Il primo sigillo. “Poi, quando l’Agnello aprì uno dei sette sigilli, vidi e udii una delle quattro creature viventi, che diceva con voce come di tuono: «Vieni». Guardai e vidi un cavallo bianco. Colui che lo cavalcava aveva un arco; e gli fu data una corona, ed egli venne fuori da vincitore, e per vincere”. – Ap 6:1,2.

   Chi è il cavaliere in groppa al cavallo bianco? Molti pensano che sia Yeshùa, riferendosi a Ap 19:11: “Ecco apparire un cavallo bianco. Colui che lo cavalcava si chiama Fedele e Veritiero; perché giudica e combatte con giustizia”. In questa ingenua identificazione ci sono però dei problemi. Intanto, Yeshùa è stato appena descritto come Agnello e sarebbe strano vederlo subito in una nuova veste; in più, è lui che rompe il sigillo che libera il primo cavaliere. Va poi notato che gli altri tre cavalieri recano sciagure, per cui anche questo dev’essere foriero di sventure. Infine, Yeshùa non appare all’inizio delle catastrofi ma alla fine. Di questo primo cavaliere apocalittico è detto che è un combattente vittorioso: esce con un arco come vincitore e per vincere, ed è incoronato. Per capire cosa rappresenta occorre inquadrarlo nelle visioni subito successive.

   Il secondo sigillo. “Quando l’Agnello aprì il secondo sigillo, udii la seconda creatura vivente che diceva: «Vieni». E venne fuori un altro cavallo, rosso; e a colui che lo cavalcava fu dato di togliere la pace dalla terra affinché gli uomini si uccidessero gli uni gli altri, e gli fu data una grande spada”. – Ap 6:3,4.

   Questo secondo cavaliere ha un potere tremendo: toglie la pace dalla terra. Il che ci rammenta Mr 13:7: “Quando udrete guerre e rumori di guerre, non vi turbate; è necessario che ciò avvenga, ma non sarà ancora la fine”. Gli uomini si fanno guerra e si uccidono a vicenda.

   Il terzo sigillo. “Quando l’Agnello aprì il terzo sigillo, udii la terza creatura vivente che diceva: «Vieni». Guardai e vidi un cavallo nero; e colui che lo cavalcava aveva una bilancia in mano. E udii come una voce in mezzo alle quattro creature viventi, che diceva: «Una misura di frumento per un denaro e tre misure d’orzo per un denaro, ma non danneggiare né l’olio né il vino»”. – Ap 6:5,6.

   Alle guerre seguono le carestie, e il cibo deve essere razionato. “Insorgerà nazione contro nazione e regno contro regno … vi saranno carestie” (Mr 13:8). Le razioni saranno scarse e insufficienti: “Quando vi toglierò il sostegno del pane, dieci donne coceranno il vostro pane in uno stesso forno, vi distribuiranno il vostro pane a peso e mangerete, ma non vi sazierete” (Lv 26:26). I prezzi dei beni di prima necessità vanno alle stelle. “Un denaro” (moneta romana d’argento, di 3,85 grammi) era la paga giornaliera: “i lavoratori” faticavano “per un denaro al giorno” (Mt 20:2). Ora ci si compra solo “una misura di frumento”, una χοῖνιξ (kòinics), una chenice, circa un litro, quando basta a una persona per un magro pasto. Per lo stesso esorbitante prezzo si hanno tre chenici di orzo, che è meno pregiato del frumento. La povera gente è così ridotta alla miseria. Gli articoli di lusso, come l’olio e il vino, vanno salvaguardati, tanto che è detto di non danneggiarli. Questo cavaliere che reca la carestia ha “una bilancia in mano”; i calendari astrologici antichi prevedevano per gli anni posti sotto il segno della bilancia magri raccolti di cereali e abbondanza di olio e di vino.

   Il quarto sigillo. “Quando l’Agnello aprì il quarto sigillo, udii la voce della quarta creatura vivente che diceva: «Vieni». Guardai e vidi un cavallo giallastro; e colui che lo cavalcava si chiamava Morte; e gli veniva dietro l’Ades. Fu loro dato potere sulla quarta parte della terra, per uccidere con la spada, con la fame, con la mortalità e con le belve della terra”. – Ap 6:7,8.

