Marco – che ha creato il genere letterario del Vangelo – mette il risalto, come il solito, l’incomprensione dei discepoli: “Non intendete e non capite ancora? Avete il cuore indurito?”, “Non capite ancora?” (8:17,21). Si tratta di un’ottusità lampante, anche perché Yeshùa ricorda loro le due moltiplicazioni: “’E non vi ricordate, quando ho spezzato i cinque pani per i cinquemila, quante ceste colme di pezzi avete portato via?’. Gli dissero: ‘Dodici’. ‘E quando ho spezzato i sette pani per i quattromila, quante sporte piene di pezzi avete portato via?’. Gli dissero: ‘Sette’. E disse loro: ‘Non capite ancora?’” (8:18-221). Chissà che Marco non rimarchi i due episodi proprio per mostrare l’incapacità umana di comprendere l’azione divina. Il fatto che non appaiano simboli nei due racconti marciani depone a favore della loro storicità. Il fatto che Mr abbia εὐλόγησεν (eulòghesen), “benedisse”, nella prima moltiplicazione (6:41), esattamente come nell’ultima cena (14:22), e il fatto che abbia εὐχαριστήσας (eucharistèsas), “rese grazie”, nella seconda moltiplicazione (8:6), mostra che l’evangelista non aveva in mente direttamente l’“eucaristia”: altrimenti avrebbe unificato le due lezioni. Né si può vedere nei frammenti di cibo rimasto un riferimento – come vorrebbe qualche cattolico – alle particole che rimangino dopo la messa: la Cena del Signore, infatti, è sempre a disposizione e non necessita di ostie preconfezionate. Tutto invece milita a favore di episodi storici della vita di Yeshùa; non ci sono significati simbolici misteriosi. Si tratta di fatti storici che Marco riporta fedelmente.
Per quanto riguarda Matteo, nell’atteggiamento scettico dei discepoli egli mostra il modo di pensare della comunità del suo tempo. Matteo insiste di più sul ruolo dei discepoli nell’eseguire la volontà di Yeshùa: “Ed egli disse: ‘Portatemeli qua’” (14:18). Questo passo è proprio di Mt. I discepoli ubbidiscono e gli portano i pani e i pesci. In Mt il verbo “dare” vale tanto per Yeshùa quanto per i discepoli: “Li distribuì [ἔδωκεν (èdoken), “diede”] ai discepoli, i discepoli a loro volta alle folle” (14:19, TNM); “Li distribuiva [ἐδίδου (edìdu), “dava”] ai discepoli, i discepoli a loro volta alle folle” (15:36, TNM). In Mr e Lc è solo Yeshùa che “dà”, i discepoli “presentano”: “Li dava [ἐδίδου (edìdu)] ai discepoli, affinché questi li mettessero davanti [παρατιθῶσιν (paratithòsin), “presentassero”] a loro” (Mr 6:41, TNM); “Li dava [ἐδίδου (edìdu)] ai discepoli perché li ponessero [παραθεῖναι (parathèinai), “per presentare”] davanti alla folla” (Lc 9:16, TNM). In Mt, anche nella seconda moltiplicazione i discepoli sono chiamati in causa e si sentono incapaci di agire: “Dove potremo noi trovare in un deserto tanti pani da sfamare una folla così grande?” (15:33). Qui forse c’è sì un riferimento alla Cena del Signore; Matteo, infatti, mette in secondo ordine la distribuzione dei pesci: “Quanti pani avete?” (15:34); mentre in Mr si ha: “Avevano anche pochi pesciolini; dopo aver pronunziata la benedizione su di essi, disse di distribuire anche quelli” (8:7). Anche se così fosse, è comunque davvero fuori luogo affermare – come fa il cattolico A. Heising – che Matteo voglia mettere il risalto “il ruolo di mediatori da parte degli apostoli nella celebrazione eucaristica”. Il fatto è che nella comunità dei discepoli di Yeshùa non esiste proprio alcun “sacerdote” né tanto meno alcun mediatore tra i discepoli e Yeshùa: Yeshùa è l’unico sommo sacerdote e l’unico mediatore tra gli uomini e Dio (1Tm 2:5). E poi, il riferimento alla cena del Signore è qui dubbio: si noti che Matteo, nel suo Vangelo, pur presentando Yeshùa come il nuovo Mosè, non ha richiami ai motivi delle Scritture Ebraiche della manna.
