Indubbiamente la presa di possesso della Terra (gli ebrei chiamano così – הארץ, haàretz, “la terra” -, ancora oggi, il territorio di Israele) contribuì a sviluppare l’autonomia politica e spirituale del popolo ebraico.

   Ci fu un senso di benessere per l’acquistata libertà e un insieme di circostanze resero più comoda la vita. Ciò preparò anche, pian piano, una decadenza – politica e spirituale – per via del lasciarsi andare. La Terra aveva in sé un discreto quanto provvidenziale isolamento, ma le influenze straniere riuscirono a infiltrarsi. Mentre Mosè aveva ordinato una guerra di offesa contro i precedenti abitanti di Canaan (territorio che costituì “la Terra”), gli ebrei si accontentarono di una guerra di difesa.

“Quando avrete passato il Giordano e sarete entrati nel paese di Canaan, scaccerete d’innanzi a voi tutti gli abitanti del paese, distruggerete tutte le loro immagini, distruggerete tutte le loro statue di metallo fuso e demolirete tutti i loro luoghi sacri. Prenderete possesso del paese e in esso vi stabilirete, perché io ve l’ho dato affinché lo possediate”. – Nm 33:51-53.

   A poco a poco gli ebrei fecero addirittura amicizia con i cananei e si limitarono a chiedere un tributo. Fu questa la causa del raffreddamento spirituale. Infatti, i cananei erano idolatri, e gli ebrei furono sempre lusingati dall’idolatria. Inoltre lì a Canaan si adoravano dèi (come Bel, Astoret, Moloch) che erano di facili costumi: il loro culto era allegro ma nefando. Alla fine si presentò il tristissimo spettacolo di molti ebrei che lasciarono il culto del vero Dio per darsi al culto seducente dell’idolatria. “Sacrificarono agl’idoli di Canaan; e il paese fu profanato” (Sl 106:38). Eppure erano stati avvertiti.

Quando avrete passato il Giordano e sarete entrati nel paese di Canaan, scaccerete d’innanzi a voi tutti gli abitanti del paese, distruggerete tutte le loro immagini, distruggerete tutte le loro statue di metallo fuso e demolirete tutti i loro luoghi sacri. Prenderete possesso del paese e in esso vi stabilirete, perché io ve l’ho dato affinché lo possediate”. – Nm 33:51-53.

   L’abbandono della vera adorazione e l’indebolimento dell’orgoglio nazionale spezzarono proprio questo doppio legame da cui derivava l’unità di Israele. I sintomi di tale indebolimento si fecero sentire ben presto e Israele s’incamminò per una via disastrosa che l’avrebbe condotta allo sfacelo. “Queste nazioni [le nazioni pagane] servirono a mettere Israele alla prova, per vedere se Israele avrebbe ubbidito ai comandamenti che il Signore aveva dato ai loro padri per mezzo di Mosè. Così i figli d’Israele abitarono in mezzo ai Cananei, agli Ittiti, agli Amorei, ai Ferezei, agli Ivvei e ai Gebusei; sposarono le loro figlie, diedero le proprie figlie come spose ai loro figli, e servirono i loro dèi” (Gdc 3:4-6). Questo sfacelo sarebbe stato completo se Dio stesso, mantenendo il suo amore per Israele, non fosse intervenuto per far ripristinare la Legge data a Mosè e confermata da Giosuè, per impedire che tutta Israele fosse travolta dall’idolatria cananea.  Fu per questo che Dio suscitò uomini che nutrivano ardente devozione per la vera adorazione, uomini che rianimarono la fede curandosi della libertà e dell’indipendenza nazionale, uomini che resisterono agli oppositori e che impedivano l’infiltrarsi dei licenziosi costumi cananei tra il santo popolo di Dio. Questi uomini furono chiamati Giudici. Non che essi fossero i depositari del potere giudiziario in senso moderno: erano piuttosto dei condottieri che guidavano il popolo e lo assistevano nel mantenimento della libertà esercitando il potere politico e curando l’integrità spirituale. In pratica erano uomini suscitati dal Dio di Israele per il bene della sua nazione, affinché questa mantenesse il suo carattere così particolare e unico al mondo.

