In Ap 20:11 era stato detto che “la terra e il cielo fuggirono dalla sua presenza”, dalle presenza di Dio. Giovanni ora scrive: “Poi vidi un nuovo cielo e una nuova terra, poiché il primo cielo e la prima terra erano scomparsi”, e aggiunge che “e il mare non c’era più” (Ap 21:1). Nel linguaggio simbolico apocalittico il mare rappresenta il male.

   La successiva visione di Giovanni è stupenda e grandiosa:

“Vidi la santa città, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo da presso Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii una gran voce dal trono, che diceva: «Ecco il tabernacolo di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro, essi saranno suoi popoli e Dio stesso sarà con loro e sarà il loro Dio. Egli asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non ci sarà più la morte, né cordoglio, né grido, né dolore, perché le cose di prima sono passate»”. – Ap 21:2-4.

   Questa “nuova Gerusalemme” non solo è l’opposto della città di Babilonia ma non è neppure la vecchia città santa trasformata. Si noti qui la categoria ebraica della preesistenza, che Giovanni utilizza: quella che scende dal cielo è una città preesistente in cielo. Nel tempo finale si manifesta e sostituisce la Gerusalemme terrena ormai distrutta.

   La “nuova Gerusalemme” assume fattezze femminili, venendo paragonata a una sposa che è condotta allo sposo. Al successivo v. 9 un angelo dice a Giovanni: “Vieni e ti mostrerò la sposa, la moglie dell’Agnello”. Anche l’apostolo Paolo parla della Gerusalemme celeste e dice che “la Gerusalemme di lassù” “è nostra madre” (Gal 4:26), usando questa espressione per indicare che la nuova città ha già avuto il suo inizio e che concerne la comunità dei credenti. Paolo dice che “la Gerusalemme di lassù è libera” (Gal 4:26) e che era Sara (donna libera e moglie di Abraamo) che la tipificava (Gal 4:27-30), poi applica questo concetto e afferma: “Perciò, fratelli, noi non siamo figli della schiava, ma della donna libera” (Gal 4:31). Sulla terra i credenti sono figli spirituali della antitipica donna libera, in cielo diventano la sposa stessa.

   “Ecco il tabernacolo di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro, essi saranno suoi popoli e Dio stesso sarà con loro e sarà il loro Dio”. Nel deserto gli ebrei godevano della vicinanza di Dio perché avevano il tabernacolo (il santuario trasportabile) e già prima, nell’Eden, la prima coppia aveva goduto della stretta comunione con Dio, di cui avvertiva la presenza. Ora però Dio fa sentire la sua presenza a tutta l’umanità. È questo il senso del “tabernacolo di Dio con gli uomini”. Ora non c’è più solo un popolo che ha l’onore di avere il tabernacolo, ma tutti i popoli possono goderne: “Egli abiterà con loro, essi saranno suoi popoli e Dio stesso sarà con loro e sarà il loro Dio”.

   La pace sarà universale, totale, completa, tanto che “non ci sarà più la morte, né cordoglio, né grido, né dolore”. “Le cose di prima sono passate”.

   Il libro della rivelazione divina volge alla sua conclusione. Dio stesso conferma con le sue parole che il nuovo mondo è una realtà, che è tutto vero:

“Colui che siede sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose». Poi mi disse: «Scrivi, perché queste parole sono fedeli e veritiere»”. – Ap 21:5.


“Ecco, le cose di prima sono avvenute

e io ve ne annuncio delle nuove;

prima che germoglino, ve le rendo note”. – Is 42:9.

“Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate: ecco, sono diventate nuove”.

2Cor 5:17.

“Quello che importa è l’essere una nuova creatura”. – Gal 6:15.


   Quello che Dio dice, lo fa, “poich’egli parlò, e la cosa fu; egli comandò e la cosa apparve” (Sl 33:9). Egli è “l’alfa e l’omega, il principio e la fine”. – Ap 21:6.

“A chi ha sete io darò gratuitamente della fonte dell’acqua della vita. Chi vince erediterà queste cose, io gli sarò Dio ed egli mi sarà figlio. Ma per i codardi, gl’increduli, gli abominevoli, gli omicidi, i fornicatori, gli stregoni, gli idolatri e tutti i bugiardi, la loro parte sarà nello stagno ardente di fuoco e di zolfo, che è la morte seconda”. – Ap 21:6-8.

   Ciascuna delle sette lettere indirizzate alle sette chiese ci concludeva con parole di vittoria. Anche ciò che Dio dice contiene il riferimento a “chi vince”. Solo i fedeli vedranno realizzate le promesse divine.

   Si noti l’espressione “io gli sarò Dio ed egli mi sarà figlio”. La si paragoni con quella di Ap 1:6 in cui Dio è detto “Padre” di Yeshùa. Giovanni riserva il termine “Padre” per Yeshùa ma usa qui il termine “Dio” per i fedeli.


L’elenco dei peccati

Ap 21:8

“Ricolmi di ogni ingiustizia, malvagità, cupidigia, malizia; pieni d’invidia, di omicidio, di contesa, di frode, di malignità; calunniatori, maldicenti, abominevoli a Dio, insolenti, superbi, vanagloriosi, ingegnosi nel male, ribelli ai genitori, insensati, sleali, senza affetti naturali, spietati”. – Rm 1:29-31.

“I fornicatori … gli avari e i ladri … gl’idolatri”, “gl’ingiusti”. – 1Cor 5:10;6:9.

“Contese, gelosie, ire, rivalità, maldicenze, insinuazioni, superbie, disordini … impurità … fornicazione … dissolutezza”. – 2Cor 12:20,21.

“Fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregoneria, inimicizie, discordia, gelosia, ire, contese, divisioni, sètte, invidie, ubriachezze, orge e altre simili cose”. – Gal 5:19-21.

Codardi

Increduli

Abominevoli

Omicidi

Fornicatori

Stregoni

 Idolatri

Bugiardi


 

   Il grave e serio ammonimento circa gli esclusi per i peccati menzionati, con la loro conseguente distruzione, è fatto perché la comunità dei fedeli comprenda che deve perseverare fino alla fine.