Abbinato al nome di Yeshùa le traduzioni della Bibbia riportano un altro nome, o meglio un soprannome, un epìteto: “Cristo”: “Gesù chiamato Cristo”. – Mt 1:16, C.E.I., PdS.
Cristo è l’italianizzazione del greco christòs (χριστός), un aggettivo derivato dal verbo greco chrìo (χρίω), che significa “ungere”. Sebbene “Cristo” venga scritto in maiuscolo nelle diverse lingue, nel greco è in effetti un semplice aggettivo e significa “unto”. Christòs (unto) è a sua volta la traduzione greca dell’ebraico mashìakh (משיח) – da cui l’italiano messia – che significa, appunto, “unto”. Tale aggettivo (“unto”) designava la persona che veniva letteralmente unta con olio allorché era consacrata. Ad esempio, riguardo alla consacrazione di ogni sacerdote è prescritto: “Prenderai l’olio dell’unzione, glielo spanderai sul capo e l’ungerai” (Es 29:7). Chi era stato consacrato (versandogli olio sul capo) era dunque un unto: “Il sacerdote, l’unto [mashìakh, משיח – messia]” (Lv 4:5, TNM). Yeshùa, che è “sacerdote in eterno” (Eb 7:21), è dunque il mashìakh, il messia, il christòs, il cristo, l’unto per eccellenza. L’espressione biblica Iesùs ho christòs (Ἰησοῦς ὁ χριστός) significa dunque “Yeshùa l’unto” e potrebbe essere tradotta, nel nostro linguaggio, “Yeshùa il consacrato”.
Usando la parola “Cristo” si commette lo stesso errore che si commette usando “Gesù”: si fa la traduzione di una traduzione, traslitterando. Quanti infatti sanno che christòs è la traduzione greca dell’ebraico mashìakh (משיח)? Quanti sanno che “Cristo” e “Messia” sono la stessa cosa? Se pochi lo sanno, ancor meno sanno che sia “cristo” che “messia” significano unto, ovvero consacrato.
Usando i nomi appropriati – quelli biblici – si inizia già a delineare la vera identità di quello straordinario uomo giudeo che fu Yeshùa. Yeshùa il consacrato.
Per quanto concerne l’uso della parola “cristiano” si veda il prossimo studio.