   Nel periodo dell’opera dei Giudici si riscontrano gli stessi fenomeni: apostasia, invasione straniera, penitenza del popolo, liberazione compiuta dai Giudici, tempo di prosperità. Tuttavia, questo avvicendarsi non impedì che a poco a poco il popolo ebraico fosse, alla fine, sottratto alla servitù straniera.

   Il periodo dei Giudici durò circa 300 anni a decorrere da qualche tempo dopo la morte di Giosuè (circa 1450 a. E. V.). Non è sempre possibile stabilire la zona esatta su cui ciascuno dei Giudici ebbe giurisdizione. I dati biblici non sono sufficienti. Per la stessa ragione non è sempre possibile stabilire l’epoca in cui ciascun Giudice giudicava. Alcuni possono aver giudicato contemporaneamente in diverse regioni di Israele. Poi, tra l’uno e l’altro ci furono periodi di oppressione. I giudici furono dodici. – Gdc 2:16; At 13:20.

   Giudicature di Otniel, Eud e Samgar. “I figli d’Israele fecero ciò che è male agli occhi del Signore; dimenticarono il Signore, il loro Dio, e servirono gli idoli di Baal e di Astarte. Perciò l’ira del Signore si accese contro Israele ed egli li diede nelle mani di Cusan-Risataim, re di Mesopotamia; e i figli d’Israele furono servi di Cusan-Risataim per otto anni. Poi i figli d’Israele gridarono al Signore e il Signore fece sorgere per loro un liberatore: Otniel, figlio di Chenaz, fratello minore di Caleb; ed egli li liberò. Lo Spirito del Signore venne su di lui ed egli fu giudice d’Israele; uscì a combattere e il Signore gli diede nelle mani Cusan-Risataim, re di Mesopotamia; e la sua mano fu potente contro Cusan-Risataim. Il paese ebbe pace per quarant’anni; poi Otniel, figlio di Chenaz, morì”. – Gdc 3:7-11.

     Si noti il procedere degli avvenimenti:

     • “I figli d’Israele fecero ciò che è male agli occhi del Signore”;

     • “Perciò l’ira del Signore si accese contro Israele ed egli li diede nelle

         mani di”;

     • “Poi i figli d’Israele gridarono al Signore e il Signore fece sorgere per

         loro un liberatore”;

     • “Lo Spirito del Signore venne su di lui ed egli fu giudice d’Israele; uscì a

         combattere”;

     • “Il paese ebbe pace Il paese ebbe pace”.

   Questo schema si ripete.

   In seguito ci fu Eud che liberò la sua patria con un atto contrario – come si direbbe oggi – al diritto internazionale. Eud si presentò con un regalo a “Eglon, re di Moab” (Gdc 3:15), ma aveva “una spada a due tagli” nascosta “sotto la sua veste” (v. 16). Chiamatolo da parte, gli disse: “O re, io ho qualcosa da dirti in segreto” (v. 19). “Eud, stesa la mano sinistra, prese la spada dal suo fianco destro e gliela piantò nel ventre” (v. 21). Vale la pena qui, soffermarsi un momento per gustare una delle pagine più sarcastiche della Bibbia. L’acuto sarcasmo – tanto divertente quanto macabro – dice molto sull’orgoglioso senso di appartenenza a Dio e di separazione dai pagani.

“Eglon era molto grasso.  . . . [Eud disse al re:] ‘Ho un messaggi segreto per te’. Eglon gli disse: ‘Aspetta!’, e fece uscire i servi. Stava seduto in una camera superiore a lui riservata per prendere il fresco. Eud gli si avvicinò e gli disse: ‘Quel che ho da dirti viene da Dio!’. Il re allora si alzò in piedi ed Eud con la sinistra tirò fuori la spada dal fianco e gliela piantò nel ventre; essa penetrò dentro tutta intera, lama e impugnatura, tanto che il grasso la ricoprì; senza nemmeno estrarla, Eud uscì dalla finestra. Ma prima di uscire chiuse la porta e mise il chiavistello.  . . .  Quando i servi vennero e videro che la porta del piano di sopra era sprangata, pensarono che Eglon fosse dentro per i suoi bisogni [“Sta semplicemente facendo i suoi bisogni naturali nella fresca stanza interna”, TNM]. A un certo punto cominciarono a preoccuparsi perché la porta del piano di sopra restava sempre chiusa. Allora presero la chiave e spalancarono la porta: il loro padrone era steso a terra, morto”. – Gdc 3:17,19-25, PdS.

