Lo spazio per gli organi interni del corpo viene per lo più designato con il termine קרב (qèreb). Qui troviamo già localizzato il più importante degli organi, il cuore. In 1Sam 25:37 leggiamo: “Il suo cuore divenne morto dentro di lui” (TNM), e nell’ebraico l’espressione “dentro di lui” è בְּקִרְבֹּו (beqirbò). L’“interno” (questo il significato di qèreb) può essere sinonimo di “cuore”, come in Pr 14:33: “Nel cuore di chi ha intendimento riposa la sapienza, e in mezzo agli stupidi diviene nota” (TNM), in cui “in mezzo agli stupidi” è una traduzione discutibile di בְקֶרֶב (beqèreb), propriamente “dentro gli stupidi”. Qui il parallelismo ebraico è cuore-interno. Il termine è invece tradotto bene da TNM in Ger 31:33, dove il parallelismo è rispettato: “Certamente metterò la mia legge dentro di loro [בְּקִרְבָּם (beqirbàm)], e la scriverò nel loro cuore”.
Il qèreb (“interno”) comprende fondamentalmente tutte le parti interiori del tronco, che quindi come tali vengono distinte dalla testa e dagli arti superiori ed inferiori. Si noti la suddivisione elencata in Es 12:9 (che qui riguarda l’agnello pasquale): “Non ne mangiate crudo o bollito, cotto in acqua, ma arrostito al fuoco, testa insieme a zampe e interiora [qèreb, “interno”]”. – TNM.
1. – Gli intestini.
Si presti attenzione a Ger 4:19: “Oh i miei intestini, i miei intestini! Sento penosi dolori nelle pareti del mio cuore. Il mio cuore è tumultuoso dentro di me” (TNM). Qui abbiamo gli “intestini” (מעים, meìm) e il “cuore” (לב, lev), il tutto dentro la nèfesh (“dentro di me”). Il termine meìm, che nel passo racchiude anche il cuore, significa soprattutto “intestini” e ”ventre”; e racchiude anche gli organi genitali: “Uno che uscirà dalle tue proprie parti interiori [meìm, “viscere”, “ventre”] ti succederà come erede”. – Gn 15:4, TNM.
Il “ventre”, quando si fa riferimento al seno materno, è designato con il termine בֶּטֶן, bèten (Gdc 16:17 e passim in sgg.). Tuttavia, bèten può significare anche il ventre dell’uomo: “Eud stese la mano sinistra e, presa la spada dalla coscia destra, gliela ficcò [a Eglon re di Moab, v. 17] nel ventre [bèten]”. – Gdc 3:21, TNM.
Ai meìm, “viscere” o “intestini”, appartengono gli organi urogenitali e lo stomaco, che non hanno nella Bibbia un nome proprio. Una sola volta gli organi genitali esterni vengono chiamati “vergogne” (מבשים, mabushìm), in Dt 25:11, che TNM rende con “genitali”. Più propriamente per “genitali” viene usata la parola raglàym (רגלים), duale di règhel (רגל), che significa anche “piede”, “gamba”, “zampa”. Il duale è usato per gli organi genitali esterni: “Ciascuno aveva sei ali. Con due si copriva la faccia, e con due si copriva i piedi [רַגְלָיו (raglàiu)], e con due volava” (Is 6:2, TNM). In Is 57:8,10 il membro virile è detto יד (yàd ), che significa anche “mano”, ed tradotto da TNM in due modi diversi: “organo maschile” e “potenza”. Qui la parte finale del v. 10 è reso male da TNM: “Hai trovato come ravvivare la tua propria potenza. Perciò non ti sei ammalata”; il che non ha molto senso nel contesto. L’ebraico dice: “Tu [Israele (in ebraico è un nome femminile)] trovi ancora del vigore nel tuo membro [= membro maschile; detto “tuo” in senso sarcastico, riferito all’amante metaforico di Israele], perciò non ti senti esausta”. In Gn 46:26, Es 1:5 e Gdc 8:30 l’apparato riproduttore è detto ירך (yàrech), che significa anche “lombi”, “anca”, “femore”, reso da TNM con il solito giro di parole: “parte superiore della coscia”.
