La profezia dei settant’anni

 “‘Poiché non avete dato ascolto alle mie parole, ecco, io manderò a prendere tutte le nazioni del settentrione’, dice il Signore, ‘e manderò a chiamare Nabucodonosor re di Babilonia, mio servitore, e le farò venire contro questo paese, contro i suoi abitanti e contro tutte le nazioni circostanti; li voterò allo sterminio e li abbandonerò alla desolazione, alla derisione, a una solitudine perenne. Farò cessare in mezzo a loro il grido di gioia e il grido d’esultanza, il canto dello sposo e il canto della sposa, il rumore della macina e la luce della lampada. Tutto questo paese sarà ridotto in una solitudine e in una desolazione, e queste nazioni serviranno il re di Babilonia per settant’anni. Ma quando saranno compiuti i settant’anni, io punirò il re di Babilonia e quella nazione’, dice il Signore”. – Ger 25:8-12.

   In questa profezia sono predette due cose:

  1. “Tutto questo paese [Giuda] sarà ridotto in una solitudine e in una desolazione”.
  2. “Queste nazioni [ovvero “tutte le nazioni circostanti”, v. 9] serviranno il re di Babilonia per settant’anni”.

   Dato che questa profezia è compresa male e male applicata dal direttivo dei Testimoni di Geova, ci avvaliamo della loro traduzione della Bibbia per non dare adito a pretesti che ne impediscano l’esame. Dunque:

8 Perciò Geova degli eserciti ha detto questo: ‘Per la ragione che non ubbidiste alle mie parole, 9 ecco, mando e certamente prenderò tutte le famiglie del nord’, è l’espressione di Geova, ‘sì, [mandando] a [chiamare] Nabucodonosor re di Babilonia, mio servitore, e certamente le farò venire contro questo paese e contro i suoi abitanti e contro tutte queste nazioni all’intorno; e certamente li voterò alla distruzione e ne farò oggetto di stupore e qualcosa a cui fischiare e luoghi devastati a tempo indefinito. 10 E certamente distruggerò da essi il suono di esultanza e il suono di allegrezza, la voce dello sposo e la voce della sposa, il suono della macina a mano e la luce della lampada. 11 E tutto questo paese deve divenire un luogo devastato, un oggetto di stupore, e queste nazioni dovranno servire il re di Babilonia per settant’anni’. 12 ‘E deve accadere che quando i settant’anni si saranno compiuti chiederò conto al re di Babilonia e a quella nazione’, è l’espressione di Geova”. – Ger 25:8-12, TNM.

   In questa profezia sono predette due cose:

  1. “Tutto questo paese [Giuda] deve divenire un luogo devastato, un oggetto di stupore”.
  2. “Queste nazioni [ovvero “tutte queste nazioni all’intorno”, v. 9] dovranno servire il re di Babilonia per settant’anni”.

   Geremia predice che il paese di Giuda sarebbe divenuto “un luogo devastato”, ma – si noti – questa devastazione non è direttamente associata al periodo di settant’anni.

   Il direttivo statunitense dà un particolare significato alla parola “devastazione”: “La profezia biblica non consente di far coincidere i 70 anni con un periodo di tempo diverso da quello intercorso fra la desolazione di Giuda, conseguente alla distruzione di Gerusalemme, e il ritorno in patria degli esiliati ebrei in seguito al decreto di Ciro. La Bibbia precisa che i 70 anni sarebbero stati anni di devastazione del paese di Giuda” (Perspicacia nello studio delle Scritture Vol. 1, pag. 622, il corsivo è degli autori). Si vorrebbe qui porre le basi per applicare i settant’anni solo al periodo di devastazione conseguente la distruzione di Gerusalemme. Infatti, è detto chiaramente che tale “desolazione di Giuda” sarebbe “conseguente alla distruzione di Gerusalemme” (Ibidem). L’evidente tentativo è di far partire il conteggio dei 70 anni dalla distruzione della città santa.