   “Dopo Eud, venne Samgar”. “Egli sconfisse seicento Filistei con un pungolo da buoi; anch’egli liberò Israele”. – Gdc 3:31.

   Giudicatura di Barac. Il trionfo di Barac – che di certo fu un militare di valore – fu dovuto in gran parte all’accortezza della profetessa Debora. Infatti, quando Debora vide il suo popolo angariato, mandò a chiamare Barac e gli comandò di preparare un forte esercito di diecimila combattenti per andare contro il nemico. In Gdc 4:4 la Bibbia dice: “In quel tempo era giudice d’Israele una profetessa, Debora”. Occorre precisare. Debora non era “giudice” nel senso attribuito ai Giudici liberatori di Israele. In Nee 9:27 i giudici vengono chiamati “liberatori”: “Nella tua immensa misericordia, hai dato loro dei liberatori [i Giudici], che li hanno salvati dalle mani dei loro nemici”. Debora non agì come liberatrice, ma come profetessa. Come tale, ovvero profetessa, Debora comunicò a Barac la volontà di Dio (Gdc 4:6,7,14). È quindi in senso diverso che Debora era “giudice”. Gdc 4:5 dice di lei che “sedeva sotto la palma . . .  e i figli d’Israele salivano da lei per le controversie giudiziarie”. Non c’è bisogno di manipolare il testo biblico come fa TNM che traduce: “Debora, una profetessa, moglie di Lappidot, giudicava in quel particolare tempo Israele” (Gdc 4:4). La Scrittura dice proprio, letteralmente, che “lei [era] giudicessa di Israele”: הִיא שֹׁפְטָה אֶת־יִשְׂרָאֵל (hi shoftàh et-Israèl); shoftàh (שֹׁפְטָה) è il femminile di shòfet (שֹּׁופֵט), “giudice”, quindi “giudicessa”. “Giudice” nel senso di “liberatore” fu Barac: Eb 11:32, infatti, lo elenca fra i Giudici dell’antica Israele. È la conoscenza accurata del contesto della Bibbia che deve dare la comprensione, non la sua manipolazione.

   Comunque, dietro le indicazioni della profetessa Debora, il Giudice Barac sconfisse l’esercito nemico cananeo (Gdc 4:10-24). Le donne furono protagoniste. Non solo Debora, come abbiamo visto, ma anche una donna di nome Iael. E qui dobbiamo soffermarci ancora per leggere un’altra pagina biblica ricca di sarcasmo.

“Sisara [il generale dell’esercito cananeo] saltò giù dal carro e scappoò a piedi. . . .  Sisara corse a piedi fino alla tenda di Giaele, moglie di Eber . . . Giaele andò incontro a Sisara e gli disse: ‘Fermati! Fermati qui da me! Non aver paura’. Egli entrò nella sua tenda e lei lo coprì con un tappeto . . . Lui le disse: ‘Sta davanti alla tenda. Se ti domandano: C’è qualcuno? Rispondi di no’. Sisara era molto stanco e si addormentò subito. Allora Giaele tolse un picchetto dalla tenda, prese in mano un martello e si avvicinò a Sisara senza far rumore. Gli conficcò nelle tempia il picchetto, ma così forte che rimase piantato anche in terra. Sisara passò dal sonno alla morte. . . . Sisara era steso a terra, morto, con il picchetto piantato nelle tempia” (Gdc 4:15-22, PdS).

  Come Debora aveva profeticamente annunciato, quella vittoria fu attribuita a una donna: “Il Signore darà Sisera in mano a una donna”. – Gdc 4:9.