   Questo cavallo è il più spaventoso: è cavalcato dalla Morte. Il colore di questo cavallo è in verità χλωρός (choròs), “verde”, come si deduce da Mr 6:39 in cui menzionata “l’erba verde”, chloròs (da cui il nostro “clorofilla”). Forse si tratta della peste, che durante la guerra flagella l’umanità. Questo cavaliere portatore di morte non è solo: “Gli veniva dietro l’Ades”, la tomba, che raccoglie i morti. Ciò coinvolge un quarto del mondo, ucciso da guerre, fame e pestilenze; le bestie feroci completano l’opera distruttrice.

   Si noti l’espressione “quarta parte della terra”. Questa è colpita dal quarto cavaliere. Dal che desumiamo che ogni cavaliere ha potere su un quarto dell’umanità.

 

I quattro perlustratori della terra

“C’erano cavalli rossi, sauri e bianchi”. – Zc 1:8.

“Questi sono quelli che il Signore ha mandati a percorrere la terra. – Zc 1:10.

“Ecco quattro carri che uscivano”. – Zc 6:1.

“Questi sono i quattro venti del cielo”. – Zc 6:5.

“Andate, percorrete la terra!» Ed essi percorsero la terra”. – Zc 6:7.

“Al primo carro c’erano dei cavalli rossi”. – Zc 6:2. “I rossi escono e chiedono di andare a percorrere la terra”. – Zc 6:7.
“Al secondo carro dei cavalli neri”. – Zc 6:2. “Il carro dai cavalli neri va verso il paese del settentrione”. – Zc 6:6.
“Al terzo carro dei cavalli bianchi”. – Zc 6:3. “I cavalli bianchi lo seguono”. – Zc 6:6.
“Al quarto carro dei cavalli chiazzati di rosso”. – Zc 6:3. “I chiazzati vanno verso il paese del sud”. – – Zc 6:6.

 

  Il cavallo bianco. Possiamo a questo punto identificare il cavallo bianco. Facendo parte dei quattro, di cui è il primo, deve indicare qualcosa che anticipa il resto, e in particolare che avviene prima che sia tolta la pace dalla terra (cosa che farà il secondo cavaliere). “Colui che lo cavalcava aveva un arco; e gli fu data una corona, ed egli venne fuori da vincitore, e per vincere” (Ap 6:2). L’arco ci aiuta nell’identificazione. La cavalleria costituita da abilissimi arcieri era tipica dei parti. I loro arcieri usavano l’arco composito, costituito da una impugnatura corta con i flettenti composti di corno, con parti rigide in legno, il tutto resinato e ricoperto da tendini animali; con questa struttura i flettenti potevano essere caricati molto e, una volta rilasciati, scoccavano degli strali micidiali. Questa tecnica efficacissima era nota come tiro alla partica.

 

 


L’impero dei parti al tempo di Giovanni

L’Impero Partico (247 a. E. V. – 224 E. V.) era una delle maggiori potenze politiche e culturali iraniche nell’antica Persia. Nel secondo secolo a. E. V. l’impero dei parti si espanse a dismisura conquistando la Media e la Mesopotamia. Un trattato con l’Impero Romano stabilì il fiume Eufrate quale confine tra i due imperi.

   Una collisione, tuttavia, tra le due potenze mondiali era inevitabile. Nel 53 della nostra èra il generale romano Marco Licinio Crasso fece una spedizione contro i parti, alla disperata ricerca di oro per finanziare le campagne militari romane. Fu l’inizio di un conflitto che durò tre secoli. La cavalleria pesante corazzata, costituita dai catafratti (cavalieri ricoperti da corazza in ferro, compresi i cavalli, che combattevano a lancia in resta, ma equipaggiati anche di arco e frecce), appoggiata dalla cavalleria leggera, costituita da arcieri a cavallo, diede non pochi problemi ai romani.

   Gli imperatori romani Augusto e Nerone avevano scelto una politica prudente con la Partia, ma gli imperatori romani successivi si posero l’obbiettivo di conquistare la Mesopotamia, cuore dell’Impero dei parti. Per combattere i parti, i romani si dotarono anche’essi di reggimenti di arcieri a cavallo. Le ostilità tra Roma e la Partia ripresero vigore all’inizio del secondo secolo della nostra èra, quando i parti, ormai prossimi al disfacimento, fecero la pace con Roma.

   Al tempo di Giovanni (fine del primo secolo) i parti attraversarono ripetutamente il confine romano orientale, suscitando terrore tra i romani e speranze nelle popolazioni succubi di Roma, compresa la Giudea.

   Il cavallo bianco cavalcato da un arciere incoronato che “venne fuori da vincitore, e per vincere” (Ap 6:2) ben rappresentava i parti.