Il popolo di Dio sta al sicuro sul monte Sion, insieme a Yeshùa, e ha la protezione di Dio fino alla fine. Ma che ne sarà del resto dell’umanità? Prima di tutto, tre angeli annunciano il futuro giudizio:

“Poi vidi un altro angelo che volava in mezzo al cielo, recante il vangelo eterno per annunziarlo a quelli che abitano sulla terra, a ogni nazione, tribù, lingua e popolo. Egli diceva con voce forte: «Temete Dio e dategli gloria, perché è giunta l’ora del suo giudizio. Adorate colui che ha fatto il cielo, la terra, il mare e le fonti delle acque».

   Poi un secondo angelo seguì dicendo: «Caduta, caduta è Babilonia la grande, che ha fatto bere a tutte le nazioni il vino dell’ira della sua prostituzione».

   Seguì un terzo angelo, dicendo a gran voce: «Chiunque adora la bestia e la sua immagine, e ne prende il marchio sulla fronte o sulla mano, egli pure berrà il vino dell’ira di Dio versato puro nel calice della sua ira; e sarà tormentato con fuoco e zolfo davanti ai santi angeli e davanti all’Agnello». Il fumo del loro tormento sale nei secoli dei secoli. Chiunque adora la bestia e la sua immagine e prende il marchio del suo nome, non ha riposo né giorno né notte”. – Ap 14:6-11.

   Il primo angelo vola altissimo nel cielo e proclama una buona notizia senza tempo a tutta l’umanità, invitando tutti a fare la cosa giusta in vita del giudizio di cui ormai “è giunta l’ora”. Yeshùa stesso aveva dichiarato: “Prima bisogna che il vangelo [τὸ εὐαγγέλιον (tò euanghèlion)] sia predicato fra tutte le genti” (Mr 13:10). C’è una differenza tra il vangelo (εὐαγγέλιον, euanghèlion = “buona notizia”) menzionato da Yeshùa e quello menzionato dall’angelo apocalittico. La differenza è data dall’articolo determinativo. Yeshùa dice che deve essere predica il vangelo, mentre l’angelo proclama “un’eterna buona notizia [εὐαγγέλιον (euanghèlion), senza articolo: “una buona notizia”]” (Ap 14:6, TNM). Nel caso dell’angelo, la buona notizia è che si è ancora in tempo a pentirsi, nonostante il giudizio sia molto imminente, anzi, proprio per questo. Ciò che è richiesto, dice l’angelo, è la dedizione all’unico Dio. Si tratta, per usare le parole di Paolo in 1Ts 1:9, di convertirsi “dagl’idoli a Dio per servire il Dio vivente e vero”. – Cfr. At 14:15-18;17:24,25.

   Il secondo angelo, nella sua proclamazione usa le parole degli antichi profeti:

  • “Caduta, caduta è Babilonia!”. – Is 21:9.
  • “Babilonia era nelle mani del Signore una coppa d’oro, che ubriacava tutta la terra; le nazioni hanno bevuto il suo vino, perciò le nazioni sono divenute deliranti. All’improvviso, Babilonia è caduta, è frantumata”. – Ger 51:7,8.