Luca, come storico, evita i doppioni. È per questo che tralascia la seconda moltiplicazione. In Lc il racconto è più stringato e sembra il resoconto oggettivo di un fatto accaduto al tempo di Yeshùa. Luca non ha interesse per i motivi delle Scritture Ebraiche. Egli riunisce insieme Mr e Mt quando crede di cogliervi qualche dato interessante. Sembra che Luca strutturi il suo racconto con la relazione eucaristica. A “l’ora si era fatta tarda” di Mr 6:35, TNM) egli sostituisce “il giorno cominciava a declinare” (9:12), il che ci fa pensare all’episodio di Emmaus: “Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino. Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista”. – Lc 24:29-31.
Presso Gv si trovano tracce della forma letteraria ricalcata sul motivo di Mosè ed Eliseo. Giovanni parla di “pani d’orzo”, ἄρτους κριθίνους (àrtus krithìnus, 6:9), come nel caso di Eliseo (2Re 4:42); i sinottici hanno invece solo àrtus (“pani”). Giovanni mette in connessione la moltiplicazione con l’attesa escatologica (ovvero che riguarda gli ultimi tempi) del messia o unto o consacrato: “Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, cominciò a dire: ‘Questi è davvero il profeta che deve venire nel mondo!’” (6:14). E ancora: “Allora gli dissero: ‘Quale segno dunque tu fai perché vediamo e possiamo crederti? Quale opera compi? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo’” (6:30,31). Il “segno” richiesto dai farisei è un miracolo simile a quello della manna: dopo aver domandato quale segno compie a dimostrazione della sua messianicità, gli suggeriscono proprio la manna, ma essi intendono che si doveva compiere ogni giorno come nel deserto, e non solo una volta come Yeshùa aveva fatto poco prima. Yeshùa spiega loro che la vera manna è lui. Non vi è qui nessun rapporto con l’eucaristia. In Gv 6:23 si dice solo: “Altre barche erano giunte nel frattempo da Tiberìade, presso il luogo dove avevano mangiato il pane dopo che il Signore aveva reso grazie [εὐχαριστήσαντος (eucharistèsantos)]”. Yeshùa stesso spiega altrove il significato di quel rendere grazie: “Padre, ti ringrazio [εὐχαριστῶ (eucharistò)] che mi hai ascoltato” (Gv 11:41). Si tratta di ringraziare Dio. Per di più, in 6:23 l’εὐχαριστήσαντος τοῦ κυρίου (eucharistèsantos tu kürìu), “dopo che il Signore aveva reso grazie”, manca in alcuni codici; in ogni caso può ritenersi un’espressione secondaria. La frase regge bene anche con solo: “Altre barche erano giunte nel frattempo da Tiberìade, presso il luogo dove avevano mangiato il pane”. L’espressione “alzati gli occhi al cielo” (che fa parte di un antico gesto eucaristico) Giovanni lo tralascia e quindi manca in questo passo. Nella prima moltiplicazione lo troviamo in Mt 14:19: “Prese i cinque pani e i due pesci e, alzati gli occhi al cielo, pronunziò la benedizione”; e anche in Mr 6:41: “Presi i cinque pani e i due pesci, levò gli occhi al cielo, pronunziò la benedizione”; e in Lc 9:16: “Prese i cinque pani e i due pesci e, levati gli occhi al cielo, li benedisse”; manca nella seconda moltiplicazione. In Giovanni il pane moltiplicato è considerato cibo materiale cui Yeshùa oppone un cibo spirituale, vale a dire il suo discorso sul pane. Tutto questo discorso sul pane spirituale è accentrato su Yeshùa e sulla sua passione. Del resto, tutto il discorso è cristocentrico: viaggio sul lago, afflusso della folla, fama di Yeshùa taumaturgo, ritiro sul monte; i discepoli stanno in secondo piano: “Gesù salì sulla montagna e là si pose a sedere con i suoi discepoli” (6:3). La descrizione giovannea è più solenne rispetto alla vivacità di Mr: “Era infatti molta la folla che andava e veniva”, “Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città cominciarono ad accorrere là a piedi e li precedettero” (Mr 6:31,33). In Gv Yeshùa si preoccupa della folla che vede dopo essere salito sul monte e che si accosta a lui: “Alzati quindi gli occhi, Gesù vide che una grande folla veniva da lui” (6:5). Yeshùa sa già cosa fare; la domanda a Filippo (“E disse a Filippo: ‘Dove possiamo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?’”, Ibidem) è retorica e vuole solo metterlo alla prova. Quando poi lo si vuol fare re, Yeshùa si ritira tutto solo: “Sapendo che stavano per venire a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sulla montagna, tutto solo” (v. 15). Giovanni sembra contrario nel vedere in questo miracolo il prodigio della manna tanto atteso dai farisei.