Coloro che contro le evidenze bibliche sostengono che Yeshùa avrebbe abolito i Comandamenti e la Legge di Dio, dicono che la Legge sarebbe stata abrogata del tutto durante la Pentecoste dell’anno in cui morì Yeshùa. Così capita di leggere anche questo: “Quel patto ‘antiquato’, o sorpassato, cessò di esistere cinquanta giorni dopo la risurrezione del Mediatore del nuovo patto. Questo avvenne il giorno di Pentecoste. La mattina di quel giorno cominciò ad adempiersi l’antìtipo della Festa ebraica della Raccolta. In che modo? Ebbene, 120 fedeli discepoli del Mediatore del nuovo patto si radunarono in una camera superiore a Gerusalemme e ricevettero il promesso spirito santo, in adempimento della profezia di Gioele 2:28-32. Ciò confermò l’entrata in vigore del nuovo patto, fornendone un’udibile e visibile prova a tutti gli osservatori”. – Sicurezza mondiale sotto il “Principe della pace”, cap. 12, pag. 102.
Intanto, appare in sé oltremodo curioso che proprio “quando il giorno della Pentecoste giunse” e “tutti erano insieme nello stesso luogo” (At 2:1), riuniti proprio per osservare una delle Festività di Dio comandate nella sua Legge (Es 34:22), proprio in quella occasione Dio avrebbe fatto cessare la sua Legge. Il racconto di At non dice alcunché di simile, neppure lontanamente. L’affermazione che la Legge “cessò di esistere” (Ibidem) viene fatta, come si legge nella citazione, sulla base di una deduzione. Se tale deduzione è errata, ne consegue quindi che non è vero che la Legge “cessò di esistere”. Esaminiamo allora questa presunta deduzione.
Viene detto che “120 fedeli discepoli del Mediatore del nuovo patto si radunarono in una camera superiore a Gerusalemme e ricevettero il promesso spirito santo, in adempimento della profezia di Gioele 2:28-32”. Vero. Viene anche detto che “ciò confermò l’entrata in vigore del nuovo patto”. Vero anche questo. Però la deduzione: nuovo patto = ‘patto ‘antiquato’ o sorpassato cessò di esistere” (Ibidem), è del tutto arbitraria e strumentale ad una credenza che è solo religiosa e non biblica.
Vediamo ogni cosa con la Bibbia. Pietro, per spiegare l’azione miracolosa che stata avvenendo per opera dello spirito santo di Dio, inizia così: “Uomini di Giudea, e voi tutti che abitate in Gerusalemme, vi sia noto questo, e ascoltate attentamente le mie parole” (At 2.14). Lui si rivolge a giudei e gerosolimitani, osservanti della Legge, che erano lì proprio per osservare – come lui e gli altri discepoli di Yeshùa – un comando della Legge, quello di festeggiare la Festa della Raccolta o Pentecoste. Pietro poi spiega che quanto accadeva “fu annunciato per mezzo del profeta Gioele” (v. 16). E cita il passo:
“’Avverrà negli ultimi giorni’, dice Dio, ‘che io spanderò il mio Spirito sopra ogni persona;
i vostri figli e le vostre figlie profetizzeranno,
i vostri giovani avranno delle visioni,
e i vostri vecchi sogneranno dei sogni.
Anche sui miei servi e sulle mie serve,
in quei giorni, spanderò il mio Spirito, e profetizzeranno.
Farò prodigi su nel cielo, e segni giù sulla terra,
sangue e fuoco, e vapore di fumo.
Il sole sarà mutato in tenebre, la luna in sangue,
prima che venga il grande e glorioso giorno del Signore.
E avverrà che chiunque avrà invocato il nome del Signore sarà salvato’”. – At 2:17-21; cfr. Gle 2:28-32.
Alla fine del suo intervento, Pietro conclude: “Sappia dunque con certezza tutta la casa d’Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso” (v. 36). Ancora una volta si rivolge a persone osservanti della Legge. Costoro, “compunti nel cuore”, rivolgono una sincera domanda “a Pietro e agli altri apostoli: ‘Fratelli, che dobbiamo fare?’” (v. 37). Pietro non dice loro di smettere di osservare la Legge, ma: “Ravvedetevi e ciascuno di voi sia battezzato nel nome di Gesù Cristo, per il perdono dei vostri peccati” (v. 38). Aspetto molto notevole, aggiunge una motivazione: “Perché per voi è la promessa, per i vostri figli, e per tutti quelli che sono lontani, per quanti il Signore, nostro Dio, ne chiamerà” (v. 39). “Quelli che accettarono la sua parola furono battezzati” (v. 41). Ora si noti il loro comportamento dopo l’accettazione di Yeshùa come messia d’Israele: “Ogni giorno andavano assidui e concordi al tempio” (v. 46). Se prima erano osservanti, ora lo erano ancora di più. Si noti anche che godevano “il favore di tutto il popolo” (v. 47). Così non sarebbe stato se avessero proclamato l’abolizione della Legge.
