Circa la festa dei Pani Azzimi, Dio aveva prescritto: “Porterete al sacerdote un fascio di spighe, come primizia della vostra raccolta; il sacerdote agiterà il fascio di spighe davanti al Signore, perché sia gradito per il vostro bene; l’agiterà il giorno dopo il sabato” (Lv 23:10,11). Questo evento consisteva nell’agitazione dei covoni costituiti da fasci di spighe d’orzo, che era il primo raccolto dell’anno ovvero la prima delle primizie della terra. C’è qui un grande significato che sfugge a molti che non conoscono a fondo la Scrittura, compresi molti studiosi ed esegeti.
L’offerta del covone richiedeva che né pane, né grano arrostito o fresco, si potesse consumare fino a quando l’offerta non fosse fatta: “Non mangerete pane, né grano arrostito, né spighe fresche, fino a quel giorno, fino a che abbiate portato l’offerta al vostro Dio. È una legge perenne, di generazione in generazione, in tutti i luoghi dove abiterete” (Lv 23:14). Prima che il covone fosse offerto, si mangiava del vecchio raccolto. Il nuovo raccolto fu consumato quando il popolo di Dio entrò nella Terra Promessa: “L’indomani della Pasqua, in quello stesso giorno, mangiarono i prodotti del paese: pani azzimi e grano arrostito. E la manna cessò l’indomani del giorno in cui mangiarono i prodotti del paese; e i figli d’Israele non ebbero più manna, ma mangiarono, quell’anno stesso, il frutto del paese di Canaan”. – Gs 5:11,12.
L’agitazione rituale. I covoni erano costituiti da spighe verdi d’orzo offerte. Il mese in cui cadevano la Pasqua e la festa abbinata dei Pani Azzimi, era chiamato nissàn dopo l’esilio babilonese (Nee 2:1; Est 3:7), ma il suo nome originale era abìb (Es 13:4; Nm 33:3). Il nome avìb (אָבִיב) significa proprio spighe verdi. Sebbene offerte a Gerusalemme, queste spighe non erano necessariamente raccolte a Gerusalemme. Il raccolto dell’orzo avveniva tre settimane prima al sud, nelle pianure della costa e nell’attuale pianura della Transgiordania. L’intera raccolta è di colore bianco quando è pienamente matura ed è cosa diversa dalle primizie dei covoni.
Ovviamente, oggi non raccogliamo più le primizie della terra per portarle a un sacerdote. Il sacerdozio levitico non esiste più. Con il “nuovo patto”, che consiste nell’avere la Legge di Dio scritta nelle menti e nei cuori (At 2:17-21; cfr. Gle 2:28-32), c’è una maniera nuova per il culto, “poiché, cambiato il sacerdozio, avviene necessariamente anche un cambiamento di legge” (Eb 7:12). Per i dettagli si veda lo studio Le norme cerimoniali della Bibbia in questa stessa categoria La Toràh. Oggi, sotto il sacerdozio spirituale di Yeshùa, “sacerdote in eterno, secondo l’ordine di Melchisedec” (Sl 110:4; cfr. Eb 7:11), il nostro culto è “in spirito e verità”, e “il Padre cerca tali adoratori”. – Gv 4:23.
Nell’offerta dei covoni c’era comunque un aspetto tipico o prefigurativo di notevolissima importanza. Si noti quando doveva avvenire l’offerta: “Il giorno dopo il sabato” (Lv 23:11). Durando la Festa dei pani Azzimi sette giorni (Es 12:15), un sabato era necessariamente compreso in quei sette giorni. Il giorno dopo quel sabato, corrispondente alla nostra domenica, doveva avvenire l’offerta dei covoni. Cerchiamo ora il profondo significato di quell’evento.
