Il racconto di Mr, più vivo e riecheggiante probabilmente la predicazione di Pietro (il testimone oculare), sta alla base degli altri due evangelisti (Matteo e Luca).

   Dopo una giornata di faticosa predicazione, Yeshùa vuole andare all’altra riva (forse per sottrarsi alla folla), per cui lo prendono a bordo sulla barca “così com’era” (Mr 4:36), vale a dire non attrezzato per quel viaggio da lui deciso all’improvviso. Altre barche lo seguono: per stare con lui?, per tornare all’altra riva da cui erano venuti?, per andare a pescare? Fatto sta che delle altre barche nulla più si dice in seguito. Yeshùa, stanco, si addormenta, poggiando il capo su un “guanciale”, “a poppa” (v. 38). Il vento improvviso è una caratteristica del lago di Tiberiade, che giace a 208 m sotto il livello del mare Mediterraneo, circondato da colline in modo tale che il vento può raggiungerlo solo da nord (da dove il fiume Giordano s’immette nel lago) o da sud (da cui il Giordano esce). Essendo la fossa giordanica il luogo più caldo della Palestina, talvolta masse d’aria vi si precipitano sconvolgendo il lago in pochi istanti. Luca dice che “si abbatté sul lago un turbine di vento” (8:23). Talora capita che il lago sia per metà in tempesta e per metà tranquillo. Oggi i battelli a motore fanno una deviazione verso nord o verso sud per non essere presi di fianco. È quindi ben comprensibile la situazione pericolosa di una semplice barca a remi sovraccarica di persone.

   Gli apostoli, impauriti, svegliano Yeshùa e con la fatalità dei marinai gli dicono: “Maestro, non t’importa che noi moriamo?” (v. 38). Non chiedono aiuto; pensano che anche Yeshùa non possa fare molto; credono ormai di essere destinati al naufragio. Ma Yeshùa, appena destato (si noti la saldezza dei suoi nervi: può dormire in mezzo a tanto caos), ordina al vento di cessare e sgrida le onde che immediatamente si acquietano. Qui c’è un errore della Volgata. Il greco ha semplicemente: “Egli, svegliatosi, sgridò il vento e disse al mare […] (v. 39). Ma la Volgata, errando, ha: “Et exsurgens […]” (“E alzatosi in piedi […]”). Per di più, sarebbe stato ben difficile stare in piedi su una barca squassata dal vento turbinante. Yeshùa dormiva, e poteva dormire serenamente per la sua fiducia in Dio:

“Quando ti coricherai non avrai paura;

starai a letto e il tuo sonno sarà dolce”. – Pr 3:24.

“In pace mi coricherò e in pace dormirò,

perché tu solo, o Signore, mi fai abitare al sicuro”. –  Sl 4:8.

“Sarai fiducioso perché avrai speranza;

ti guarderai bene attorno e ti coricherai sicuro”. –  Gb 11:18.

   Il mare per gli ebrei era sede di un potere anti-divino, tratto dal caos primordiale che di tanto in tanto cercava di riavere il sopravvento. Dio può dominare il suo avversario che scomparirà definitivamente solo nella nuova terra: “Vidi un nuovo cielo e una nuova terra, poiché il primo cielo e la prima terra erano scomparsi, e il mare non c’era più” (Ap 21:1). Gli altri malanni (malattie, natura, morte) sono nella Bibbia al comando di Dio e obbediscono alle preghiere dei servitori di Dio, ma gli elementi primordiali (mare, vento, nubi, fulmini) possono essere controllati solo da Dio: “Tu, con la tua forza, dividesti il mare, spezzasti la testa ai mostri marini sulle acque, spezzasti la testa al leviatano, lo desti in pasto al popolo del deserto” (Sl 74:13,14); “Tu domi l’orgoglio del mare; quando le sue onde s’innalzano, tu le plachi”, “I cieli son tuoi, tua pure è la terra” (Sl 89:9,11); “Fa dei venti i suoi messaggeri, delle fiamme di fuoco i suoi ministri. Egli ha fondato la terra sulle sue basi: essa non vacillerà mai. Tu l’avevi coperta dell’oceano come d’una veste, le acque si erano fermate sui monti. Alla tua minaccia esse si ritirarono, al fragore del tuo tuono fuggirono spaventate, scavalcarono i monti, discesero per le vallate fino al luogo che tu avevi fissato per loro” (Sl 104:4-8); “Chi chiuse con porte il mare balzante fuori dal grembo materno, quando gli diedi le nubi come rivestimento e per fasce l’oscurità, quando gli tracciai dei confini, gli misi sbarre e porte? Allora gli dissi: ‘Fin qui tu verrai, e non oltre; qui si fermerà l’orgoglio dei tuoi flutti’” (Gb 38:8-11); “Io ho posto la sabbia come limite al mare, barriera eterna, che esso non oltrepasserà mai. I suoi flutti si agitano, ma sono impotenti; muggono, ma non la sormontano” (Ger 5:22); “Così parla il Signore, che ha dato il sole come luce del giorno e le leggi alla luna e alle stelle perché siano luce alla notte; che solleva il mare in modo che ne mugghiano le onde” (Ger 31:35). Mosè divide il mare con il bastone per ordine di Dio. Giosuè arresta le acque del Giordano mediante l’arca, simbolo della potenza divina. Eliseo fa lo stesso utilizzando il mantello di Elia avuto per volere divino. Attraverso questi tre mezzi era pur sempre Dio ad operare. Ma qui, Yeshùa, con un semplice comando arresta tempesta e marosi, dimostrando che in lui dimorava la potenza divina. Da qui il “terrore” che prese gli apostoli alla presenza invisibile della potenza divina operante in Yeshùa: “Essi furono presi da gran timore e si dicevano gli uni gli altri: ‘Chi è dunque costui, al quale persino il vento e il mare ubbidiscono?’” (Mr 4:41). Altro che il “timore insolito” di TNM! Il greco ha ἐφοβήθησαν φόβον μέγαν  (efobèthesan fòbon mègan), letteralmente: “Furono terrorizzati da un terrore grande”.

   Marco – e prima di lui gli stessi terrorizzati compagni di barca di Yeshùa – videro all’opera la potenza di Dio e l’autorità che Dio aveva dato a Yeshùa. Noi pure dovremmo tremare. E ubbidire.