Generalmente, le persone religiose che hanno letto qualcosa della Bibbia abbinano il lievito al peccato. Probabilmente, per sostenere questa loro idea, citerebbero 1Cor 5:6,7: “Non sapete che un po’ di lievito fa lievitare tutta la pasta? Purificatevi del vecchio lievito, per essere una nuova pasta”. – Cfr. Gal 5:9.
Nel passo appena citato, il lievito è identificato da Paolo con la malizia e la malvagità, tanto che esortando i fedeli a celebrare la festa dei Pani Azzimi, dice al v. 8: “Celebriamo dunque la festa, non con vecchio lievito, né con lievito di malizia e di malvagità, ma con gli azzimi della sincerità e della verità”.
Tuttavia, il lievito non è sempre preso nella Bibbia come simbolo di cose negative. In Mt 13:33 Yeshùa lo prende a simbolo del Regno di Dio: “Il regno dei cieli è simile al lievito che una donna prende e nasconde in tre misure di farina, finché la pasta sia tutta lievitata”.
Questi passi biblici, in cui il lievito è preso una volta come negativo e l’altra come positivo, mostrano che il lievito in sé non indica il peccato ma piuttosto che ci sono diversi tipi di lievito.
Il lievito che ci faceva sviluppare prima che avessimo fede, era lievito di malizia e di malvagità. Per la sua azione, il male fermentava. Per eliminare questo tipo di lievito, va messo da parte il peccato. In 1Cor 5:6-8 Paolo dice una cosa importante. Dice che “la nostra Pasqua, cioè Cristo, è stata immolata” (v. 7). La festa dei Pani Azzimi celebra la salvezza operata da Yeshùa che ci ha portato a uno stato azzimo di sincerità e di verità: “Celebriamo dunque la festa, non con vecchio lievito, né con lievito di malizia e di malvagità, ma con gli azzimi della sincerità e della verità” (v. 8). Ciò va tenuto in mente mentre si celebra la festa.
Eliminato il vecchio lievito, è necessaria l’azione di un nuovo lievito: lo spirito santo, che è il lievito del Regno di Dio. “Il regno dei cieli è simile al lievito che una donna prende e nasconde in tre misure di farina, finché la pasta sia tutta lievitata” (Mt 13:33). La donna rappresenta la chiesa e il lievito indica lo spirito santo. Affinché “la pasta sia tutta lievitata” ovvero l’opera finale sia compiuta, c’è una sequenza di tre fasi, indicata dalle “tre misure di farina”: da Dio l’azione passa a Yeshùa e poi agli “eletti di Dio” (Col 3:12) cui Paolo, ispirato, dice: “Dio vi ha riconciliati nel corpo della carne di lui [Yeshùa], per mezzo della sua morte, per farvi comparire davanti a sé santi, senza difetto e irreprensibili” (Col 1:22). Tutto ciò accade “affinché Dio sia tutto in tutti”. – 1Cor 15:28.
Ci si deve quindi liberare del vecchio lievito per celebrare la festa dei Pani Azzimi. Abbiamo l’obbligo di eliminare malizia e malvagità per proseguire nello sviluppo del carattere modellato nella santità e nella giustizia dallo spirito santo.
Il peccato
La definizione di peccato è data dalla Bibbia in modo chiaro: “Il peccato è la violazione della Legge [ἀνομίαν (anomìan)]” (1Gv 3:4). Non si tratta di semplice “illegalità”, come cerca di far intendere TNM che traduce: “Il peccato è illegalità”. Il vocabolo greco ἀνομία (anomìa), numero Strong G458, significa “la condizione di essere senza legge (perché la si viola)”, “disprezzo e violazione di legge” (Vocabolario del Nuovo Testamento). Se togliamo la Legge, non abbiamo più la definizione di peccato e ogni cosa diventa lecita, perché “dove non c’è la Legge, il peccato è senza vita”. – Rm 7:8, PdS.