Il “ventre” è dunque bèten (בֶּטֶן). In Gn 25:24 Rebecca ha due gemelli nel suo bèten. In Pr 13:25 è detto che il giusto mangia a sazietà, ma il bèten dell’empio soffre la fame. È nel bèten che si compie il processo di digestione: “Le parole del calunniatore sono come cose da inghiottire con avidità, che in effetti scendono nelle parti più interne del ventre [בֶּטֶן (bèten)]”. – Pr 18:8, TNM.
Nella terminologia biblica il ventre è anche designato dal termine (che abbiamo già incontrato) קרב (qèreb). È interessante notare che l’interno del corpo non è considerato tanto come un dato anatomico e fisiologico, ma piuttosto è considerato da un punto di vista psicologico e più vasto. Va ricordato che gli organi interni di un corpo nell’antichità potevano essere avvicinati solo da maghi o da medici. Hanno perciò un interesse di primissimo piano nella psicologia semitica. Come esempio, citiamo solo Ger 4:14:
“Lava il tuo cuore perché sia puro dall’assoluta malizia, o Gerusalemme, affinché tu sia salvata. Fino a quando albergheranno dentro di te [בְּקִרְבֵּךְ (beqirbècha), “nel tuo ventre”] i tuoi pensieri erronei?”. – TNM.
Gli intestini o viscere sono nella Scrittura la sede dei sentimenti e delle emozioni (Is 63:15; Ger 4:19;31:20). Nelle Scritture Greche abbiamo lo stesso concetto. Non ci stancheremo mai di dire che gli scrittori – tutti ebrei – dell’erroneamente detto “Nuovo Testamento” scrivono in greco ma pensano in ebraico. Il lettore semplice forse sarebbe stupito sapendo cosa c’è dietro alcune traduzioni in bell’“occidentale”. Si prenda Mr 1:41. In NR si legge: “Gesù, impietositosi, stese la mano, lo toccò e gli disse: ‘Lo voglio; sii purificato!’”. “Impietositosi”, dice la traduzione. TNM non si allontana di molto: “Fu mosso a pietà”. Ma il greco del testo originale ha σπλαγχνισθεὶς (splanchnisthèis), “smossisi gli intestini”. La “tenera compassione” di TNM, che diventa “sentimenti di misericordia” di NR in Lc 1:78, è nel testo evangelico σπλάγχνα (splànchna), “intestini”. Paolo chiama Dio a testimone che ha per i filippesi “lo stesso tenero affetto che ha Cristo Gesù” (TNM) ovvero li ama tutti “con affetto profondo in Cristo Gesù” (NR). Ma Paolo dice che li ama ἐν σπλάγχνοις Χριστοῦ Ἰησοῦ (en splànchnois christù Iesù), “con le viscere d[el] consacrato Yeshùa”. – Flp 1:8.
Oltre al cuore, nella Bibbia vengono menzionati pochi altri organi. Per i polmoni e lo stomaco le Scritture Ebraiche non hanno nomi specifici. Esistono invece termini per indicare il fegato, la bile e le reni.
2. – Fegato.
Il fegato (la ghiandola più grande del corpo umano e animale) è ben conosciuto nella Bibbia. Il suo nome prende origine proprio dal suo peso (negli uomini adulti pesa circa 1,5 kg): כבד (kabèd), “pesante”. La radice ebraica √ כבד (√kbd) significa “essere pesante”. In accadico kabattu significa “fegato”, kabatu significa “pesante”. L’ugaritico kbd ha lo stesso significato.
Nell’area della lingua accadica il fegato, dopo il cuore, è l’organo più importante e viene perciò menzionato spesso. È quindi degno di considerazione il fatto che nelle Scritture Ebraiche il fegato è menzionato solo 14 volte.
Il lettore potrebbe stupirsi ancora di più venendo a sapere che di queste sole 14 volte ben 13 sono riferite alle bestie: 11 volte appare la rete del fegato come parte da sacrificare (cfr. Es 29:13,22), una volta viene menzionato il fegato di un cervo trafitto dalla freccia di un cacciatore (Pr 7:23) ed infine una volta il fegato come strumento di divinazione, una pratica dei re babilonesi. – Ez 21:26.
Si sa che la divinazione attraverso il fegato assunse nell’area accadica un significato di enorme importanza, come ci testimoniano i libri d’insegnamento della divinazione attraverso il fegato e i dodici modelli del fegato ritrovati nel palazzo di Mari (cfr. M. Jastrow jr., Religion , pagg. 213-415; W. Zimmerli, BK xiii, 490). Forse la spiegazione della limitata menzione del fegato nella Bibbia va proprio ricercata nella contrapposizione degli ebrei alla pratica divinatoria dei pagani.