Ma in cosa consisteva questo “nuovo patto”? Lo aveva già profetizzato Ger 31:31-33:
“’Ecco, i giorni vengono’, dice il Signore,
‘in cui io farò un nuovo patto
con la casa d’Israele e con la casa di Giuda;
non come il patto che feci con i loro padri
il giorno che li presi per mano
per condurli fuori dal paese d’Egitto:
patto che essi violarono,
sebbene io fossi loro signore’, dice il Signore;
‘ma questo è il patto che farò con la casa d’Israele,
dopo quei giorni’, dice il Signore:
‘io metterò la mia legge nell’intimo loro,
la scriverò sul loro cuore,
e io sarò loro Dio,
ed essi saranno mio popolo’”.
Il “nuovo patto” non è altro che un modo nuovo di osservare la Legge di Dio. Dal legalismo si passava all’osservanza sincera, con la Legge impressa nell’intimo delle persone. Paolo spiega: “Egli ci ha anche resi idonei a essere ministri di un nuovo patto, non di lettera, ma di Spirito; perché la lettera uccide, ma lo Spirito vivifica”. – 2Cor 3:6.
Nella lettera agli ebrei si richiama la profezia di Ger 31:33 “Questo è il patto che farò con la casa d’Israele” (Eb 8:10). Si noti che il nuovo patto è fatto tra Dio e “la casa d’Israele”. Da chi è composta esattamente la “casa di’Israele”? Certamente dagli israeliti rimasti fedeli a Dio e che hanno accettato Yeshùa come messia ma anche da altre persone che erano estranee a Israele e che ora venivano a farne parte. A costoro la lettera agli ebrei dice più avanti: “Voi vi siete invece avvicinati al monte Sion, alla città del Dio vivente, la Gerusalemme celeste, alla festante riunione delle miriadi angeliche, all’assemblea dei primogeniti che sono scritti nei cieli, a Dio, il giudice di tutti, agli spiriti dei giusti resi perfetti, a Gesù, il mediatore del nuovo patto” (Eb 12:22-24). Si tratta di coloro che entrano a far parte dell’”Israele di Dio” (Gal 6:16). Paolo spiega: “Siete tutti figli di Dio per la fede in Cristo Gesù. Infatti voi tutti che siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo. Non c’è qui né Giudeo né Greco; non c’è né schiavo né libero; non c’è né maschio né femmina; perché voi tutti siete uno in Cristo Gesù. Se siete di Cristo, siete dunque discendenza d’Abraamo, eredi secondo la promessa”. – Gal 3:26-29; cfr. Rm 2:28,29.
Il nuovo patto vincola quindi l’”Israele di Dio” a Dio stesso, e tale nuovo patto consiste nell’aver scritto nella mente e nel cuore la Legge di Dio. In pratica, cambia il come ma non il cosa.
Il nuovo patto fu possibile grazie al sangue sparso con il sacrificio della vita umana di Yeshùa (Mt 26:28). Dio è colui che chiama quelli che sono suoi (Eb 3:1). I chiamati sono allora introdotti nel suo nuovo patto basato sul sacrificio di Yeshùa (Sl 50:5; Eb 9:14,15) che di questo nuovo patto è il mediatore (Eb 8:6;9:15), oltre a essere il principale seme di Abraamo (Gal 3:16). Quale mediatore del nuovo patto, Yeshùa viene in aiuto a quelli che ne fanno parte perché siano realmente seme di Abraamo (Eb 2:16; Gal 3:29); per questo Dio perdona i loro peccati e li dichiara giusti. – Rm 5:1,2;8:33; Eb 10:16,17.
Il nuovo patto non comporta quindi l’abolizione della Legge di Dio ma, al contrario, la sua interiorizzazione nelle menti e nei cuori dei credenti. Lo scopo del nuovo patto è proprio questo; esso conferma la Legge di Dio.
“Questo è il patto che farò con la casa d’Israele, dopo quei giorni’, dice il Signore: ‘io metterò la mia legge nell’intimo loro, la scriverò sul loro cuore, e io sarò loro Dio, ed essi saranno mio popolo’”. – Ger 31:33. |
Il “difetto” del vecchio patto
“Se quel primo patto fosse stato senza difetto, non vi sarebbe stato bisogno di sostituirlo con un secondo” (Eb 8:7). Non abbiamo bisogno di far volare religiosamente la fantasia per capire in cosa consista il “difetto” del vecchio patto. Subito dopo questa dichiarazione viene spiegato dalla Bibbia stessa: “Infatti Dio, biasimando il popolo, dice” (v. 8). Viene poi citata la profezia di Ger 31 che annunciava il nuovo patto. Si noti che l’autore ispirato di Eb spiega la difettosità del vecchio patto attribuendola al popolo: “Poiché egli ha di che rimproverare il popolo”. – Eb 8:7, TNM.
Dio biasima il popolo, non la sua santa Legge. La Toràh o Insegnamento di Dio (la Legge) non è messa in discussione. È il popolo che costituiva il difetto della Legge di Dio, di cui Paolo dice: “La legge è santa”. – Rm 7:12.