 

   Il magnifico cantico di vittoria, composto da Debora, rimane una delle più belle ispirazioni poetiche della letteratura mondiale di tutti i tempi.

 

“Lodate il Signore . . . io voglio lodare il Signore, voglio cantare inni al Signore, il Dio di Israele. . . . La terra tremò; il cielo si scosse, le nubi si sciolsero in acqua. I monti si nascosero per paura del Signore, il Dio del Sinai, per paura del Signore, il Dio d’Israele.  . . . Campagne abbandonate . . . poi sei comparsa tu, o Debora, per far da madre a Israele . . . Su, Debora, su, avanti, canta! . . . Anche le stelle han combattuto dall’alto del loro percorso nel cielo. . . . Coraggio, avanti con forza! . . . Sia benedetta fra le donne Giaele . . . con un colpo gli trapassò le tempia e gli spaccò la testa. . . . Così finiscano i tuoi nemici, o Signore. Ma i tuoi amici risplendano come il sole  che sorge”.

Gdc 5, passim, PdS.

 

   Questa vittoria strepitosa fece sì che il popolo vivesse in pace per 40 anni. – Gdc 5:31.

   Giudicatura di Gedeone.  Durante il periodo di pace il popolo si dimenticò nuovamente di Dio e si diede di nuovo all’idolatria. Così, le orde dei madianiti e degli amalechiti irruppero contro la Terra portando devastazione e desolazione, facendo scorrerie per sette anni di seguito durante la raccolta della messe (Gdc 6:1-6). All’implorazione del popolo, Dio suscitò Gedeone: “L’angelo del Signore gli apparve e gli disse: ‘Il Signore è con te, o uomo forte e valoroso!’” (Gdc 6:12). Gedeone accolse la missione, sebbene avesse richiesto prima dei segni che gliela comprovassero, e che Dio gli diede (6:17-21). Finalmente mossosi, spinse l’esercito contro i nemici e riportò una grande vittoria (6:33-8:21). L’entusiasmo del popolo fu talmente grande che a Gedeone fu proposto il titolo di re: “Regna su di noi, tu, tuo figlio, e il figlio di tuo figlio, poiché ci hai salvati” (8:22).  Gedeone ricusò: “Io non regnerò su di voi, né mio figlio regnerà su di voi; il Signore è colui che regnerà su di voi!”. – V. 23.

   Nonostante la nobile decisione di rinunciare al titolo di re, Gedeone chiese al popolo che gli fosse data parte del bottino in oro, e ben volentieri gli fu data (8:24,25). L’oro fu davvero tanto (v. 26), e Gedeone ne fece un oggetto per ricordare la vittoria. E ciò fu la rovina per lui e la sua famiglia: “Gedeone ne fece un efod, che pose in Ofra, sua città, e tutto Israele si prostituì al seguito di quello; ed esso diventò un’insidia per Gedeone e per la sua casa” (v. 27). L’efòd (אֵפֹוד) era un indumento che s’indossava come un grembiule, con una parte anteriore (munita di pettorale) e una posteriore unite fra loro. Qualche studioso ha ipotizzato che si trattasse di un monumento, vista la quantità di oro impiegata: “Il peso degli anelli d’oro, che egli aveva chiesto, fu di millesettecento sicli d’oro” (8:26). Si tratta di ben 19 e più kg d’oro.  Ma efòd non significa “statua”. Il peso era enorme, ma non è detto che Gedeone lo indossasse; egli lo “pose in Ofra, sua città” (v. 27). Forse usò molta parte dell’oro per acquistare i gioielli e pietre preziose come ornamento per l’efòd. Questo ne spiegherebbe il grande valore: 1700 sicli d’oro, equivalenti a più di 150.000 € (valuta all’introduzione dell’euro). Fatto sta che quell’efòd divenne oggetto di culto, come si deduce dall’espressione tipica “Israele si prostituì al seguito di quello” (ridicola l’espressione “aveva rapporti immorali” di TNM). Per gli ebrei, sempre concreti, abbandonare Dio era una prostituzione: “Il paese si prostituisce, abbandonando il Signore” (Os 1:2). Nella Bibbia Israele è paragonata alla moglie di Dio, tanto che Dio stesso dice della nazione infedele: “Lei non è più mia moglie, e io non sono più suo marito! Tolga dalla sua faccia le sue prostituzioni, e i suoi adulteri dal suo petto; altrimenti, io la spoglierò nuda, la metterò com’era nel giorno che nacque, la renderò simile a un deserto, la ridurrò come una terra arida e la farò morir di sete”. – Os 2:2,3.