   Nelle Scritture Ebraiche la città di Babilonia è presa spesso a simbolo della città dell’empietà per eccellenza. Negli scritti apocalittici giudaici non biblici Babilonia è usata quale sinonimo di Roma. Anche Pietro usa questo termine per riferirsi a Roma quando scrive: “La chiesa che è in Babilonia, eletta come voi, vi saluta” (1Pt 5:13). In quest’ultimo passo la parola “chiesa” è aggiunta dal traduttore, e con ragione, perché sottintesa; il greco ha ἡ ἐν Βαβυλῶνι συνεκλεκτὴ (e en Babylòni syneklektè), “la [chiesa] in Babilonia eletta insieme [a voi]”. Non occorre con ciò dedurre che Pietro scrivesse da Roma, luogo in cui mai andò; si noti infatti che Pietro, salutando, aggiunge καὶ Μάρκος (kài Màrkos), “e Marco”. Marco sì che fu a Roma, con Paolo, e abbiamo dei precedenti in cui proprio da Roma egli inviò saluti ad altre comunità (Col 4:10; Flm 23, 24). Pietro stava quindi mandando i saluti della comunità romana portati da Marco. Con comprendendo l’allusione a Roma, la Watchtower arriva a sostenere che Pietro fu davvero a Babilonia, traducendo però il passo pietrino forzando il testo greco in modo assurdo: “Colei che è a Babilonia, eletta come voi, vi manda i suoi saluti” (TNM). E chi sarebbe mai costei? Tutta questa forzatura ha in verità lo scopo di dimostrare che Pietro non andò mai a Roma, e ciò per demolire il presunto primato di Pietro che è alla base dell’eresia cattolica che fa del suo papa il presunto successore di Pietro. Non è necessario ricorrere a tutte queste manovre, perché Pietro non andò mai a Roma e i suoi saluti da Roma li manda per interposta persona di Marco, che a Roma era stato. In Ap Babilonia indica sempre Roma: “Qui occorre una mente che abbia intelligenza. Le sette teste sono sette monti sui quali la donna [= Babilonia, cfr. vv. 4,5] siede”. – Ap 17:9.

   Il terzo angelo pronuncia la condanna prevista per gli adoratori della bestia e della sua immagine ovvero per tutti quelli che hanno reso culto all’imperatore romano. Ancora una volta le espressioni sono tipicamente bibliche:

  • “Il vino dell’ira di Dio versato puro nel calice della sua” – “Così mi ha parlato il Signore, Dio d’Israele: ‘Prendi dalla mia mano questa coppa del vino della mia ira e danne da bere a tutte le nazioni a cui ti manderò. Esse berranno, barcolleranno, saranno come pazze, a causa della spada che io manderò in mezzo a loro’”. – Ger 25:15,15.
  • “Sarà tormentato con fuoco e zolfo … Il fumo del loro tormento sale nei secoli dei secoli” – “I torrenti di Edom saranno mutati in pece e la sua polvere in zolfo; la sua terra diventerà pece ardente. Non si spegnerà né notte né giorno, il fumo ne salirà per sempre”. – Is 34:9,10; cfr. Gn 19:14.

   Con l’immagine del fumo che sale perpetuamente è indicata l’irrevocabilità della condanna divina. Questi annunci si concludono poi con un invito rivolto a tutta la comunità dei fedeli: “Qui è la costanza dei santi che osservano i comandamenti di Dio e la fede in Gesù” (Ap 14:12). La fedeltà è data dall’ubbidienza ai Comandamenti di Dio. Dal cielo giunge una voce a conferma dell’esortazione: “Udii una voce dal cielo che diceva: «Scrivi: beati i morti che da ora innanzi muoiono nel Signore. Sì, dice lo Spirito, essi si riposano dalle loro fatiche perché le loro opere li seguono»”. – Ap 14:13.

   Va notata l’importanza delle opere: esse seguono i fedeli per comparire con loro alla risurrezione, quando i risorti saranno “giudicati, ciascuno secondo le sue opere” (Ap 20:13). Per i giudei le opere erano tutto, come insegnavano i farisei, ma per i discepoli di Yeshùa alle opere va aggiunta la fede: gli eletti “osservano i comandamenti di Dio e la fede in Gesù” . – Ap 14:12; cfr. Gc 2:14-26.

   Dopo il triplice annuncio angelico appare Yeshùa:

“Poi guardai e vidi una nube bianca; e sulla nube stava seduto uno, simile a un figlio d’uomo, che aveva sul capo una corona d’oro e in mano una falce affilata. Un altro angelo uscì dal tempio, gridando a gran voce a colui che stava seduto sulla nube: «Metti mano alla tua falce e mieti; poiché è giunta l’ora di mietere, perché la mèsse della terra è matura». Colui che era seduto sulla nube lanciò la sua falce sulla terra e la terra fu mietuta. Poi dal tempio, che è nel cielo, uscì un altro angelo; anch’egli aveva una falce affilata. E un altro angelo, che aveva potere sul fuoco, uscì dall’altare e gridò a gran voce a quello che aveva la falce affilata: «Metti mano alla tua falce affilata e vendemmia i grappoli della vigna della terra, perché le sue uve sono mature». L’angelo lanciò la sua falce sulla terra e vendemmiò la vigna della terra e gettò l’uva nel grande tino dell’ira di Dio. Il tino fu pigiato fuori della città e dal tino uscì tanto sangue che giungeva fino al morso dei cavalli, per una distesa di milleseicento stadi”. – Ap 14:14-20.