Parlando di Yeshùa, Paolo afferma: “Cristo è stato risuscitato dai morti, primizia di quelli che sono morti” (1Cor 15:20). È particolarmente importante scoprire in quale giorno della settimana avvenne l’offerta dei covoni durante la festa dei Pani Azzimi nell’anno in cui Yeshùa fu ucciso. Nello studio La morte e la resurrezione di Yeshùa (nella sezione Yeshùa) è dimostrato che Yeshùa morì di mercoledì e rimase esattamente tre notti e tre giorni nella tomba (come aveva annunciato) e fu risuscitato di sabato al tramonto. Infatti, la domenica mattina prestissimo, quando era ancora buio, la sua tomba fu trovata vuota (Gv 20:1). Quando poi, quella stessa domenica mattina, Maria Maddalena, sconsolata, si girò, vide Yeshùa resuscitato. Dopo averlo riconosciuto (Gv 20:14-16), lei, in un gesto squisitamente femminile, colma di commozione, gli si buttò addosso per abbracciarlo. Ciò lo deduciamo dalla reazione del risorto, perché “Gesù le disse: ‘Non trattenermi, perché non sono ancora salito al Padre’” (v. 17). In TNM la frase di Yeshùa è tradotta: “Smetti di stringerti a me”. Il testo biblico dice: Μή μου ἅπτου (me mu àptu), “non mi toccare”. Ora, Yeshùa motiva così la sua raccomandazione a non toccarlo: “Perché non sono ancora salito al Padre”. Però, quando “otto giorni dopo” (Gv 20:26) Yeshùa apparve ai discepoli, “disse a Tommaso: ‘Porgi qua il dito e guarda le mie mani; porgi la mano e mettila nel mio costato; e non essere incredulo’” (Gv 20:27), invitandolo a toccarlo. C’è di più. Quella stessa domenica 18 nissàn (in cui la mattina aveva impedito alla Maddalena di toccarlo), verso sera, quando apparve agli apostoli dopo essere apparso ai discepoli di Emmaus, Yeshùa invita gli apostoli a toccarlo: “Guardate le mie mani e i miei piedi, perché sono proprio io! Toccatemi e guardate” (Lc 24:39). Qualcosa doveva essere quindi successa nel corso di quella domenica.
Al mattino Yeshùa aveva setto: “Non sono ancora salito al Padre”. Yeshùa non poteva essere contaminato da nessuno che lo toccasse. Stava aspettando di presentarsi al Padre come primizia, in modo da prendere il suo posto di nostro sommo sacerdote, entrando nel Santo dei Santi del Tempio celeste, dove dimora la presenza di Dio (1Pt 3:22). “Abbiamo un sommo sacerdote tale che si è seduto alla destra del trono della Maestà nei cieli”, “Cristo, sommo sacerdote dei beni futuri, egli, attraverso un tabernacolo più grande e più perfetto, non fatto da mano d’uomo, cioè, non di questa creazione, è entrato una volta per sempre nel luogo santissimo, non con sangue di capri e di vitelli, ma con il proprio sangue. Così ci ha acquistato una redenzione eterna”. – Eb 8:1;9:11,12.
Una trattazione completa di ciò si trova al sottotitolo “L’ascensione nascosta”, nello studio Quando e da dove avvenne l’ascensione di Yeshùa? nella sezione Yeshùa.
In Lv 23:10,11 non si parla di un solo covone ma di diversi covoni. Yeshùa è la prima delle primizie. Paolo spiega: “Cristo è stato risuscitato dai morti, primizia di quelli che sono morti . . . ma ciascuno al suo turno: Cristo, la primizia; poi quelli che sono di Cristo, alla sua venuta” (1Cor 15:20-23). Yeshùa è “il primogenito tra molti fratelli”. – Rm 8:29.
Yeshùa è la prima di una serie di offerte esibite davanti a Dio, il primo frutto, simboleggiato dal primo covone offerto durante il periodo dei Pani Azzimi. Egli fu il primo di una sequenza; la raccolta dei covoni continua fino a che il tempo dei gentili sia completato e tutti i 144.000 d’Israele siano numerati.
Con l’offerta del covone inizia anche il conto alla rovescia che porta alla Pentecoste (Lv 23:15,16), ma questo sarà oggetto di un prossimo studio, intitolato La Pentecoste.
Dobbiamo tenere conto dell’offerta dei covoni per comprendere tutte le implicazioni del sacrificio di Yeshùa e i poteri assegnatigli alla sua resurrezione dalla morte. L’offerta dei covoni era un antico requisito d’Israele contenuto nella Toràh. Senza tenerne conto non è possibile conteggiare i giorni per fissare ogni anno la festa della Pentecoste.