Comunque, delle 14 sole volte in cui il fegato è menzionato nella Bibbia, una sola è riferita all’uomo:
“I miei occhi si consumano in lacrime, le mie viscere si commuovono,
il mio fegato si spande in terra
per il disastro della figlia del mio popolo,
al pensiero dei bambini e dei lattanti
che venivano meno per le piazze della città”. – Lam 2:11.
Con questa espressione viene descritto un dolore immenso. Colui che qui così si lamenta ha perso nella sua mestizia il controllo delle sue sensazioni più intime: la sua stessa vita viene versata con il suo fegato.
Fermo restando quanto detto sopra, segnaliamo quattro passi in cui un dubbio sorge:
Sl 16:9 |
“Il mio cuore si rallegra, e la mia gloria è incline a gioire. |
O Geova mio Dio, certamente ti loderò a tempo indefinito”.
Ebraico: כְּבֹודִי (kevodì).
Il greco della LXX ha ἡ γλῶσσά μου (e glòssà mu), “la lingua di me”; qui in 15:9.
Sl 30:12
“Perché la [mia] gloria ti innalzi melodie e non taccia”.
Ebraico: כָבֹוד (kavòd); qui al v. 13.
LXX: δόξα (dòcsa), “gloria”; qui in 29:13.
Sl 57:8
“Destati, o mia gloria”.
Ebraico: כְבֹודִי (kevodì); qui al v. 9.
LXX: δόξα (dòcsa), “gloria”; qui in 56:9.
Sl 108:1
“Certamente canterò e innalzerò melodie, anche la mia gloria”.
Ebraico: כְּבֹודִי (kevodì); qui al v. 2.
LXX: ἐν τῇ δόξῃ μου (en te dòcse mu), “nella gloria di me”; qui in 107:2.
(TNM)
Ora si notino questi aspetti:
- Nel primo passo:
- La “gloria” gioisce come di vita propria, il che è stano;
- Manca il parallelismo con “cuore”; e “gloria” non è adatta al parallelo;
- La LXX, non accettando “gloria” per le ragioni precedenti, cambia in “lingua”.
- Nel secondo passo:
- Il parallelismo appare strano, perché abbiamo la gloria (che stranamente innalza melodie) in parallelo con “loderò” che appare nel secondo verso. La frase, così come tradotta da TNM, è monca: inizia con un “perché” e rimane lì sospesa, chiusa con un punto finale. L’iniziale לְמַעַן (lemaàn) potrebbe essere tradotto “perciò”. Al v. 9 si legge: “Che profitto c’è nel mio sangue quando scendo nella fossa?”. Come contrapposizione al sangue ci si aspetterebbe qualcosa di più concreto della gloria (che è astratta).
- Nel terzo passo:
- La frase ha un senso così com’è, tuttavia la presenza di “cuore” al verso precedente (v. 7) fa sorgere un dubbio: ci si aspetterebbe che “cuore” abbia un parallelo, e la gloria non pare in parallelo.
- Nel quarto passo:
- Il v. 1 inizia con: “Il mio cuore è saldo”, poi si dice: “Anche la mia gloria”. “Anche” cosa? “Certamente canterò e innalzerò melodie, anche la mia gloria” – così com’è tradotto – suona male ed è sgrammaticato. Però, “Il mio cuore è saldo . . . anche [?]”, suona bene, se si mette la parola giusta. Che non può essere “gloria”, dato che deve essere salda come il cuore.
Ora si tenga anche presente che il testo di Salmi appare corrotto in molti punti (vedere i nostri studi I Salmi, nella sezione Esegesi). Ciò che vogliamo sottolineare è che la parola ebraica כבד, letta kabod (“gloria”) forse dovrebbe essere letta kabèd (“fegato”). Leggendo “fegato”, il fegato sarebbe in tutti e quattro i passi il soggetto di una grande gioia, come spesso appare nei testi accadici.
3. – Bile.
Il fegato dà passaggio al flusso biliare. Soltanto l’autore istruito (era un poeta) del libro di Giobbe menziona una volta la vescica biliare e due volte la bile:
16:13 |
“Versa la mia vescichetta biliare sulla medesima terra” |
מררה (mereràh) “vescica biliare” |
20:14 |
“Sarà dentro di lui il fiele dei cobra” |
מררה (meroràh) “cistifellea” “bile” |
20:25 |
“Un’arma lucente [gli uscirà] dal fiele” |
Ambedue le parole di fatto provengono dalla radice √מרר (√mrr), “essere amaro”.