   Come abbiamo già notato, la devastazione di Giuda non è associata ai 70 anni. Questo periodo riguarda invece le “nazioni all’intorno” (v. 9, TNM): “Queste nazioni dovranno servire il re di Babilonia per settant’anni” (v. 11, TNM). Inoltre, non è per nulla vero che la desolazione di Giuda iniziò con la distruzione di Gerusalemme. La parola tradotta “luogo devastato” (v. 11, TNM) è nell’ebraico חָרְבָּה (khorbàh) ed è usata anche al v. 18 dello stesso capitolo: “17 E prendevo il calice dalla mano di Geova e [lo] facevo bere a tutte le nazioni alle quali Geova mi aveva mandato: 18 cioè a Gerusalemme e alle città di Giuda e ai suoi re, ai suoi principi, per farne un luogo devastato [חָרְבָּה (khorbàh)], un oggetto di stupore, qualcosa a cui fischiare e una maledizione, proprio come in questo giorno” (TNM). Si noti che questa profezia fu annunciata “nel quarto anno di Ioiachim figlio di Giosia, re di Giuda” (v. 1, TNM) ovvero un anno dopo che ci fu un primo assedio di Gerusalemme: “Nel terzo anno del regno di Ioiachim re di Giuda, Nabucodonosor re di Babilonia venne a Gerusalemme e le poneva l’assedio” (Dn 1:1). Quando, “nel quarto anno di Ioiachim” la profezia divina annunciava che il territorio di Giuda sarebbe divenuto “un luogo devastato” o khorbàh (חָרְבָּה), era il primo anno del regno di Nabucodonosor ovvero diciotto anni prima della distruzione di Gerusalemme. Eppure, si noti, il khorbàh era già in atto, perché Dio dice: “Per farne un luogo devastato [חָרְבָּה (khorbàh)], un oggetto di stupore, qualcosa a cui fischiare e una maledizione, proprio come in questo giorno”. – V. 18, TNM.

   Il direttivo di Brooklyn fa quindi un duplice errore: applica la devastazione (khorbàh) – che era già in atto – a partire solo dalla distruzione di Gerusalemme e applica a Giuda i 70 anni riferiti invece alle “nazioni all’intorno”.

   È un errore parlare di “70 anni di desolazione di Gerusalemme sotto Babilonia” (Tutta la Scrittura è ispirata da Dio e utile, pag. 85, § 1). La Bibbia non dice così. Il passo scritturistico afferma:

Queste nazioni [non solo Giuda] dovranno servire il re di Babilonia per settant’anni”. – Ger 25:11, TNM.

   Non si tratta di “70 anni di desolazione di Gerusalemme” (Watchtower), ma di 70 anni di schiavitù per Giuda e le nazioni circostanti (Bibbia). La schiavitù riguarda quindi molte nazioni. La cosa è talmente ovvia che perfino nella Traduzione del Nuovo Mondo dell’edizione del 1967, in testa a pag. 813, viene indicato “70 anni di cattività”. Che diventano poi “70 anni d’esilio in Babilonia” nell’edizione del 1986.

   Comunque, gli editori della Torre di Guardia tacciono il fatto che Geremia associ nella schiavitù molte nazioni né dicono che Geremia predice per queste nazioni 70 anni di schiavitù. Il fatto è che essi si danno un gran daffare per creare l’impressione che i 70 anni riguardino unicamente Giuda, che riguardino non la schiavitù ma la desolazione e tutto ciò sia avvenuto dal momento che Gerusalemme e il suo Tempio furono distrutti. Tutto ciò con il preciso intento di piegare la Scrittura alla loro interpretazione per sostenere l’anacronistico anno 607 a. E. V..

   Non si deve confondere schiavitù con esilio o desolazione. Per le nazioni intorno a Giuda schiavitù significava prima di tutto vassallaggio. Dato che Giuda tentò ripetutamente, ribellandosi, di scrollarsi di dosso il giogo babilonese, la sua schiavitù comportò necessariamente ondate successive di devastanti invasioni militari e deportazioni fino al punto che il paese fu completamente desolato e spopolato a seguito della distruzione di Gerusalemme nel 587 a. E. V.. Questo destino era cosa ben diversa dalla schiavitù ed era stato predetto per ogni nazione che avesse rifiutato di servire il re babilonese:

“Deve accadere che la nazione e il regno che non lo serviranno, proprio Nabucodonosor re di Babilonia, e chi non metterà il collo sotto il giogo del re di Babilonia, a quella nazione rivolgerò la mia attenzione con la spada e con la carestia e con la pestilenza’, è l’espressione di Geova, ‘finché non avrò posto loro fine per mano sua”. – Ger 27:8, TNM.

   Geremia aveva messo in guardia il popolo dal tentare di scrollarsi di dosso il giogo babilonese: “Servite il re di Babilonia e continuate a vivere. Perché questa città deve divenire un luogo devastato?” (Ger 27:17, TNM). Ma Giuda si ribellò e dopo circa diciotto anni di schiavitù le toccò la sorte della distruzione. In nessun passo biblico però è scritto che la devastazione sia durata 70 anni. Lo storico ebreo Giuseppe Flavio nella sua ultima opera scrive: “Nabucodonosor, nel diciannovesimo anno del suo regno, rese desolato il nostro tempio, ed esso rimase in questo stato per cinquant’anni”. – Contra Apionem I, 21.

