Vi sono alcuni testi, pochi, che vengono citati per sostenere che la prima comunità dei discepoli di Yeshùa avrebbe osservato la domenica invece del sabato. Esaminiamoli.
Gv 20:19: “La sera di quello stesso giorno, che era il primo della settimana [la nostra domenica], mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, Gesù venne e si presentò in mezzo a loro, e disse: ‘Pace a voi!’”. Il primo giorno della settimana era per gli ebrei quello che noi chiamiamo domenica, essendo il sabato il settimo giorno (Gn 2:1-3). Ora, alcuni studiosi vedono in questo passo la prima celebrazione della resurrezione di Yeshùa. La questione decisiva, comunque, sta nella realtà dei fatti: dopo che Maria Maddalena (che aveva visto Yeshùa risorto) aveva annunciato la resurrezione ai discepoli, “essi, udito che egli viveva ed era stato visto da lei, non lo credettero” (Mr 16:11). “Dopo questo, apparve in modo diverso a due di loro che erano in cammino verso i campi; e questi andarono ad annunciarlo agli altri; ma neppure a quelli credettero” (Mr 16:12,13). I discepoli, quindi, non potevano davvero celebrare una resurrezione in cui non credevano ancora; al contrario, “erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano per timore dei Giudei” (Gv 20:19) perché avevano paura di fare la stessa fine del loro maestro.
At 20:7,8,11: “Il primo giorno della settimana, mentre eravamo riuniti per spezzare il pane, Paolo, dovendo partire il giorno seguente, parlava ai discepoli, e prolungò il discorso fino a mezzanotte. Nella sala di sopra, dov’eravamo riuniti, c’erano molte lampade . . . e dopo aver ragionato lungamente sino all’alba, [Paolo] partì”. Questo passo merita di essere esaminato molto attentamente: si faranno scoperte interessanti. Vediamole.
- L’espressione “spezzare il pane” è tipica per indicare la Cena del Signore. Va detto che gli ebrei, per dire che pranzavano, usavano l’espressione “spezzare un pane”, perché il pasto iniziava con lo spezzamento del pane. Ora, la traduzione di NR al v. 7 (“spezzare il pane”) è del tutto sbagliata. Il testo greco originale ha κλάσαι ἄρτον (klàsai àrton), letteralmente “spezzare un pane” che messo in italiano suona “spezzare del pane” ovvero un pane qualsiasi. Il greco è una lingua molto precisa e la mancanza dell’articolo determinativo davanti a “pane” indica che era un pane qualsiasi, quello appunto di una cena. Viceversa, la presenza dell’articolo (“il pane”) indicherebbe che si trattava di quel pane, quello della Cena del Signore, come in At 2:42: “Erano perseveranti nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nella comunione fraterna, nel rompere il pane [τῇ κλάσει τοῦ ἄρτου (te klàsei tu artu), “nella frazione del pane”] e nelle preghiere”. Perciò, il testo dice semplicemente che i discepoli erano “radunati per prendere un pasto” (TNM) e non per celebrare la Cena del Signore.
- Si noti poi il v. 8: “Nella sala di sopra, dov’eravamo riuniti, c’erano molte lampade”. Era notte. Il v. 7 lo conferma dicendo che Paolo “prolungò il discorso fino a mezzanotte”. Ora, per i giudei il giorno inizia con la prima oscurità dopo il tramonto (Lv 23:32), per cui “il primo giorno della settimana” (v. 7) era iniziato da poco: era quella che in occidente si dice la sera del sabato, ma per i giudei già primo giorno (nostra domenica). Alla fine, “dopo aver ragionato lungamente sino all’alba, [Paolo] partì” (v. 11). Paolo, quindi, rispettò il risposo sabatico e attese la domenica per ripartire.
Nulla quindi in questo passo sostiene la pretesa che la domenica fosse il giorno del culto. La commemorazione della morte di Yeshùa, la Cena del Signore, non era fatta di domenica, ma frequentemente e in qualsiasi giorno della settimana, come si deduce da 1Cor 11:20-22: “Quando poi vi riunite insieme, quello che fate, non è mangiare la cena del Signore; poiché, al pasto comune, ciascuno prende prima la propria cena; e mentre uno ha fame, l’altro è ubriaco. Non avete forse le vostre case per mangiare e bere?”.
