I raggruppamenti profetici sono detti, con terminologia semitica, “figli di profeti”, ossia membri appartenenti alla categoria o classe dei profeti. Esempi simili sono dati dall’assiro mār ummāni, ossia “figlio dell’artigiano”, cioè artigiano; dall’assiro mār ispāri, “figlio del tessitore”, quindi tessitore; dal siriaco bar naggare, “figlio del falegname”, ossia falegname. Questa costruzione linguistica è presente in Mt 13:55: “Non è questo il figlio del falegname?“ che, confrontando il passo parallelo, svela la costruzione: “Questo è il falegname” (Mr 6:3, TNM). Così, in Nee 3:8,31 “membro dei mischiatori di unguento” [בֶּנ־הָרַקָּחִים, ben-haraqakhìm, “figlio dei profumieri”], “membro della corporazione degli orefici” [בֶּנ־הַצֹּרְפִי, ben-hatzòrfy, “figlio dell’orefice”] (TNM). Tali raggruppamenti appaiono nel periodo di maggior collegamento con la cultura e la religione di Canaan (culto di Baal, prostituzione sacra, altro). Sorge in questo periodo una forma nuova di veggentismo: i veggenti non sono più separati, ma si riuniscono in raggruppamenti. Il veggentismo o nabismo (da naviý, נָּבִיא, “profeta”) corporativo fiorì specialmente in due periodi storici:
- Nell’11° secolo a. E. V., cioè al tempo di Samuele. I profeti veggenti si riunivano sotto la guida di una persona eccezionale, partecipavano al culto, si abbandonavano a manifestazioni estatiche preparate e accompagnate dalla musica e dal canto: “Entrando in città, incontrerai una schiera di profeti che scendono dall’alto luogo, preceduti da saltèri, da timpani, da flauti, da cetre. Essi profetizzeranno. Lo spirito del Signore t’investirà, e tu profetizzerai con loro e sarai cambiato in un altro uomo” (1Sam 10:5,6). Talvolta l’esaltazione contagiava anche i presenti che assistevano all’evento: “Saul inviò i suoi uomini a prendere Davide, ma quando questi videro profetizzare i profeti, riuniti sotto la presidenza di Samuele, lo spirito di Dio investì gli inviati di Saul che si misero anche loro a profetizzare. Ne informarono Saul, che inviò altri uomini, i quali pure si misero a profetizzare. Saul ne mandò ancora per la terza volta, ma anche questi si misero a profetizzare. Allora si recò egli stesso a Rama. Giunto alla grande cisterna che è a Secu, chiese: ‘Dove sono Samuele e Davide?’ Gli fu risposto: ‘A Naiot, presso Rama’. Egli andò dunque là, a Naiot, presso Rama. Lo spirito di Dio investì anche lui ed egli continuò il suo viaggio profetizzando finché giunse a Naiot, presso Rama. Anche lui si spogliò delle sue vesti, anche lui profetizzò in presenza di Samuele e rimase steso a terra nudo tutto quel giorno e tutta quella notte. Da lì viene il detto: ‘Saul, è anche lui tra i profeti?’” (1Sam 19:20-24). Nel 10° secolo, stando ai documenti che possediamo, non appare tale formazione corporativa, ma predomina il veggentismo individuale. Pare che poi questa manifestazione continuasse nei leviti-profeti. – 1Cron 25:1-8.
- Nel 9° secolo a. E. V., al tempo di Elia e di Eliseo. In questo periodo compaiono le vere “corporazioni profetiche” (“figli di profeti”). Non sempre le loro manifestazioni erano di carattere soprannaturale. Dopo un entusiasmo che rasentava il delirio, subentrava una prostrazione a carattere estatico. I profeti vivevano in gruppo, associati in un luogo di culto: Naiot, Rama, Gerico, Betel. Li troviamo anche a Ghinea, paese di Saul, in cui egli li incontra secondo la profezia di Samuele (1Sam 10:5,10). Un’altra compagnia abitava a Rama, paese di Samuele (1Sam 19:18). Di solito si suppone che Naiòt indichi “abitazioni” e che si riferisca alle singole dimore profetiche che lì esistevano (2Re 6:1-7). Al tempo di Eliseo si segnalano altre residenze profetiche: Betel (2Re 2:3), Gerico (2Re 2:5), Ghilgal (2Re 4:38). Tali corporazioni esistevano ancora al tempo di Amos (Am 7:14) e di Zaccaria (Zc 7:3) che li nomina in un tempo postesilico. La loro permanenza dura quindi dal tempo dei giudici fino alla caduta di Gerusalemme nel 587 a. E. V., salvo interruzioni temporanee.