   Che i 70 anni si riferiscano al tempo della supremazia babilonese e non al periodo di desolazione di Gerusalemme (calcolato dalla sua distruzione) è chiaramente detto dalla Scrittura:

“E deve accadere che quando i settant’anni si saranno compiuti chiederò conto al re di Babilonia e a quella nazione’, è l’espressione di Geova, ‘del loro errore, sì, al paese dei caldei, e certamente ne farò distese desolate a tempo indefinito”. – Ger 25:12, TNM.

   Qui c’è la chiave di comprensione. La domanda è: quando Dio chiese conto al re babilonese dei suoi errori? La risposta è cruciale, giacché la Scrittura dice: “Deve accadere che quando i settant’anni si saranno compiuti chiederò conto al re di Babilonia”. Non possono esserci dubbi. Ciò accadde quando la Babilonia fu occupata dall’esercito di Ciro nel 539 a. E. V.. Fu in quella data – nel 539 a. E. V. – che i 70 anni furono compiuti. Ma, attenzione, nel 539 a. E. V. non terminò né l’esilio né la desolazione dei giudei. Nel 539 a. E. V. finì la supremazia della Babilonia e la sudditanza al re babilonese.

   Ora il conto è facile: basta risalire di 70 anni dal 539 a. E. V.. E si arriva al 609 a. E. V..

   Nel tentativo di collegare i 70 anni di supremazia babilonese all’esilio dei giudei, TNM traduce così Ger 29:10: “Poiché Geova ha detto questo: ‘Secondo il compimento di settant’anni a Babilonia vi rivolgerò la mia attenzione, e certamente realizzerò verso di voi la mia buona parola riconducendovi in questo luogo”. Ora, si noti che l’espressione “settant’anni a Babilonia” (TNM) fa pensare a 70 anni di esilio trascorsi a Babilonia. Ma, non si dimentichi, qui siamo di fronte ad una traduzione della Bibbia e non alla Bibbia. Il testo ebraico, infatti, ha levavèl (לְבָבֶל): il prefisso le (ל) significa “per / verso / riguardo a / con riferimento a”. Se fosse “a Babilonia” l’ebraico avrebbe bavelàh, come in Ger 29:4: “Questo è ciò che ha detto Geova degli eserciti, l’Iddio d’Israele, a tutti gli esiliati, che ho fatto andare in esilio da Gerusalemme a Babilonia [בָּבֶלָה (bavelàh)]”. – TNM.

   Ger 29:10 va quindi così tradotto:

“Quando settant’anni saranno compiuti per Babilonia”

NR

“Quando saranno compiuti, riguardo a Babilonia, settanta anni”

CEI

“Quando i settant’anni di Babilonia saranno compiuti”

Did

“Quando saranno compiuti settant’anni per Babilonia”

ND

“Quando settant’anni saranno compiuti per Babilonia”

Luz

“La potenza di Babilonia durerà settant’anni”

PdS

“Quando saranno in sul compiersi per Babilonia settant’anni”

Ricciotti

“Quando saranno compiuto settant’anni per Babilonia”

Paoline

   Non c’è dubbio che la Bibbia riferisca i 70 anni alla supremazia babilonese e non all’esilio dei giudei o alla desolazione che seguì la distruzione di Gerusalemme. Tuttavia, il direttivo d’oltreoceano attribuisce la propria interpretazione al profeta Daniele: “Il profeta Daniele comprese la profezia in questo senso, poiché disse: ‘Io stesso, Daniele, compresi dai libri il numero degli anni riguardo ai quali la parola di Geova era stata rivolta a Geremia il profeta, per compiere le devastazioni di Gerusalemme, cioè settant’anni’” (Da 9:2)”. – Perspicacia nello studio delle Scritture Vol. 1, pag. 622.