   Comunque, quell’efòd fu “un’insidia per Gedeone e per la sua casa” (Gdc 8:27). Già, anche per la sua casa. Suo figlio Abimelec, natogli da una concubina di Sichem (Gdc 8:31), per farsi acclamare re (9:2,6) uccise tutti i suoi fratelli (9:18,56). Infine Abimelec morì senza gloria durante una rivolta. – 9:50-55.

   Giudicature di Tola e di Iair. Di questi due Giudici la Bibbia non registra fatti speciali. “Vi fu Tola . . . fu giudice d’Israele per ventitré anni; poi morì e fu sepolto a Samir. Dopo di lui vi fu Iair, il Galaadita, che fu giudice d’Israele per ventidue anni . . . morì e fu sepolto a Camon”. – Gdc 10:1-5.

   Giudicatura di Iefte. Ogni volta, appena era tornata la tranquillità, gli ebrei tornavano all’idolatria. Questa ingratitudine potrebbe apparire strana e la loro leggerezza inspiegabile, ma così era. Dio doveva castigarli più duramente. Infatti, ora troviamo gli israeliti assaliti dai filistei e dagli ammoniti e fatti da loro schiavi. “I figli d’Israele continuarono a fare ciò che è male agli occhi del Signore e servirono gli idoli di Baal e di Astarte, gli dèi della Siria, gli dèi di Sidon, gli dèi di Moab, gli dèi degli Ammoniti e gli dèi dei Filistei; abbandonarono il Signore e non lo servirono più. L’ira del Signore si accese contro i figli d’Israele ed egli li diede nelle mani dei Filistei e nelle mani dei figli di Ammon”. – Gdc 10:6,7.

   La storia si ripete: “Allora i figli d’Israele gridarono al Signore, e dissero: ‘Abbiamo peccato contro di te, perché abbiamo abbandonato il nostro Dio e abbiamo servito i vari Baal’” (10:10). Istruttiva, bella e giusta la risposta di Dio, che ricorda loro: “Non vi ho liberati dagli Egiziani, dagli Amorei, dai figli di Ammon e dai Filistei? Quando i Sidoni, gli Amalechiti e i Maoniti vi opprimevano e voi gridaste a me, non vi liberai dalle loro mani? Eppure, mi avete abbandonato e avete servito altri dèi; perciò io non vi libererò più. Andate a gridare agli dèi che avete scelto; vi salvino essi nel tempo della vostra angoscia!’” (Gdc 10:11-14). Gli ebrei ripeterono allora la supplica, liberandosi degli dèi pagani (10:15,16) e Dio “si addolorò per l’afflizione d’Israele” (v. 16). E “lo Spirito del Signore venne su Iefte” (11:29). Iefte fece un voto a Dio: “Se tu mi dai nelle mani i figli di Ammon, chiunque uscirà dalla porta di casa mia per venirmi incontro, quando tornerò vincitore sugli Ammoniti, sarà del Signore e io l’offrirò in olocausto” (11:30,31). È inutile girarci attorno: fu un voto sconsiderato. La prima persona che uscì, dopo la sua vittoria, fu la sua unica figlia: “Ecco uscirgli incontro sua figlia, con timpani e danze. Era l’unica sua figlia; non aveva altri figli né altre figlie” (11:34). Per una trattazione approfondita di questo argomento si veda lo studio Iefte sacrificò davvero sua figlia, nella categoria Scritture Ebraiche della sezione Esegesi biblica.  