Prima che la Legge fosse donata da Dio, il peccato era già nel mondo, ma non era preso in considerazione perché mancava la Legge. Tuttavia, gli effetti del peccato erano presenti: la morte colpiva tutti da Adamo fino a Mosè, quando fu data la Legge, anche chi non peccava trasgredendo un comandamento.
“Come per mezzo di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo, e per mezzo del peccato la morte, e così la morte è passata su tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato… Poiché, fino alla legge, il peccato era nel mondo, ma il peccato non è imputato quando non c’è legge. Eppure, la morte regnò, da Adamo fino a Mosè, anche su quelli che non avevano peccato con una trasgressione simile a quella di Adamo”. – Rm 5:12-14.
“Il salario del peccato è la morte, ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù” (Rm 6:23). Così il peccato era conosciuto fin dalla fondazione del mondo: era già la nostra inclinazione. Tuttavia, Dio aveva già in mente il suo progetto di redenzione. Con il linguaggio concreto dei semiti, Ap 13:8 parla di Yeshùa, il vero Agnello pasquale, come se fosse scannato fin dall’inizio, dicendo che “è stato ucciso fin dalla fondazione del mondo” (ND). Pietro dice che era “già designato prima della creazione del mondo” (1Pt 1:20). Allo stesso modo, gli eletti erano già preconosciuti da Dio: “Ci ha eletti prima della creazione del mondo perché fossimo santi e irreprensibili dinanzi a lui, avendoci predestinati nel suo amore a essere adottati per mezzo di Gesù Cristo come suoi figli, secondo il disegno benevolo della sua volontà” (Ef 1:4,5). “Allora il re dirà a quelli della sua destra: ‘Venite, voi, i benedetti del Padre mio; ereditate il regno che v’è stato preparato fin dalla fondazione del mondo’”. – Mt 25:34.
Dio fa concorrere tutto a favore di chi lo ama: “Noi siamo sicuri di questo: Dio fa tendere ogni cosa al bene di quelli che lo amano, perché li ha chiamati in base al suo progetto di salvezza. Da sempre li ha conosciuti e amati, e da sempre li ha destinati a essere simili al Figlio suo, così che il Figlio sia il primogenito fra molti fratelli. Ora, Dio che da sempre aveva preso per loro questa decisione, li ha anche chiamati, li ha accolti come suoi, e li ha fatti partecipare alla sua gloria”. – Rm 8:28-30, PdS.
Attraverso la Legge si diventa consapevoli del peccato. La Legge zittisce tutti, “affinché sia chiusa ogni bocca e tutto il mondo sia riconosciuto colpevole di fronte a Dio” (Rm 3:19). La Legge non causa il peccato, ma lo evidenzia. Non è togliendo la Legge che si elimina il peccato. La Legge è santa. Lo spiega, anche se in modo un po’ difficile, Paolo: “Un tempo io vivevo senza legge; ma, venuto il comandamento, il peccato prese vita e io morii; e il comandamento che avrebbe dovuto darmi vita, risultò che mi condannava a morte. Perché il peccato, còlta l’occasione per mezzo del comandamento, mi trasse in inganno e, per mezzo di esso, mi uccise. Così la legge è santa, e il comandamento è santo, giusto e buono. Ciò che è buono, diventò dunque per me morte? No di certo! È invece il peccato che mi è diventato morte, perché si rivelasse come peccato, causandomi la morte mediante ciò che è buono; affinché, per mezzo del comandamento, il peccato diventasse estremamente peccante”. – Rm 7:9-13.
La condanna per la trasgressione della Legge è stata superata grazie alla nostra giustificazione operata da Yeshùa. “Come con una sola trasgressione la condanna si è estesa a tutti gli uomini, così pure, con un solo atto di giustizia, la giustificazione che dà la vita si è estesa a tutti gli uomini” (Rm 5:18). La Legge non si oppone all’amore di Dio. E neppure alle sue promesse: “La legge è dunque contraria alle promesse di Dio? No di certo”. – Gal 3:21.
La Legge di Dio rimane valida, e chi “in essa persevera, non sarà un ascoltatore smemorato ma uno che la mette in pratica; egli sarà felice nel suo operare”. – Gc 1:25.