   È davvero quello il pensiero di Daniele? Il serio studioso della Scrittura comprende bene la differenza tra la profezia e un accenno alla profezia. La profezia si trova in Ger e Dn ne fa solo un accenno. Il passo di Dn deve quindi prendere le mosse da Ger e non viceversa. La domanda, quindi, è: cosa aveva destato l’interesse di Daniele per la profezia di Geremia concernente il settantennio “riguardo a Babilonia” (Ger 29:10, CEI)? Non ci sono dubbi che fu il crollo repentino di Babilonia in una notte del 539 a. E. V.: “In quella medesima notte Baldassarre il re caldeo fu ucciso, e Dario il medo stesso ricevette il regno, avendo circa sessantadue anni” (Dn 5:30,31, TNM). Daniele capì bene cosa significava questo evento. Daniele sapeva benissimo che Dio aveva detto: “Deve accadere che quando i settant’anni si saranno compiuti chiederò conto al re di Babilonia e a quella nazione” (Ger 25:12, TNM); e sapeva che il settantennio si riferiva alla supremazia babilonese: “Quando saranno compiuti settant’anni per Babilonia” (Ger 29:10, ND). Quella notte il re di Babilonia era stato punito e i settant’anni di supremazia babilonese erano finiti. Per Daniele era certo rilevante l’adempimento della profezia, ma ancora di più il significato che ciò assumeva per il popolo ebraico, per i giudei esuli e per Gerusalemme in rovina. Daniele sapeva dalla profezia di Geremia non solo che la supremazia babilonese sarebbe terminata dopo settant’anni ma anche che ciò avrebbe segnato il rientro del popolo di Dio nella sua terra: “Così dice l’Eterno: Quando saranno compiuti settant’anni per Babilonia, io vi visiterò e manderò ad effetto per voi la mia buona parola, facendovi ritornare in questo luogo”, “Mi invocherete e verrete a pregarmi, e io vi esaudirò. Mi cercherete e mi troverete, perché mi cercherete con tutto il vostro cuore. Io mi farò trovare da voi” (Ger 29:10,12-14 ND). Ciò fu esattamente quello che fece Daniele: “Volgevo la mia faccia a Geova il [vero] Dio, per cercar[lo] con preghiera e con suppliche, con digiuno e sacco e cenere”. – Dn 9:3, TNM.

   C’è in Dn 9:2 un particolare interessante. La parola ebraica khorbàh (חָרְבָּה), “devastazione”, che Geremia usa al singolare, in Dn è al plurale: “Per compiere le devastazioni [חָרְבֹות (khorvòt)] di Gerusalemme” (TNM). Ciò comporta che Daniele aveva in mente le devastazioni e i ripetuti spopolamenti di Gerusalemme causati dalla serie di assedi e di deportazioni che iniziarono nell’anno di ascesa al trono di Nabucodonosor, nel 605 a. E. V. e finirono con la completa distruzione di Gerusalemme nel 587 a. E. V.. La parola ebraica khorbàh può significare “rovina”, oltre che “devastazione”. È per questo che R. Hammer, nel suo Book of Daniel (in The Cambridge Bible Commentary, Cambridge University Press, pag. 91), traduce così il passo di Dn: “Io, Daniele, leggevo le Scritture e riflettevo sui settant’anni i quali, secondo la parola del Signore al profeta Geremia, dovevano passare mentre Gerusalemme giaceva in rovine”. È del tutto errato interpretare le parole di Daniele come se volessero significare che Gerusalemme sarebbe rimasta in rovina per settant’anni. In nessun luogo Geremia dice così. Ciò che Daniele scoprì leggendo Geremia è che le desolazioni di Gerusalemme non sarebbero cessate finché non fossero finiti i settant’anni “riguardo a Babilonia”. Questa è l’unica conclusione cui a poteva pervenire il lettore di Ger 29:10.

   Il direttivo dei Testimoni di Geova fraintende anche un altro passo scritturistico: “Dopo aver descritto la conquista di Gerusalemme da parte di Nabucodonosor, 2Cron 36:20, 21 dice: ‘Per di più, portò via prigionieri a Babilonia quelli che rimanevano dalla spada, e divennero servitori suoi e dei suoi figli finché cominciarono a regnare i reali di Persia; per adempiere la parola di Geova per bocca di Geremia, finché il paese non ebbe scontato i suoi sabati. Tutti i giorni che giacque desolato osservò il sabato, per compiere settant’anni’” (Perspicacia nello studio delle Scritture Vol. 1, pag. 622, il corsivo è loro). Una lettura frettolosa del passo biblico può dare l’impressione che Esdra affermi che il paese avesse goduto un riposo sabbatico di 70 anni e che ciò fosse stato predetto da Geremia. Così viene inteso dal direttivo della Watchtower Society.