   Giudicature di Ibzan, Elon e Abdon. Questi tre Giudici sono ricordati, ma di loro non si narrano gesta gloriose. Tutto quello che si dice lo troviamo in Gdc 12:8-15: “Fu giudice d’Israele Ibsan . . . Fu giudice d’Israele per sette anni . . .  Dopo di lui fu giudice d’Israele Elon, lo Zabulonita; fu giudice d’Israele per dieci anni . . . Dopo di lui fu giudice d’Israele Abdon . . . Fu giudice d’Israele per otto anni”.

   Giudicatura di Sansone. “Sansone fu giudice d’Israele, al tempo dei Filistei, per vent’anni” (Gdc 15:20). Sansone è uno dei Giudici che gode ancora di grande popolarità. Lo si ricorda per la sua forza prodigiosa e per la celebre frase “muoia Sansone con tutti i filistei!”, che è divenuto anche un modo di dire con il significato di “o la va o la spacca”. Le grandi lotte di Sansone si svolsero proprio con i filistei quando costoro afflissero con ogni angheria gli ebrei che purtroppo finirono sotto il loro dominio (Gdc 14:4). Sansone, della tribù di Dan, affrontò il nemico e poté tenerlo a freno servendosi anche di astuzie e di suggerimenti datigli dalla moglie (14:4) che era filistea (Gdc 14:3). Così, per venti anni seppe contenere questi implicabili nemici. Poi però Sansone si dimenticò di Dio e fu tradito da una filistea chiamata Dalila. Costei tanto fece (Gdc 16:6-16) che, saputo che il segreto della prodigiosa forza di Sansone stava nei suoi capelli (16:17), gli fece tagliare i capelli (16:19) e lo consegnò legato ai filistei (16:20,21), di cui divenne il ludibrio. Per onta, i filistei gli cavarono gli occhi e lo costrinsero a far girare la macina di un mulino come fosse un giumento (16:21). Ecco cosa diventava un uomo abbandonato dal Signore. Il tempio dell’idolo Dagon, alla cui festa era stato condotto anche Sansone (16:23) per fare da gioco ai ragazzini (16:25,26), crollò quando all’improvviso Sansone ne scosse le colonne (16:29,30). Precipitando, il tempio schiacciò lui con tremila filistei (16:27). Sansone morì (16:30), ma non salvò il popolo di Israele. Espiò la sua colpa, ma la sua infedeltà a Dio fu la causa per cui i suoi tentativi di liberare Israele furono vani.

 

   Quanti furono i Giudici in Israele? La risposta non è così scontata. Nel contare i Giudici, il numero può variare. Dipende da chi conta. Alcuni studiosi includono Debora, ma abbiamo visto che lei era soprattutto una profetessa. Altri includono Eli e Samuele. Di questi due parleremo più avanti. In ogni modo, possiamo contarne dodici con certezza.

 

I 12 giudici di Israele (in ordine alfabetico)

Giudice

Tribù d’appartenenza

Riferimenti

Abdòn

Efraim

Gdc 12:13-15

Baràc

Neftali?

Gdc 4:1–5:31

Elòn

Zabulon

Gdc 12:11,12

Eùd

Beniamino

Gdc 3:12-30

Gedeone (Ghideòn)

Manasse

Gdc 6:1–8:35

Iaìr

Manasse

Gdc 10:3-5

Ibzàn

Zabulon?

Gdc 12:8-10

Iefte (Yftàch)

Manasse

Gdc 10:6–12:7

Otnièl

Giuda

Gdc 3:7-11

Samgàr

?

Gdc 3:31

Sansone (Shimshòn)

Dan

Gdc 13:1–16:31

Tolà

Issacar

Gdc 10:1,2

 

 

   Questo periodo della storia sacra termina con Eli e Samuele. Poi, nella storia di Israele, apparirà la monarchia.