1Cor 16:1,2: “Quanto poi alla colletta per i santi, come ho ordinato alle chiese di Galazia, così fate anche voi. Ogni primo giorno della settimana ciascuno di voi, a casa, metta da parte quello che potrà secondo la prosperità concessagli, affinché, quando verrò, non ci siano più collette da fare”. È davvero sorprendente come i teologi delle religioni si attacchino a tutto per sostenere le loro idee antiscritturali. Questo passo – basta leggerlo – non parla affatto di riunioni di culto fatte di domenica, ma solo dell’invito di Paolo di mettere da parte, il primo giorno della settimana (nostra domenica), a casa propria, quello che essi desideravano dare poi in offerta. Lo studioso Olshausen commenta: “Non si può concludere affatto da questo passaggio che delle collette venivano fatte la domenica nelle assemblee di chiesa; poiché l’idea è che ciascuno mette a parte, a casa, il denaro in questione”. – Citato da A. Vaucher, L’histoire du Salut, SdT, Dammarie les Lys, 1951, pag. 308.
Ap 1:10: “Fui rapito dallo Spirito nel giorno del Signore, e udii dietro a me una voce potente come il suono di una tromba”. Chi legge potrebbe domandarsi – a ragione – che c’entra mai questo passo con la pretesa di fare della domenica il giorno di culto in sostituzione del sabato biblico. Il fatto è che alcune traduzioni, rasentando il ridicolo, traducono così il versetto in questione: “Io era in ispirito nel giorno della Domenica” (Diodati). È a causa di questo madornale errore di traduzione che alcuni hanno concluso che il giorno del Signore sarebbe la domenica. Il testo biblico ha ἐν τῇ κυριακῇ ἡμέρᾳ (en te küriakè emèra), “nel giorno signorile”. La Nuova Diodati pone rimedio alla precedente traduzione di Diodati e traduce “nel giorno del Signore”.
Secondo Vollet, citato da Vaucher, Ap 1:10 “indica bene che, al tempo degli apostoli, i cristiani davano a un giorno della settimana il nome di giorno del Signore; ma questa denominazione poteva applicarsi solo al sabato”. Louis V. Mellet scrive: “Il giorno del Signore o il giorno dell’Eterno, indica qui il giorno del Sabato giudeo, che è stato per molto tempo, nella chiesa primitiva, un giorno di assemblea e di culto”. – Cfr. Alain Georges Martin, Repos, “Les cahiers de révail”, Imprimerie Sant Paul, Issy-Moulineux, France, 1970, pag. 45.
Esaminando le Scritture Greche, si nota che il primo giorno della settimana (nostra domenica) è presentato come un qualsiasi giorno feriale. – Mt 28:1; Mr 16:2,9; Lc 24:1; Gv 20:1,19.
Tutta la presunta sacralità della domenica poggia sull’idea che Yeshùa sarebbe stato resuscitato di domenica. Questa deduzione deriva da una frettolosa e superficiale lettura dei Vangeli. In verità, Yeshùa risorse di sabato. – Si veda al riguardo lo studio La morte e la resurrezione di Yeshùa nella sezione Yeshùa del menu Studi Biblici.
Come si passò, nell’osservanza sabatica, dal sabato alla domenica
La primitiva congregazione dei discepoli di Yeshùa si emarginò dal giudaismo perché questo non accolse Yeshùa come messia. Inoltre, le vicende storiche portarono gi stessi discepoli di Yeshùa a doversi distinguere dai giudei perché l’Impero Romano aumentò la sua pressione sui giudei, specialmente dopo la ribellione dei giudei nel 68, che causo prima l’assedio romano a Gerusalemme e poi la sua distruzione nel 70. Lo studioso Paul Nouan cita: “Nel mondo giudaico dopo il 135 d.C. avvennero cambiamenti radicali. In quell’anno l’imperatore romano Adriano pose fine alla seconda rivolta giudaica di Barkokeba (132-135). Gerusalemme divenne una colonia romana dalla quale Giudei e Giudeo-Cristiani erano esclusi. In questo periodo Adriano proibì la pratica della religione giudaica in tutto l’impero, condannando in particolare l’osservanza del Sabato. Questa politica repressiva antigiudaica incoraggiò la produzione di una letteratura cristiana antigiudaica – Adversus Judaeos – che propugnava separazione e disprezzo per i Giudei. Caratteristiche tradizioni giudaiche come la circoncisione e l’osservanza del Sabato furono particolarmente condannate. Ci sono indicazioni circostanziali ma decisive, le quali suggeriscono che l’osservanza della Domenica fu introdotta in questo periodo in relazione con la Pasqua domenicale, come un tentativo di chiarire alle autorità romane la distinzione fra cristianesimo e giudaismo”. – Cfr. William Oscar-Emil Desterley, Preface du livre le Sabbat, Paris, 1935, pagg. 45,46.