I membri di queste corporazioni indossavano un mantello che li rendeva facilmente riconoscibili: “Elia si avvicinò a lui, e gli gettò addosso il suo mantello” (1Re 19:19), “In quel giorno, i profeti avranno vergogna, ognuno della visione che annunciava quando profetava; non si metteranno più il mantello di pelo per mentire” (Zc 13:4). Potevano essere sposati, dato che è menzionata “una donna, moglie di uno dei discepoli dei profeti” (2Re 4:1). Vivevano con i proventi del loro lavoro e di carità pubblica. – 2Re 4:8.
Samuele, Elia ed Eliseo appaiono in stretta connessione con questi “uomini di Dio” (1Sam 19:20; 2Re 2:3,5,7,15;4:38-41;9:1). La moglie di un “figlio di profeti” per un caso di disgrazia familiare si rivolse a Eliseo (2Re 4:1). Molti di questi veggenti privi di una vera chiamata divennero adulatori e interessati. – Mic 3:5,11; 1Re 22:6,7.
Scopo e ragioni dei raggruppamenti profetici
Le ragioni principali delle corporazioni profetiche sono due: influsso cananeo e speciale influsso divino.
- Influenza cananea. Il fatto che a quel tempo si conoscevano meglio le forme cananee dei profeti aulici riuniti in corporazioni ha avuto la sua parte nel far sorgere simili manifestazioni in Israele così da creare una reazione alla loro influenza. Può darsi che all’inizio si trattasse di elementi estranei penetrati nella vita ebraica, ma poi – purificati dagli errori – utilizzati da Dio per i suoi fini spirituali.
- Influsso divino. Si deve anche ricordare che in quel periodo Israele viveva una grande crisi di spiritualità, essendo il popolo sottomesso ai filistei. Politica e spiritualità erano al tempo identificate: non si era ancora raggiunta l’idea che, anche se la nazione fosse perita, la spiritualità poteva sussistere (si pensi alla nozione del “resto di Israele” annunciata da Isaia – Is 10:21,22). La fede in Dio aveva creato la nazione: la nazione poteva sussistere dunque solo con la fede. Da qui lo sviluppo spirituale per conservare la nazione nelle crisi che stava attraversando. I profeti si sostituirono quindi ai sacerdoti che venivano meno alla loro funzione. In momenti di speciale pericolo Dio crea doni speciali adeguati.
Di solito si pensa che i profeti fossero in contrasto tra loro e che disprezzassero le corporazioni, e questo in base al passo di Amos 7:14: “Io non sono profeta, né figlio di profeta”, letto come un rifiuto d’appartenenza alla corporazione profetica. A. H. Rowley (Was Amos a Nabi?, pagg. 191-198) ha proposto di tradurre il passo in senso interrogativo: “Non sono io un profeta e figlio di profeti?”. La cosa che distingueva Amos sarebbe stata nella particolare vocazione divina, mentre egli attendeva alle sue mansioni di mandriano.
Alcuni studiosi hanno tentato di tracciare le competenze di queste corporazioni, includendovi le scienze naturali, le scienze mediche e la filosofia. Ma ciò appare del tutto fantasioso. La filosofia era proprio la negazione del genio di Israele. In quanto alla loro conoscenza naturalistica e medicinale, questa era ben scarsa, almeno a giudicare dalla preparazione di una ministra che fece gridare agli altri che era avvelenata! “Eliseo se ne tornò a Ghilgal. Nel paese c’era la carestia. Mentre i discepoli dei profeti stavano seduti davanti a lui, egli disse al suo servo: ‘Metti la pentola grande sul fuoco, e prepara una minestra per i discepoli dei profeti’. Uno di questi andò fuori per i campi a cogliere erbe; trovò una specie di vite selvatica, ne colse i frutti, le colloquintide*, e se ne riempì la veste; e, al suo ritorno li tagliò a pezzi e li mise nella pentola dov’era la minestra; ma non si sapeva che cosa fossero. Poi versarono la minestra a quegli uomini perché mangiassero; ma appena l’ebbero assaggiata, esclamarono: ‘Uomo di Dio, c’è la morte nella pentola!’. E non ne poterono mangiare” (2Re 4:38-40). Grandi esperti nelle scienze naturali e medicinali non dovevano certo essere. Questi tentativi di supporre competenze passate mancano di ogni appoggio documentario e pretendono solo di applicare agli ebrei del passato una mentalità propria degli occidentali moderni.
* La colloquintide (cucumis colocynthis) è una cucurbitacea con un frutto globoso, giallo, grande come un’arancia, glabro, ricoperto da una scorza dura e coriacea. Tale frutto racchiudente una polpa bianca e spugnosa in cui si trovano numerosi semi. È tipica dell’Oriente. Il frutto, spogliato del suo involucro, si presenta come masse biancastre, secche, spugnose e di sapore particolarmente amaro. Pochi centigrammi di colloquintide provocano la diarrea profusa; dosi più elevate possono causare coliche, diarrea sanguigna, nausee e vomiti. Cinque grammi di colloquintide possono costituire una dose mortale.