   Eli. La Scrittura dice che Eli “era stato giudice d’Israele per quarant’anni” (1Sam 4:18). Significa questo che egli fece parte dei Giudici? Non necessariamente. Da Nee 9:27 sappiamo che i Giudici furono dei “liberatori” suscitati da Dio: “[Gli israeliti] hanno disubbidito, si sono ribellati contro di te [Dio], si sono gettati la tua legge dietro le spalle, hanno ucciso i tuoi profeti che li scongiuravano di tornare a te, e ti hanno oltraggiato gravemente. Perciò tu li hai messi in mano ai loro nemici, che li hanno oppressi; ma al tempo della loro afflizione essi hanno gridato a te, e tu li hai esauditi dal cielo; e, nella tua immensa misericordia, hai dato loro dei liberatori, che li hanno salvati dalle mani dei loro nemici” (Nee 9:26,27). E Gdc 2:16 conferma: “[Dio] fece sorgere dei giudici, che li liberavano [gli israeliti] dalle mani di quelli che li spogliavano”. Eli non liberò affatto Israele né combatté per la liberazione del popolo. Eli era sommo sacerdote (1Sam 1:9) e come tale giudicò Israele per 40 anni. Eli fu un uomo debole che non seppe governare la sua famiglia. Il periodo di Eli fu caratterizzato da aridità spirituale in Israele: “La parola del Signore era rara a quei tempi, e le visioni non erano frequenti” (1Sam 3:1). Ed ecco il rimprovero diretto che Dio fece ad Eli: “Come mai onori i tuoi figli più di me e vi ingrassate con il meglio di tutte le oblazioni d’Israele, mio popolo?” (1Sam 2:29). I suoi due figli, Ofni e Fineas, erano “uomini scellerati” (1Sam 2:12). Sacerdoti anch’essi, abusavano della loro posizione rubando parte dei sacrifici e dandosi all’immoralità sessuale (1Sam 2:22). Eli, il loro padre, si limitò a criticarli. Dio garantì allora la continuità del sacerdozio aaronnico, ma tolse alla casa di Eli l’incarico sacerdotale (1Sam 2:12-17,29-36;3:12-14). Intanto i filistei, eterni nemici di Israele, mossero guerra. Gli israeliti ebbero la peggio e lasciarono sul campo di battaglia 34.000 morti, tra cui i due “scellerati” figli di Eli. Anche l’Arca di Dio fu presa dai filistei. “I Filistei si schierarono in battaglia di fronte a Israele; il combattimento divampò e Israele fu sconfitto dai Filistei, che uccisero sul campo di battaglia circa quattromila uomini . . . Il popolo quindi mandò gente a Silo [Gdc 21:19], e di là fu portata l’arca del patto [Dt 10:1-5)] del Signore degli eserciti, il quale sta fra i cherubini; e i due figli di Eli, Ofni e Fineas, erano là, con l’arca del patto di Dio . . .  I Filistei, dunque combatterono, Israele fu sconfitto e ciascuno fuggì verso la sua tenda. La disfatta fu enorme, e caddero fra gli Israeliti trentamila fanti. L’arca di Dio fu presa e i due figli di Eli, Ofni e Fineas, morirono” (1Sam 4:2-11, passim). “Eli aveva novantotto anni; la vista gli si era indebolita, così che non poteva vedere”; “Eli cadde dalla sua sedia all’indietro, accanto alla porta; si ruppe la nuca e morì, perché era un uomo vecchio e pesante”. – 1Sam 4:15,18.

   Samuele. Samuele cominciò a profetizzare durante la vita di Eli (1Sam 4:18;3:10-13,19-21). Anche di Samuele si dice che fu giudice: “Samuele fu giudice d’Israele per tutto il tempo della sua vita” (1Sam 7:15). Tuttavia, vale quanto già detto per Debora e per Eli. Non possiamo includerlo tra i Giudici. Egli fu un profeta, non un liberatore combattente. La Scrittura dice che Dio “diede loro [agli israeliti] dei giudici fino al profeta Samuele” (At 13:20). Ciò sembra escludere Samuele stesso. Si noti – sulla base di At – che dopo Samuele non ci furono giudici: “Allora essi chiesero un re” (At 13:21, CEI); eppure, 1Sam 8:1 dice: “Quando Samuele divenne vecchio, nominò i suoi figli giudici d’Israele”. Questo ci conferma che qui “giudici” ha il senso uomini che giudicavano (e che c’erano sempre stati in Israele), diversi dai Giudici con incarico di liberatori. In questo senso di giudice come persona giudicante – e non come Giudice liberatore – Samuele “fu giudice”.

