un fratello sia uno studioso, forse addirittura un biblista. E mettiamo che tratti con un altro fratello che non è una cima nella conoscenza della Scrittura. Il primo, stando a TNM, dovrebbe avere “modestia di mente”. E magari ne ha: è consapevole dei suoi limiti: qualche altro studioso che ne sa più di lui ci sarà senz’altro. Tuttavia, i suoi limiti sono molto più in là di quelli del secondo fratello che conosce poco la Scrittura. Se il primo si attenesse ai propri limiti o confini (che sono molto ampi), sarebbe un danno per il secondo: lo distruggerebbe con la sua conoscenza. Gli serve allora umiltà. Ciò significa che dovrà mettersi al livello del secondo fratello. Lo farà non sfoggiando la sua conoscenza, forse anche tacendo (non per questo essendo però d’accordo) quando il secondo fa affermazioni dettate solo dalla sua scarsa comprensione della Scrittura. La ταπεινοφροσύνη (tapeinofrosΰne) è dunque l’umiltà, non la modestia. Che TNM traduca il termine con disinvoltura è provato dal fatto che la “modestia di mente” (greco ταπεινοφροσύνη, tapeinofrosΰne) diventa “umiltà” in Col 2:18: “Nessuno che prenda diletto in una [finta] umiltà [greco ταπεινοφροσύνη (tapeinofrosΰne)]“. – TNM.

   Mansuetudine o mitezza? I termini sono sinonimi. Vanno bene tutt’e due.

   Pazienza o longanimità? Sono qualità diverse. La μακροθυμία (makrothümìa) nella Bibbia è: “Pazienza, persistenza, costanza, perseveranza, indulgenza, lentezza a vendicare le offese” (Vocabolario del Nuovo Testamento). Longanimità può essere un sinonimo, tuttavia ha una sfumatura che denota un animo generoso che lasca correre. Di fronte ad un comportamento moralmente dubbio si può e si deve essere pazienti, consigliando e aiutando. Ma sarebbe un errore essere longanimi: farebbe il danno di chi non cammina rettamente e allenterebbe l’etica della congregazione. Migliore, quindi, la traduzione di μακροθυμία (makrothümìa) con “pazienza”. Anche qui, comunque, mancanza di precisione e di coerenza, perché la “longanimità” diventa “pazienza” in Gc 5:10: “Esercizio della pazienza” (TNM), eppure la parola greca è sempre quella: μακροθυμία (makrothümìa). Anche “la pazienza di Dio” che “aspettava ai giorni di Noè” (1Pt 3:20, TNM) è sempre la makrothümìa, tradotta altrove “longanimità”. Nella nota in calce a 2Pt 3:15 di TNM – dopo aver tradotto μακροθυμία (makrothümìa) con “pazienza” (“Considerate la pazienza del nostro Signore”) – relativa alla parola “pazienza”, si legge: “Lett.[eralmente] ‘lunghezza di spirito’. Il testo greco ha la solita parola per “pazienza”: μακροθυμία (makrothümìa), numero Strong 3115, sostantivo femminile, che significa – come già riportato più sopra – “Pazienza, persistenza, costanza, perseveranza, indulgenza, lentezza a vendicare le offese” (Vocabolario del Nuovo Testamento). Perché “lunghezza di spirito”? La parola μακροθυμία (makrothümìa) ha a che fare con l’avverbio μακροθύμως (makrothΰmos), “pazientemente”. Quest’avverbio è composto da μακρός (makròs), “che dura molto (lungo di tempo)” e da θυμός (thümòs), “animo”; letteralmente sarebbe “con un animo che dura molto”, con il significato di “pazientemente”.

   Tra le qualità menzionate da Paolo, la più grande è certo l’amore. L’amore che perdona e sopporta anche chi ci maltratta non è una viltà d’animo e neppure una debolezza per condurre a Dio chi sbaglia. “Non fate le vostre vendette, miei cari, ma cedete il posto all’ira di Dio; poiché sta scritto: ‘A me la vendetta; io darò la retribuzione’, dice il Signore. Anzi, ‘se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere; poiché, facendo così, tu radunerai dei carboni accesi sul suo capo’. Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene” (Rm 12:19-21). Paolo cita qui, in Rm, da Pr 25:21,22: “Se il tuo nemico ha fame, dagli del pane da mangiare; se ha sete, dagli dell’acqua da bere; perché, così, radunerai dei carboni accesi sul suo capo, e il Signore ti ricompenserà”. Che significato ha l’accumulare carboni accesi sul capo del nemico? Non quello che ne dà la rivista religiosa La Torre di Guardia: “Paolo spiega che la condotta saggia è quella di cercare di vincere l’opposizione con azioni gentili. Come carboni ardenti, questi atti di benignità possono sciogliere l’inimicizia e indurre l’oppositore ad assumere un atteggiamento più benevolo” (numero del 1° luglio 1993, pag. 20, § 14). Questa è una spiegazione che si tenta di dare pensando all’occidentale. Nella Bibbia i carboni accesi sono spesso riferiti al giudizio di Dio: escono dalla sua bocca (2Sam 22:9; Sl 18:8 ), precedono il suo cammino (2Sam 22:13), li fa piovere sugli empi (Sl 11:6;140:10). Si tratta di un’espressione proverbiale che significa fare ricordare a un nemico, con dei favori che si conferiscono su di lui, il torto che ci ha fatto (che lo addolorerà come se i carboni ardenti fossero ammucchiati sulla sua testa), affinché possa pentirsi. I mediorientali chiamano le cose che causano un dolore mentale acuto “carboni ardenti del cuore”. Infatti, Paolo cita Dt 32:25 quando dice: “‘A me la vendetta; io darò la retribuzione’, dice il Signore”. Poi abbina Pr. Riferendosi al proverbio, sta dicendo: Non vendicarti del tuo nemico, ci penserà Dio; ricambia con il bene, così – mentre attendi la giustizia di Dio – le tue buone azioni verso di lui saranno come un fastidio che gli ricorderà i suoi torti.

“Rivestitevi, dunque, come eletti di Dio, santi e amati, di sentimenti di misericordia, di benevolenza, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza. Sopportatevi gli uni gli altri e perdonatevi a vicenda, se uno ha di che dolersi di un altro. Come il Signore vi ha perdonati, così fate anche voi. Al di sopra di tutte queste cose rivestitevi dell’amore che è il vincolo della perfezione”. – Col 3:11-14.

   Tutto il nostro sforzo sarebbe tuttavia sterile se non fosse sorretto dallo spirito santo che ci unisce nella pace. “Sforzandovi di conservare l’unità dello Spirito con il vincolo della pace”. – 4:3.