“Beati quelli che sono integri nelle loro vie,
che camminano secondo la legge del Signore.
Beati quelli che osservano i suoi insegnamenti,
che lo cercano con tutto il cuore
e non commettono il male,
ma camminano nelle sue vie.
Tu hai dato i tuoi precetti
perché siano osservati con cura.
Sia ferma la mia condotta
nell’osservanza dei tuoi statuti!
Non dovrò vergognarmi
quando considererò tutti i tuoi comandamenti.
Ti celebrerò con cuore retto,
imparando i tuoi giusti decreti.
Osserverò i tuoi statuti,
non abbandonarmi mai.
Come potrà il giovane render pura la sua via?
Badando a essa mediante la tua parola.
Ti ho cercato con tutto il mio cuore;
non lasciare che mi allontani dai tuoi comandamenti.
Ho conservato la tua parola nel mio cuore
per non peccare contro di te.
Tu sei benedetto, o Signore;
insegnami i tuoi statuti.
Ho enumerato con le mie labbra
tutti i giudizi della tua bocca.
Gioisco seguendo le tue testimonianze,
come se possedessi tutte le ricchezze.
Io mediterò sui tuoi precetti
e considererò i tuoi sentieri.
Mi diletterò nei tuoi statuti
e non dimenticherò la tua parola”. – Sl 119:1-16.
“Oh, quanto amo la tua legge!
È la mia meditazione di tutto il giorno.
I tuoi comandamenti mi rendono più saggio . . .
le tue testimonianze sono la mia meditazione . . .
Oh, come sono dolci le tue parole al mio palato!
Sono più dolci del miele alla mia bocca.
Mediante i tuoi precetti io divento intelligente . . .
La tua parola è una lampada al mio piede
e una luce sul mio sentiero.
Ho giurato, e lo manterrò,
di osservare i tuoi giusti giudizi”. – Sl 119:97-106.
“Non quelli che ascoltano la legge sono giusti davanti a Dio, ma quelli che l’osservano” (Rm 2:13). La grazia di Dio, dispiegata tramite Yeshùa, non ci esonera dall’ubbidienza a Dio e dall’osservanza della sua santa Legge. “Che faremo dunque? Peccheremo forse perché non siamo sotto la legge ma sotto la grazia? No di certo!”. – Rm 6:15.
I veri credenti sono spiritualmente circoncisi dallo spirito santo. Infrangendo la Legge di Dio, si diventa incirconcisi e quindi esclusi dalla promessa. Il credente è un giudeo interiormente e la sua circoncisione è quella del cuore, avendo la Legge di Dio scritta nel cuore dallo spirito (Gle 2:28-32; cfr. At 2:17-21) e non nella lettera del codice scritto. Così, noi obbediamo il codice scritto con il cuore. “Se l’incirconciso osserva le prescrizioni della legge, la sua incirconcisione non sarà considerata come circoncisione? . . . Giudeo infatti non è colui che è tale all’esterno; e la circoncisione non è quella esterna, nella carne; ma Giudeo è colui che lo è interiormente; e la circoncisione è quella del cuore, nello spirito, non nella lettera; di un tale Giudeo la lode proviene non dagli uomini, ma da Dio”. – Rm 2:26-29.
Ai veri giudei, quelli che lo sono dentro, Dio, parlando di quelli falsi, assicura: “Dicono di essere Giudei e non lo sono, ma mentono; ecco, io li farò venire a prostrarsi ai tuoi piedi per riconoscere che io ti ho amato”. – Ap 3:9.
La Legge di Dio è scritta nei cuori e nelle menti dei veri credenti quando avviene la loro conversione: “Io metterò le mie leggi nelle loro menti, le scriverò sui loro cuori; e sarò il loro Dio, ed essi saranno il mio popolo” (Eb 8:10). La legge non è quindi abolita ma scritta nei credenti. Ciò è del tutto conforme alle parole di Yeshùa in Mt 5:17-20.