Giovanni descrive ora in che modo viene eseguita la condanna di Babilonia. Nel far ciò impiega un sistema che abbiamo già notato: utilizza diversi passi tratti dalla Bibbia ebraica. Tali passi li mette insieme per formare il dramma che presenta. Schematicamente, ecco i quattro atti del suo copione:

 

 

 

Ap 18

Vv.

Un angelo luminoso grida

1-3

Esortazione ai credenti perché scappino

4-8 (20)

Lamentazione sulla città in rovina

9-19

L’annientamento

21-24

 

   Da Ez 43:2 Giovanni prende questa immagine: “Ecco, la gloria del Dio d’Israele veniva dal lato orientale. La sua voce era come il rumore di grandi acque e la terra risplendeva della sua gloria”. Così, in Ap 18:1,2, il veggente scrive. “vidi scendere dal cielo un altro angelo che aveva una grande autorità, e la terra fu illuminata dal suo splendore. Egli gridò con voce potente”. Ed ecco il potente messaggio angelico: “È caduta, è caduta Babilonia la grande! È diventata ricettacolo di demòni, covo di ogni spirito immondo, rifugio di ogni uccello impuro e abominevole. Perché tutte le nazioni hanno bevuto del vino della sua prostituzione furente, e i re della terra hanno fornicato con lei, e i mercanti della terra si sono arricchiti con gli eccessi del suo lusso”. – Ibidem, vv. 2,3.

   “Poi udii un’altra voce dal cielo che diceva: ‘Uscite da essa, o popolo mio, affinché non siate complici dei suoi peccati e non siate coinvolti nei suoi castighi; perché i suoi peccati si sono accumulati fino al cielo e Dio si è ricordato delle sue iniquità’” (Ap 18:4,5). Giovanni usa le esortazioni a fuggire da Babilonia degli antichi profeti: “Uscite da Babilonia, fuggite lontano” (Is 48:20); “Partite, partite, uscite di là! … Uscite di mezzo a lei!” (Is 52:11); “Fuggite di mezzo a Babilonia, salvi ognuno la sua vita, guardate di non perire per l’iniquità di lei! Poiché questo è il tempo della vendetta del Signore; egli le dà la sua retribuzione” (Ger 51:6); “O popolo mio, uscite di mezzo a lei, salvi ciascuno la sua vita davanti all’ardente ira del Signore!” (Ger 51:45). – Cfr. Mr 13:14 e seguenti.

   Non si faccia l’errore di prendere alla lettera, credendo che l’appello alla fuga sia rivolto ai credenti che abitano in Roma. Il senso è che occorre prendere le debite distanze da chi pratica l’empietà. Paolo scrive in 1Cor 5:9,10: “Vi ho scritto nella mia lettera di non mischiarvi con i fornicatori; non del tutto però con i fornicatori di questo mondo, o con gli avari e i ladri, o con gl’idolatri; perché altrimenti dovreste uscire dal mondo”. Il che è chiarito dalle parole pronunciate da Yeshùa in preghiera a Dio: “Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li preservi dal maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo” (Gv 17:15,16). Non si tratta quindi di fuggire letteralmente da quale parte. E dove, poi? Forse nel deserto, isolandosi come gli esseni? “Il mondo passa con la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno”. – 1Gv 2:17.

   “Usatele il trattamento che lei usava, datele doppia retribuzione per le sue opere; nel calice in cui ha versato ad altri, versatele il doppio. Datele tormento e afflizione nella stessa misura in cui ha glorificato se stessa e vissuto nel lusso. Poiché dice in cuor suo: ‘Io sono regina, non sono vedova e non vedrò mai lutto’” (Ap 18:6,7). A chi sono rivolti questi comandi? Non al popolo di Dio, perché esso è impegnato a fuggire lontano da lei. La “doppia retribuzione” che deve esserle data in castigo è sotto la supervisione angelica. “In uno stesso giorno verranno i suoi flagelli: morte, lutto e fame, e sarà consumata dal fuoco; poiché potente è Dio, il Signore che l’ha giudicata” (Ap 18:8). Si riaffaccia qui l’idea che Roma sarebbe scomparsa in un incendio spaventoso.

   Giovanni non descrive la rovina della città, però narra del grande lamento di coloro che guardano con attenzione e stupore come essa viene colpita.