Del processo digestivo e della secrezione che deriva dalla funzione epatica Gb 20:14 dice: “Il cibo gli si trasforma nelle viscere”.
Nel caso che la vescica biliare sia trafitta da una freccia, la vita viene seriamente messa in pericolo: “Si strappa la freccia, essa gli esce dal corpo, la punta sfolgorante gli viene fuori dal fiele, lo assalgono i terrori della morte”.
4. – I reni.
I reni sono nella Bibbia, accanto al cuore, l’organo interno di maggior rilievo. Essi vengono menzionati 31 volte, di cui 18 come parte del corpo degli animali destinati alle offerte (Dt 32:14; Is 34:6) e 13 volte con riferimento al corpo umano.
Dei reni si parla solo al plurale (כְּלָיֹות, kelayòt), anche quando ci si riferisce ad un solo. Lv 3:4,10,15 menziona espressamente “i due reni” (TNM), che NR chiama “rognoni”. Il Sl 139:13 ricorda i reni come singolo organo e atto creativo di Dio: “Sei tu che hai formato le mie reni, che mi hai intessuto nel seno di mia madre”. Qui NR traduce “le reni”, mentre TNM preferisce “i reni”. In italiano, i reni sono gli organi, mentre le reni sono la regione lombare.
Allorché Dio castiga un uomo si dice che gli conficca una freccia nei reni: “Egli mi trafigge i reni senza pietà” (Gb 16:13). “Mi ha fatto penetrare nelle reni le frecce della sua faretra” (Lam 3:13); qui sarebbe meglio “nei reni”, dato che si parla di frecce al plurale.
Usualmente i reni sono la sede della coscienza morale. Per questo il Sl 16:7 ringrazia Dio di avere consigliato l’orante, e precisamente di aver castigato i sui reni: “Realmente, durante le notti i miei reni mi hanno corretto” (TNM). Questo passo di Sl dice che la coscienza del salmista lo rimprovera. Si noti anche Ger 12:2: “Sei vicino alla loro bocca, ma lontano dai loro reni” (TNM). Qui si dice degli empi che tengono presente Dio a parole, ma sulla loro coscienza morale egli non ha alcun influsso.
Per ben cinque volte la Bibbia dice che Dio è colui che scruta i reni e il cuore (Sl 7:10:26:2; Ger 11:20;17:10;20:12). Dio indaga la mente e la coscienza umana.
Colui che prega nel Sl 73 menziona i reni come organo delle sensazioni più sottili: “nei miei reni sentivo dolori acuti”. V. 21b, TNM.
I reni, così come sono organo biblico della coscienza per un retto giudizio, possono sperimentare anche una grande gioia: “I miei reni esulteranno quando le tue labbra parleranno di rettitudine” (Pr 23:16, TNM). Così, la parte più intima del corpo appare anche come sede delle emozioni spirituali e dei giudizi morali della persona.
In Sl 16:7 NR ha “Il mio cuore mi istruisce di notte”; TNM ha “durante le notti i miei reni mi hanno corretto”. Contraddittorio? Forse no, ma va spiegato. La Bibbia ha “reni”: כִלְיֹותָי (chilyotì), “reni di me”. Perché allora NR traduce con “cuore”? Perché NR è rivolta a lettori occidentali, se vogliamo dirla così. Per gli ebrei la sede degli affetti erano i reni, per gli occidentali è il cuore. Per gli ebrei il cuore era la sede del pensiero.
Organo |
Pensiero biblico |
Pensiero occidentale |
Reni |
Sede della coscienza |
Sono solo organi |
Cuore |
Sede del pensiero |
Sede dei sentimenti |
Nella Scrittura i reni sono anche la sede dei sentimenti e delle emozioni. In Ger 11:20 è detto che Dio “esamina i reni e il cuore” (TNM), ovvero i sentimenti, le emozioni e i pensieri (il “cuore”, biblicamente, è la sede dei pensieri). Gb 19:27: “I miei reni son venuti meno nel mio profondo”; qui Giobbe intende dire che al pensiero di vedere Dio, egli prova una forte emozione.