   La descrizione di Yeshùa indica che si tratta della sua seconda venuta, per il giudizio, sebbene la su apparizione vera sarà descritta più avanti, al cap. 19. Qui la sua parusìa è nel contesto dell’annuncio angelico del giudizio che si sta preparando. Infatti, Yeshùa appare qui in mezzo agli angeli: tre vengono prima di lui e altri tre lo seguono; abbiamo così un nuovo settenario. Di questo secondo gruppo angelico, un primo “angelo uscì dal tempio” ovvero provenendo da Dio e reca un ordine divino per Yeshùa: deve iniziare il raccolto. Il comando gli viene dato con le parole di Gle 4:13: “Date mano alla falce, perché la mèsse è matura!”. Anche per l’angelo vendemmiatore si richiamano le parole di Gioele: “Venite, pigiate, poiché il torchio è pieno, i tini traboccano; poiché grande è la loro malvagità” (Ibidem). Della raccolta quale giudizio parla anche  Mr 4:29: “Quando il frutto è maturo, subito il mietitore vi mette la falce perché l’ora della mietitura è venuta”. Il che ci rammenta anche che “quello che l’uomo avrà seminato, quello pure mieterà. Perché chi semina per la sua carne, mieterà corruzione dalla carne; ma chi semina per lo Spirito mieterà dallo Spirito vita eterna”. – Gal 6:7,8.

   Yeshùa inizia il giudizio e poi gli angeli lo compiono.

“Come le zizzanie sono raccolte e bruciate col fuoco, così avverrà al termine del sistema di cose. Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, ed essi raccoglieranno fuori del suo regno tutte le cose che causano inciampo e le persone che operano illegalità, e le lanceranno nella fornace ardente”. – Mt 13:40-21, TNM.

   Il giudizio è decretato da Dio. L’immagine è quella di Is 63:3: “Io sono stato solo a calcare l’uva nel tino, e nessun uomo di fra i popoli è stato con me; io li ho calcati nella mia ira, li ho calpestati nel mio furore; il loro sangue è spruzzato sulle mie vesti”.

   “Il tino fu pigiato fuori della città”. Ciò corrisponde alle attese dell’apocalittica giudaica che identificavano nella valle di Giosafat, appena fuori Gerusalemme, il luogo del giudizio divino, basandosi di Gle 3:2,12: “Io adunerò tutte le nazioni, e le farò scendere nella valle di Giosafat. Là le chiamerò in giudizio … Le nazioni si muovano e vengano alla valle di Giosafat! perché là io mi metterò seduto per giudicare tutte le nazioni circostanti”. La stretta valle di Giosafat si presta bene quale immagine dello strettoio in cui pigiare le nazioni per farne uscire sangue come vino dall’uva. Si tratta ovviamente di allegorie, come indicato anche dalla metafora che “uscì tanto sangue che giungeva fino al morso dei cavalli, per una distesa di milleseicento stadi” (uno stadio equivaleva a circa 180 m, per cui 1.600 stadi danno una distanza di circa 290 km). Questo numero si basa sul 4, che è un numero cosmico: si pensi ai “quattro angoli della terra” di Ap 7:1 e alle “nazioni che sono ai quattro angoli della terra” di Ap 20:8. Il 4 è al quadrato: 42 = 16; il moltiplicatore 100 indica la pienezza del raccolto (cfr. Mt 13:8). Con questa grandiosa immagine si vuole indicare quanto esteso sia il giudizio. La vera chiesa è però al sicuro insieme a Yeshùa, sul monte Sion.