Si noti che tutto ciò accadeva nel secondo secolo, definito da diversi studiosi “il secolo buio” perché in esso divampò l’apostasia nella primitiva congregazione dei discepoli di Yeshùa: la genuina dottrina biblica fu fagocitata da dottrine pagane, dando inizio alla cristianità.
Tra il secondo e il terzo secolo ci fu la famosa controversia pasquale che separò ulteriormente i cosiddetti cristiani dai giudei. Dal secondo secolo in poi i “cristiani” d’oriente festeggiarono la Pasqua il 15 di nissàn, secondo il calendario biblico, indipendentemente dal giorno della settimana in cui cadeva. I “cristiani” d’occidente la celebrarono ogni anno in giorno di domenica. Nonostante i tentativi di mettere d’accordo le due posizioni, alla fine il concilio di Nicea adottò nel 325 la domenica come giorno della celebrazione pasquale: “Tutti i fratelli in Oriente che prima celebravano la Pasqua coi Giudei, da ora in avanti la osserveranno seguendo il tempo dei Romani”. – Eusebio, Historia Ecclesiastica 1,9.
Costantino, in una sua lettera personale esorta tutti i vescovi ad accettare “la pratica che è ora seguita nella città di Roma, in Africa, in tutta Italia e in Egitto” (Eusebio, Vita di Costantino, 3,19). Il Chronicon Paschale analogamente riporta che Costantino esortò tutti i cristiani a seguire la tradizione dell’antica chiesa di Roma e di Alessandria”. – Cfr. James I. Ringgold, Law of Sunday, pa gg. 265 e 266.
Fu la preferenza data alla domenica quale giorno della celebrazione della Pasqua a favorire l’accettazione della domenica come giorno di riposo settimanale. Attraverso gli scritti dei cosiddetti padri della chiesa si vede come il cambiamento del giorno di riposo sia avvenuto gradualmente. “La data sicura di questa sostituzione non può essere precisata” (Letouzei et Ané, Dictionnaire de Théologie Catholique, Paris, 1924). “Nessun documento ci informa direttamente sull’origine della celebrazione cristiana della Domenica”. – Willy Rodorf, Le Dimanche, Les Orandi, n. 39, Le Cerf, Paris, 1965, pag .91.
Domenica: il giorno del dio sole
Con la penetrazione delle legioni romane in Medio Oriente, il culto del dio Mitra divenne molto popolare anche lì.
Mitra era un’importante divinità sia dell’induismo sia della religione persiana. Mitra era anche il nome di un dio sia ellenistico sia romano. Questa divinità fu adorata nelle religioni misteriche (1° secolo a. E. V. – 5° secolo E. V.). Il culto di Mitra si sviluppò forse a Pergamo (città ricordata in Ap 2:12); lo studioso Ulansey, invece, ritiene che si sviluppasse in Cilicia nei pressi di Tarso (la città natale di Paolo – At 9:11). Nella cultura ellenistica Mitra era confuso con il dio Elios (che in greco significa “sole”). In Mesopotamia Mitra era facilmente identificabile con Shamash, il dio del sole (in ebraico, “sole” si dice שמש, shèmesh). Aspetto interessante, solo nel mitraismo romano la domenica era il giorno sacro di Mitra. – Franz Cumont, The Mysteries of Mithra, New York, Dover, 1950, pagg. 190 e 191.
C’è una relazione tra il culto al dio Mitra e la domenica? S. Jankélévitch afferma: “Se c’è un punto nel quale la maggior parte degli storici del cristianesimo sono d’accordo, è quello dello stretto legame che esiste tra la Domenica cristiana e le concezioni astrologiche della mitologia del mazdeismo [altro nome dello zoroastrismo, religione che ebbe ampia influenza sul mitraismo]”.
Nel periodo tra il 2° e il 4° secolo, il cosiddetto cristianesimo, da perseguitato che era divenne il favorito nell’Impero Romano. Non che l’Impero si convertisse in massa, ma piuttosto fu il cristianesimo a lasciarsi assorbire. L’imperatore Costantino, facendo il doppio gioco, si presentava talora come cristiano, talora come pagano; e contribuì abbondantemente all’introduzione del paganesimo nella chiesa.
