Questa città dell’Asia Minore occidentale, apparteneva pure alla Lidia. Situata su un altopiano, distava meno di 50 km da Sardi e un’ottantina di km da Laodicea. Edificata dal re di Pergamo, Eumene II nel 2° secolo a. E. V., prese nome dal fratello di lui, Filadelfo (159-138 secolo a. E. V.), che pure aveva collaborato alla sua costruzione. Questa città asiatica era nota per la sua produzione di vino. Il dio pagano Dioniso, dio del vino, era il suo patrono. Nel 17 della nostra èra Filadelfia fu colpita dal grande sisma (che quasi rase al suolo Sardi). Anch’essa, come Sardi, fu ricostruita dai romani, prendendo prima il nome Neocesarea e poi di Flavia. È da questa città che la cultura ellenistica fu diffusa in tutta l’Asia Minore.
Non va confusa con “Rabbat degli Ammoniti” (Dt 3:11), ricostruita nel 3° secolo a. E. V. da Tolomeo Filadelfo e da lui ribattezzata Filadelfia. Come la comunità di Smirne, anche questa di Filadelfia riceve solo encomi. A lei parla “il Santo, il Veritiero” (Ap 3:7). Siccome soltanto Dio è il Santo (Is 6:3) ed è “il Dio di verità” (Is 65:16), questi titoli riferiti a Yeshùa indicano tutta la maestà di cui Dio l’ha investito.
Yeshùa è “colui che ha la chiave di Davide, colui che apre e nessuno chiude, che chiude e nessuno apre” (Ap 3:7). Questa figura è presa da Is 22:22, in cui Dio aveva promesso: “Metterò sulla sua spalla la chiave della casa di Davide; egli aprirà, e nessuno chiuderà; egli chiuderà, e nessuno aprirà”. In Is si parlava della chiave della reggia, e qui in Ap si vuole alludere alla reggia celeste. È solamente Yeshùa che dà il permesso di entrarvi. Alla comunità di Filadelfia il permetto viene concesso, e Yeshùa le dice: “Ecco, ti ho posto davanti una porta aperta, che nessuno può chiudere, perché, pur avendo poca forza, hai serbato la mia parola e non hai rinnegato il mio nome” (Ap 3:8). Questa “porta aperta” non è quella di cui parla Paolo quando dice che “una larga porta” ‘gli si è aperta a un lavoro efficace’ (1Cor 16:9), riferendosi all’evangelizzazione (cfr. 2Cor 2:12). Qui il riferimento è alla gloria finale riservata agli eletti, che è il premio per ‘aver serbato la sua parola e non aver rinnegato il suo nome’.
Tra gli eletti di Filadelfia non ci sono certo i giudei solo di nome, che Yeshùa farà prostrare davanti a loro: “Ecco, ti do alcuni della sinagoga di Satana, i quali dicono di essere Giudei e non lo sono, ma mentono; ecco, io li farò venire a prostrarsi ai tuoi piedi per riconoscere che io ti ho amato” (Ap 3:9). “Giudeo infatti non è colui che è tale all’esterno . . . ma Giudeo è colui che lo è interiormente” (Rm 2:28,29). Questi giudei solo di nome non fanno parte dell’“Israele di Dio” (Gal 6:15), “infatti non tutti i discendenti d’Israele sono Israele” (Rm 9:6). Questi finti giudei saranno umiliati davanti a loro, così ‘riconosceranno che Yeshùa li ha amati’, espressione che ricalca quelle di Dio ricolte a Yeshùa: “Ecco il mio servo, io lo sosterrò; il mio eletto di cui mi compiaccio” (Is 42:1), “Tu sei il mio diletto Figlio; in te mi sono compiaciuto”. – Mr 1:11.
Come compenso per la sua fedeltà, Yeshùa preserverà quella comunità: “Siccome hai osservato la mia esortazione alla costanza, anch’io ti preserverò dall’ora della tentazione che sta per venire sul mondo intero, per mettere alla prova gli abitanti della terra” (Ap 3:10). Gli “abitanti della terra”, del “mondo intero”, sono coloro che non credono. – Cfr. Ap 6:10;8:13;11:10;13:8,12,14;17:2,8.
Segue l’esortazione a perseverare nella fedeltà: “Io vengo presto; tieni fermamente quello che hai, perché nessuno ti tolga la tua corona” (Ap 3:11), con promesse davvero grandi: “Chi vince io lo porrò come colonna nel tempio del mio Dio, ed egli non ne uscirà mai più; scriverò su di lui il nome del mio Dio e il nome della città del mio Dio (la nuova Gerusalemme che scende dal cielo da presso il mio Dio) e il mio nuovo nome” (Ap 3:12). Vediamo più da vicino queste espressioni bibliche:
Colonne. In Gal 2:9 si parla di “Giacomo, Cefa e Giovanni, che sono reputati colonne”.
Tempio. Dei credenti è detto: “Come pietre viventi, siete edificati per formare una casa spirituale” (1Pt 2:5). E anche: “Non siete più né stranieri né ospiti; ma siete concittadini dei santi e membri della famiglia di Dio. Siete stati edificati sul fondamento degli apostoli e dei profeti, essendo Cristo Gesù stesso la pietra angolare, sulla quale l’edificio intero, ben collegato insieme, si va innalzando per essere un tempio santo nel Signore. In lui voi pure entrate a far parte dell’edificio che ha da servire come dimora a Dio per mezzo dello Spirito non siete più né stranieri né ospiti; ma siete concittadini dei santi e membri della famiglia di Dio. Siete stati edificati sul fondamento degli apostoli e dei profeti, essendo Cristo Gesù stesso la pietra angolare, sulla quale l’edificio intero, ben collegato insieme, si va innalzando per essere un tempio santo nel Signore. In lui voi pure entrate a far parte dell’edificio che ha da servire come dimora a Dio per mezzo dello Spirito”. – Ef 2:19-22.
Il nome di Dio. Essendo segnati con il nome di Dio, gli eletti divengono sua proprietà. Dio dice al suo popolo, Israele: “Non temere, perché io ti ho riscattato, ti ho chiamato per nome; tu sei mio!”. – Is 43:1.
Il nome della città celeste. Ricevendo il nome della Nuova Gerusalemme, gli eletti ne ottengono la cittadinanza.
Il nuovo nome di Yeshùa. Il “nome nuovo” di Yeshùa (Ap 2:17) è “Fedele e Veritiero” (Ap 19:12). Ricevendolo, anche gli eletti parteciperanno alla sua gloria, stando con lui.
Il nome ha una grande valenza nella Scrittura. Alla creazione Dio portò all’esistenza le cose pronunciando il loro nome (cfr. Gn 1 e Gv 1:1,2). Allo stesso modo, nella nuova creazione (2Pt 3:13: Is 65:17;66:22) vengono dati nuovi nomi.