   Non molto tempo dopo averla presa, i filistei dovettero rimandare l’Arca agli israeliti. Dio aveva abbandonato gli ebrei per la loro infedeltà e non li aveva difesi contro i filistei (cosa che il piccolo Samuele aveva profetizzato, 1Sam 3:1,11). Ora però viene il turno dei filistei: devono imparare a loro spese che l’Arca di Dio non è una specie di portafortuna. Appena portata l’Arca nel tempio del dio filisteo Dagon (1Sam 5:2), questo idolo cadde “con la faccia a terra, davanti all’arca” (v. 3). Rimessolo al suo posto (v. 3), “il giorno dopo, alzatisi di buon’ora, trovarono che Dagon era di nuovo caduto con la faccia a terra, davanti all’arca del Signore”; si noti il sarcasmo: “La testa e le due mani di Dagon erano, mozzate, sulla soglia e non gli restava più che il tronco” (v. 4). I filistei spostano in fretta l’Arca, ma non serve a nulla (vv. 7-10). Alla fine, la decisione: “’Rimandate l’arca del Dio d’Israele; torni essa al suo posto e non faccia morire noi e il nostro popolo!’ Infatti tutta la città era in preda a un terrore di morte, e la mano di Dio si faceva pesante su di essa” (v. 11). Gustosamente sarcastico il v. 12: “Quelli che non morivano erano colpiti d’emorroidi e le grida della città salivano fino al cielo”.

   Dopo di ciò, “Samuele parlò a tutta la casa d’Israele, e disse: ‘Se davvero tornate al Signore con tutto il vostro cuore, togliete di mezzo a voi gli dèi stranieri e gli idoli di Astarte, volgete risolutamente il vostro cuore verso il Signore e servite lui, lui solo. Allora egli vi libererà dalle mani dei Filistei” (1Sam 7:3). Per i suoi suggerimenti (1Sam 7:5), Israele conseguì la vittoria e i “Filistei furono umiliati e non tornarono più a invadere il territorio d’Israele; e la mano del Signore fu contro i Filistei per tutto il tempo di Samuele”. – 1Sam 7:5-14.

   Samuele lavorò assiduamente per tenere gli ebrei lontani dall’idolatria e per riconciliarli con Dio, rialzando lo spirito teocratico dovunque andasse (1Sam 7:15-17). Poi “Samuele divenne vecchio” (8:1) e gli anziani d’Israele gli chiesero un re: “Ecco tu sei ormai vecchio e i tuoi figli non seguono le tue orme; stabilisci dunque su di noi un re che ci amministri la giustizia, come lo hanno tutte le nazioni” (8:5). “A Samuele dispiacque questa frase” (v. 6). Consultato Dio, ebbe da lui questa risposta: “Da’ ascolto alla voce del popolo in tutto quello che ti dirà, poiché essi non hanno respinto te, ma me, affinché io non regni su di loro”. – 8:7.

   Il periodo dei Giudici si era chiuso, con questo commento biblico: “In quel tempo, non c’era re in Israele; ognuno faceva quello che gli pareva meglio” (Gdc 21:25). Ora il popolo reclamava un re, “come lo hanno tutte le nazioni”. Loro, popolo di Dio, volevano essere come “tutte la nazioni”.

   Fu Samuele stesso a consacrare il primo re di Israele: Shaùl, o – come compare nelle traduzioni – Saul o Saulo. “Samuele prese un vasetto d’olio, lo versò sul capo di lui, baciò Saul” (1Sam 10:1). Per Israele iniziava la monarchia. La vita di Samuele s’intreccia ora con quella del primo re d’Israele e con quella del suo successore: il re Davìd, Davide.

   Infine “Samuele morì e tutto Israele si radunò e ne fece cordoglio”. – 1Sam 25:1.