Dapprima i “cristiani” non vollero cambiare dal sabato alla domenica perché il sabato era troppo diverso dalla domenica, dedicata al dio sole. Il Concilio di Elvira (300-313) decretò allora che “si quis in ciuitate positus tres dominicas ad ecclesiam non accesserit, pauco tempore abstineatur, ut correptus esse uideatur” (“se qualcuno in città per tre domeniche non andrà in chiesa, per un po’ di tempo sia tenuto lontano, affinché vi veda che è stato disciplinato). Divenne quindi un dovere inconfondibile recarsi in chiesa ogni domenica. Ciò creava delle difficoltà per chi doveva lavorare di domenica. Di conseguenza era necessario che la domenica diventasse un giorno festivo. I romani, di solito rispettavano le feste dei popoli sottomessi, e così era accaduto per il sabato ebraico, ma i “cristiani” non erano un popolo, perché alla loro religione non era legata a un popolo specifico. A rendere festiva la domenica pensò l’imperatore Costantino.
Con un decreto del 321 (conservato nel Codex Iustinianus), Costantino vietò l’osservanza del sabato: tutto ciò che i “cristiani” facevano in giorno di sabato, dovette essere fatto di domenica. L’Encyclopedia Britannica cita: “Nel venerabile giorno del sole riposino i magistrati e il popolo abitanti nelle città e si chiudano tutte le botteghe. Nella campagna però i lavoratori della terra potranno liberamente e legalmente continuare il lavoro, visto che, come spesso accade, un altro giorno non è sempre propizio per la semina o per la coltura della vite e che, negligendo questi lavori a tempo opportuno, ne può derivare una perdita dei beni largiti dalla Divinità”. – Nona edizione, voce “Sunday”.
La chiesa e lo stato imposero così il cambiamento del giorno di riposo dal sabato alla domenica. “Nel 386, sotto Graziano, Valentiniano e Teodosio, fu decretata la sospensione di qualsiasi lite e affare alla domenica . . . fra le dottrine contenute in una lettera scritta da papa Innocenzo nell’ultimo anno del suo pontificato (416), vi è l’ingiunzione di fare del sabato un giorno di digiuno . . . Nel 425, sotto Teodosio il giovane, fu imposta l’astensione dagli spettacoli teatrali e dall’arena la domenica. Nel 538, a un concilio tenuto a Orleans . . . i lavori d’aratura, di manutenzione dei vigneti, la falciatura, la mietitura, la trebbiatura, la coltivazione, vennero vietate in quel giorno [domenica], affinché la gente potesse più agevolmente andare in chiesa. Verso l’anno 590, il papa Gregorio denunciava, in una lettera ai fedeli di Roma, quali profeti dell’Anticristo coloro che mantenevano l’idea che non si dovesse fare alcun lavoro nel settimo giorno”. – William Frederck, Three Prophetic Days, pagg. 169, 170, in A.Vauicher, Le jour Seigneurial, 1970, pagg. 27 e 28.
La chiesa, invece di invitare i pagani a osservare il sabato, osservò e impose il culto del giorno del dio sole, la domenica, ai “cristiani”. “I gentili, essendo idolatri, adoravano il sole, e la Domenica era il loro giorno più sacro. Per raggiungere queste persone in questa nuova sfera, sembrò loro naturale e anche necessario fare della Domenica un giorno di riposo della Chiesa. Bisognava in quel momento che la chiesa adottasse il giorno dei gentili o meglio che i gentili cambiassero il loro giorno. Cambiare il giorno dei gentili sarebbe stato per loro un oltraggio e una pietra d’intoppo. Era più facile per la chiesa raggiungerli osservando il loro giorno”. – William Frederck, Ibidem.
Non ci sono dubbi che la domenica sia un retaggio dell’antico paganesimo. Tracce del culto del dio Sole sono rimaste nelle lingue germaniche, in cui la parola “domenica” significa appunto “giorno del sole”.
Domenica = “giorno del sole” nelle lingue germaniche |
|
Parola |
Lingua |
Sonntag |
Tedesco |
Sunday |
Inglese |
Zondag |
Olandese |
Sondag |
Afrikaans |
Søndag |
Danese |
Søndag |
Norvegese |
Söndag |
Svedese |
Sunnudagur |
Islandese |
Sunnuntai |
Finlandese |