Come valutare le scuole di pensiero elencate nello studio precedente? Una è migliore dell’altra? Nella valutazione ci faremo guidare dal consiglio biblico di 1Ts 5:21: “Esaminate ogni cosa e tenete ciò che è buono”. – TILC.
Dalla scuola letterale, storica e grammaticale possiamo imparare che un testo biblico va preso letteralmente se esso stesso non ci dà indizi che è allegorico.
Dalla scuola allegorica e simbolica possiamo imparare che a volte c’è nel testo biblico un significato simbolico più profondo, ma che tuttavia non si deve scavare ad ogni costo per scoprire un significato che magari non c’è. Il testo biblico non va mai forzato. Applicare sempre e comunque questo metodo ci porterebbe fuori strada ma ci sono testi (come l’Apocalisse) in cui il metodo va necessariamente adottato.
Dalla scuola critica possiamo imparare a studiare più a fondo la Scrittura per scoprire come scienza e Bibbia viaggino su binari diversi. Liquidare il soprannaturale come impossibile equivale a dire che il miracolo è tale e basta: sono posizioni estremistiche. Considerare la Bibbia come qualsiasi altra opera letteraria non è la nostra posizione. Noi crediamo che “tutta la Scrittura è ispirata da Dio” (2Tm 3:16 TNM). Questa scuola però ci ricorda che la Bibbia è anche un’opera letteraria e come tale possiamo apprezzarla gustandole lo stile, la poesia, la bellezza delle sue costruzioni letterarie, le sue affascinanti esposizioni, non dimenticando però mai che essa contiene “la sapienza di Dio misteriosa e nascosta”. – 1Cor 2:7.
Dai metodi della scuola critica possiamo pure trarre spunti importanti. La critica delle forme, senza portarla all’estremo, ci aiuta ad entrare nella mentalità mediorientale e semita, così importante per capire usi e costumi dei tempi biblici, illuminando la comprensione di espressioni e gesti che non sarebbero altrimenti comprensibili a noi occidentali. La critica delle fonti ci dice come sia assurdo cercare a forza presunte fonti anteriori al testo biblico, tuttavia ci aiuta a anche a ricostruire, dove sia possibile, la nascita nel testo biblico. La critica della redazione può aiutarci a capire i motivi degli autori ovvero perché hanno scritto; è importante per noi sapere il perché del loro messaggio, accogliendolo. Il contributo di ogni scrittore biblico completa il quadro dell’intera Scrittura, lo arricchisce e lo rende pieno. Lo strutturalismo o semiotica ci aiuta a conoscere e capire gesti propri dei semiti e del loro sistema culturale, così che possiamo comprenderne il significato vero. La critica della risposta del lettore non la useremo mai per interpretare il testo biblico a modo nostro, ma ci è utilissima per meditare sulla Scrittura, domandandoci ogni volta: Cosa significa ciò per me personalmente? Come cambia la mia concezione? Che cambiamenti devo apportare alla mia vita per renderla più conforme al volere di Dio? Anziché usare il testo come pretesto per affermare le nostre convinzioni, faremo il contrario: ci lasceremo modellare dal messaggio biblico. Anziché proiettare le nostre attese sul testo, cercheremo di essere all’altezza delle attese che Dio ha.
Dalla scuola devozionale possiamo pure imparare. Non smettendo mai di considerare la Bibbia come oggetto di studio e fonte di verità, impareremo a farne anche oggetto di meditazione, cercandovi ciò che più si adatta a noi per applicarlo e rendere piena e rilevante la nostra vita, per vivere una relazione davvero intima con Dio.
Dalla scuola esistenzialista, infine, impareremo che dobbiamo accostarci al testo biblico per trarne una guida nella scelta esistenziale, per vivere una vita autentica, per ricevere continuamente aggiustamenti di rotta e rimanere sulla retta via.
Dopo queste valutazioni, che hanno messo in risalto il problema ermeneutico, rimane aperta la questione circa una corretta ermeneutica. Il difetto delle precedenti scuole è di tentare di costruire l’ermeneutica biblica come scienza a sé stante ovvero di voler stabilire le sue regole a priori. La corretta ermeneutica deve essere invece tratta dal testo biblico stesso. È esaminando la Bibbia stessa che se ne ricavano le regole d’interpretazione. Infatti, la salvezza non deriva da qualcosa che è nell’essere umano o nelle sue capacità intellettuali. La salvezza arriva all’essere umano totalmente dal di fuori: gli proviene da Dio, e la Bibbia la espone. Per recuperare il messaggio autentico che la Bibbia contiene, occorre perciò indagarla con la Bibbia stessa: capire la Bibbia con la Bibbia.
Se siamo davvero interessati a comprendere a fondo ciò che una persona importante per noi dice o ciò che un libro basilare per noi espone, dobbiamo capire come le parole sono usate dalla persona o dallo scrittore del libro e quale senso avessero per loro. Non possiamo capirle applicando il significato che hanno per altri né applicando quello che hanno o vorremmo che avessero per noi. Solo in un secondo tempo, dopo che abbiamo compreso il pensiero vero originale che loro volevano trasmetterci, possiamo interrogarci sul significato che possono avere per noi e se e come modificano il nostro pensiero e la nostra stessa vita. Per la Scrittura è la stessa cosa. Quindi, non ciò che noi vogliamo dalla Bibbia ma ciò che la Bibbia vuole da noi.
La funzione dell’ermeneutica biblica – di una corretta ermeneutica biblica – è quindi di rispondere a queste domande:
- Perché lo scrittore biblico ha scritto ciò che ha scritto? A chi scriveva? Cosa voleva dire?
- Perché ha usato proprio quell’espressione, quelle parole, quei verbi, quei tempi verbali?
- Qual è il contesto culturale e storico in cui si inquadra il testo?
- Qual è il significato inteso al suo tempo? In che modo i suoi contemporanei capivano il testo?
In tutto ciò è indispensabile non cadere nell’errore di accogliere espressioni semite e orientali di due o tremila o più anni fa con la nostra mentalità attuale e occidentale. Si tratta allora di decifrare, per così dire, un linguaggio molto diverso e molto lontano dal nostro. Il metodo di decodificazione è appunto l’ermeneutica, che deve seguire le regole bibliche e non le nostre.