“I re della terra, che fornicavano e vivevano in lascivie con lei, quando vedranno il fumo del suo incendio piangeranno e faranno cordoglio per lei. Spaventati dai suoi tormenti se ne staranno lontani e diranno: ‘Ahi! ahi! Babilonia, la gran città, la potente città! Il tuo giudizio è venuto in un momento!’. I mercanti della terra piangeranno e faranno cordoglio per lei, perché nessuno compra più le loro merci: oro, argento, pietre preziose, perle, lino pregiato, porpora, seta, scarlatto, ogni varietà di legno odoroso, ogni varietà di oggetti d’avorio e di legno preziosissimo, bronzo, ferro, marmo, cannella, spezie, profumi, unguenti, incenso, vino, olio, fior di farina, grano, buoi, pecore, cavalli, carri e persino i corpi e le anime di uomini. I frutti che l’anima tua desiderava sono andati lontani da te; tutte le cose delicate e sontuose sono perdute per te e non si troveranno mai più. I mercanti di queste cose che sono stati arricchiti da lei se ne staranno lontani per timore del suo tormento, piangeranno e faranno cordoglio dicendo: ‘Ahi! ahi! La gran città ch’era vestita di lino fino, di porpora e di scarlatto, adorna d’oro, di pietre preziose e di perle! In un attimo una ricchezza così grande è stata distrutta’. Tutti i piloti, tutti i naviganti, i marinai e quanti trafficano sul mare se ne staranno lontano e vedendo il fumo del suo incendio esclameranno: ‘Quale città fu mai simile a questa grande città?’. E si getteranno della polvere sul capo e grideranno, piangeranno e faranno cordoglio dicendo: “Ahi! ahi! La gran città nella quale tutti quelli che avevano navi in mare si erano arricchiti con la sua opulenza! In un attimo è stata ridotta a un deserto’”. – Ap 18:9-19.

   Troviamo anche in questa descrizioni alcuni richiami alle immagini profetiche delle Scritture Ebraiche. Si noti, ad esempio, la lamentazione per la caduta della città di Tiro, ai capp. 26 e 27 di Ez. Le somiglianze sono notevoli.

   Il brano di Ap 18:9-19 è diviso in modo spettacolare in tre scene parallele. Prima c’è il coro dei re della terra, che alzano il loro lamento; subito dopo, come in risposta, si leva il secondo coro, quello dei mercanti che si lamentano a loro volta. Infine tocca alla corale dei marinai elevare lamenti.

   L’elenco delle merci oggetto di commercio è molto ricco. Il “legno odoroso” del v. 12 è lo ξύλον θύινον, “legno resinoso”; si tratta del legno di tuia, proveniente dall’Africa. Le “spezie” del v. 13 non sono in realtà al plurale nel testo greco, che ha invece ἄμωμον, che è l’amomo, una pianta aromatica proveniente dall’India e dai si ricavava un unguento profumato per i capelli. Nell’elenco non compaiono solo merci, ma perfino schiavi; è questo il senso dell’espressione “i corpi e le anime di uomini” al v. 13 (σωμάτων καὶ ψυχὰς ἀνθρώπων, somàton kài psychàs anthròpon), che sarebbe meglio tradurre “corpi e vite umane”. Anche in Ez 27:13 si parla di schiavi come merce di scambio.

   Abbiamo visto che uno dei cori di coloro che si lamentano è costituito da “tutti i piloti, tutti i naviganti, i marinai e quanti trafficano sul mare” (v. 17). C’è qui una chiara allusione ai traffici marittimi commerciali di Roma, tuttavia non si allude a un porto nei pressi di Roma. La capitale del mondo di allora era infatti famosa per la sua importanza politica; non era un centro commerciale. Dalla lista delle merci si può quindi pensare a qualche porto orientale. In ogni caso, Giovanni è poco interessato a descrivere con precisione la città caput mundi. Il lungo elenco delle merci gli serve per indicare qual era lo sfarzo e la potenza di Roma. E ci riesce benissimo, perché siamo impressionati leggendo la sua descrizione. Giovanni ci fa vedere come doveva essere Roma: grandiosa, splendente, sfarzosa, potentissima. È ancora più sorprendente, perciò, assistere alla sua rovina.

   Mentre sulla terra c’è enorme stupore e grande costernazione per la fine di Babilonia/Roma, che lascia tutti allibiti, la reazione in cielo è di ben altro tenore: “Rallègrati, o cielo, per la sua rovina! E voi, santi, apostoli e profeti, rallegratevi perché Dio, giudicandola, vi ha reso giustizia”. – Ap 18:20.

   Usando un’immagine tratta da Geremia, Giovanni chiude la visione del giudizio divino su Babilonia con un’azione simbolica che l’angelo compie.

“Quando avrai finito di leggere questo libro, tu vi legherai una pietra, lo getterai in mezzo all’Eufrate, e dirai: ‘Così affonderà Babilonia, e non si rialzerà più, a causa del male che io faccio venire su di lei; cadrà esausta’”. – Ger 51:63,64.

“Poi un potente angelo sollevò una pietra grossa come una grande macina, e la gettò nel mare dicendo: ‘Così, con violenza, sarà precipitata Babilonia, la gran città, e non sarà più trovata’”. – Ap 18:21.

   L’angelo decreta anche la cessazione di ogni segno di vita nella città punita da Dio, e ne ripete la ragione: “In te non si udranno più le armonie degli arpisti, né dei musicisti, né dei flautisti, né dei suonatori di tromba; né sarà più trovato in te artefice di qualunque arte, e non si udrà più in te rumore di macina. In te non brillerà più luce di lampada, e non si udrà più in te voce di sposo e di sposa; perché i tuoi mercanti erano i prìncipi della terra e perché tutte le nazioni sono state sedotte dalle tue magie. In lei è stato trovato il sangue dei profeti e dei santi e di tutti quelli che sono stati uccisi sulla terra”. – Ap 18:22-24.