È il caso di apprezzare meglio ciò che la Bibbia dice precisamente, leggendolo nel suo testo originale:
εἰ γὰρ ἡ πρώτη ἐκείνη ἦν ἄμεμπτος, οὐκ ἂν δευτέρας ἐζητεῖτο τόπος
ei gar e pròte ekèine en àmemptos, ùk an deutèras ecsetèito tòpos
se infatti la prima quella fosse stata perfetta, non per una seconda si sarebbe cercato posto
– Eb 8:7.
Qui l’agiografo parla della διαθήκη (diathèke), l’”alleanza” o patto. Si noti che dice chiaramente che se il vecchio patto, l’alleanza, “fosse stata perfetta, non per una seconda si sarebbe cercato posto”. Il contenuto dell’alleanza o patto non è messo in discussione ma lo è la sua perfezione o, meglio, la sua irreprensibilità, perché l’aggettivo greco ἄμεμπτος (àmemptos) significa “irreprensibile”. Qui occorre quindi capire bene cosa si rimproverava alla Legge. Giacomo definisce la Legge di Dio “legge perfetta” (Gc 1:25), per cui non aveva imperfezioni. Il “difetto” della Legge era proprio la sua perfezione: gli esseri umani erano incapaci di osservarla.
Il suo non essere “irreprensibile” va quindi ricercato altrove. Paolo spiega:
“Noi certo sappiamo che la Legge è spirituale. Ma io sono un essere debole, schiavo del peccato. Difatti non riesco nemmeno a capire quel che faccio: non faccio quel che voglio, ma quel che odio. Però se faccio quel che non voglio, riconosco che la Legge è buona. Allora non sono più io che agisco, è invece il peccato che abita in me. So infatti che in me, in quanto uomo peccatore, non abita il bene. In me c’è il desiderio del bene, ma non c’è la capacità di compierlo. Infatti io non compio il bene che voglio, ma faccio il male che non voglio. Ora, se faccio quel che non voglio, non sono più io ad agire, ma il peccato che è in me. Io scopro allora questa contraddizione: ogni volta che voglio fare il bene, trovo in me soltanto la capacità di fare il male. Nel mio intimo io sono d’accordo con la legge di Dio, ma vedo in me un’altra Legge: quella che contrasta fortemente la Legge che la mia mente approva, e che mi rende schiavo della legge del peccato che abita in me. Eccomi dunque, con la mente, pronto a servire la legge di Dio, mentre, di fatto, servo la legge del peccato. Me infelice! La mia condizione di uomo peccatore mi trascina verso la morte: chi mi libererà? Rendo grazie a Dio che mi libera per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore”. – Rm 7:14-25, PdS.
Paolo descrive molto bene l’esperienza dell’essere umano che riconosce la bontà della Legge di Dio e vorrebbe ubbidirvi, essendone convinto; ma sa che umanamente non ce la fa. Perché “la Legge è spirituale” ma l’essere umano è “carnale, venduto sotto il peccato” (Rm 7:14, TNM). È qui che si rivela il “difetto” per cui Dio biasimava il popolo (e non la Legge). Il “difetto”, la debolezza della Legge, era quindi l’“impossibilità da parte della Legge, in quanto era debole a causa della carne”. – Rm 8:3, TNM.
Paolo ringrazia Dio che lo libera dall’incapacità di ubbidire alla sua Legge. È nell’iniziativa di Dio che si rivela l’efficacia del nuovo patto.
“Vi darò un cuore nuovo e metterò dentro di voi uno spirito nuovo; toglierò dal vostro corpo il cuore di pietra, e vi darò un cuore di carne. Metterò dentro di voi il mio Spirito e farò in modo che camminerete secondo le mie leggi, e osserverete e metterete in pratica le mie prescrizioni”. – Ez 36:26,27.
La Legge di Dio non cambia e rimane valida. Il fatto che la Legge di Dio sia perfetta (Gc 1:25) e che gli esseri umani non lo siano (Rm 7:14), non deve far pensare frettolosamente che Dio abbia per così dire alleggerito la sua santa Legge o l’abbia addirittura abrogata per venire incontro all’incapacità umana. Dio non agisce così, allentando le sue norme (Is 6:3). Dio odia il peccato (Ab 1:13), e “il peccato è la violazione della legge” (1Gv 3:4). Anziché abbassare le sue norme, Dio innalza l’essere umano rendendolo capace di ubbidirgli. Yeshùa disse: “Voi dovete dunque essere perfetti, come è perfetto il vostro Padre celeste”. – Mt 5:48, TNM.
“Rivolgere la mente alla carne significa inimicizia con Dio, poiché non è sottoposta alla legge di Dio . . . Comunque, voi non siete in armonia con la carne, ma con lo spirito”. – Rm 8:7,9, TNM.
Il nuovo patto non fa che confermare la Legge. La differenza è che ora, con il nuovo patto, i credenti che costituiscono l’”Israele di Dio” possono ubbidire alla Legge santa di Dio perché hanno in loro il suo spirito e la Legge scritta nel loro cuore.