   Il fatto è che se si legge attentamente Ger si nota che in nessun punto si parla di un riposo sabbatico. Proprio in nessun punto, mai. Questo è il motivo per cui nelle parole di Esdra (“Finché il paese non ebbe scontato i suoi sabati. Tutti i giorni che giacque desolato osservò il sabato”, TNM) non è possibile ravvisare un adempimento della “parola di Geova per bocca di Geremia” (TNM). Come fa a esserci un adempimento se manca la profezia? Il pensiero di Esdra non va travisato. Si tenga presente che Esdra era non solo un sacerdote, ma anche uno studioso, un esperto copista, un insegnante della Legge; egli conosceva bene sia l’ebraico sia l’aramaico. Non poteva certo attribuire a Geremia l’adempimento di una profezia che Geremia non aveva mai fatto.

   Le due proposizioni concernenti il riposo sabbatico sono un chiaro riferimento a Lv 26:34,35:

“In quel tempo il paese sconterà i suoi sabati, tutti i giorni che giacerà desolato, mentre voi sarete nel paese dei vostri nemici. In quel tempo il paese osserverà il sabato, giacché dovrà scontare i suoi sabati. Osserverà il sabato tutti i giorni che giacerà desolato, per il fatto che non avrà osservato il sabato durante i vostri sabati quando vi abitavate”. – TNM.

   Proprio come Daniele, anche Esdra capì che con la desolazione di Giuda si compiva la maledizione predetta nella Legge. Così Esdra riportò le parole di Levitico 26 per dimostrare che esse si erano adempiute durante l’esilio babilonese: “Mentre voi sarete nel paese dei vostri nemici”. Ma Esdra non intese dire che il paese avrebbe rispettato un riposo sabbatico di 70 anni, poiché ciò non era stato predetto né da Mosè in Lv né da Geremia. Il direttivo della Society di Brooklyn, interpretando così, mette in conflitto le parole di Esdra con Geremia, dato che la profezia di Geremia prospettava 70 anni di schiavitù per molte nazioni. Si rammenti Ger 25:11: “Queste nazioni dovranno servire il re di Babilonia per settant’anni”. – TNM.

   Comprendendo bene questo fatto, l’ottimo traduttore Giovanni Diodati così rende il passo scritto da Esdra in 2Cron 36:20,21:

E il re de’ Caldei menò in cattività in Babilonia quelli ch’erano scampati dalla spada; e furono servi a lui ed a’ suoi figliuoli, finché il regno di Persia ottenne l’imperio; (acciocché la parola del Signore, pronunziata per la bocca di Geremia, si adempiesse;) mentre la terra si compiaceva ne’ suoi sabati; tutto il tempo ch’ella restò desolata, ella si riposò, finché fossero compiuti settant’anni”. – Did.

   Si noti come il traduttore metta appropriatamente tra parentesi il riferimento a Ger, svincolandolo dalla così dal riferimento al Lv.

   Quale fu allora “la parola di Geova per bocca di Geremia” che secondo Esdra si adempì durante l’esilio? Non fu soltanto la parola concernente i 70 anni “riguardo a Babilonia”. Esdra dice: “Divennero servitori suoi e dei suoi figli finché cominciarono a regnare i reali di Persia; per adempiere la parola di Geova per bocca di Geremia” (TNM). Evidentemente Esdra ha in mente la predizione di Ger 27:7: “Tutte le nazioni devono servirlo, sì, lui e suo figlio e suo nipote, finché venga il tempo anche per il suo proprio paese, e molte nazioni e grandi re lo dovranno sfruttare come servitore” (TNM). Esdra non spiega come questa profezia si adempisse per “tutte le nazioni”. A lui interessava Israele e mostra come poteva applicarsi ai giudei in esilio. Gli esuli dovevano rimanere in Babilonia finché certe profezie si fossero adempiute. Questo è quanto Esdra precisamente sottolinea. Gli ebrei dovevano rimanere a Babilonia in queste circostanze:

“Finché venga il tempo anche per il suo proprio paese”. – Ger 27:7, TNM.

“Quando i settant’anni si saranno compiuti chiederò conto al re di Babilonia e a quella nazione”. – Ger 25:12, TNM.

“Quando settant’anni saranno compiuti per Babilonia”. – Ger 29:10, NR.

“La terra si godrà i suoi sabati per tutto il tempo che rimarrà desolata e che voi sarete nel paese dei vostri nemici”. – Lv 26:34, NR.

“Queste nazioni dovranno servire il re di Babilonia per settant’anni”. – Ger 25:11, TNM.

“Secondo il compimento di settant’anni a Babilonia [“riguardo a Babilonia” (לְבָבֶל, levavèl), testo ebraico] vi rivolgerò la mia attenzione”. – Ger 29:10, TNM.

   Non si faccia l’errore di fare coincidere il settantennio con lo scontare i sabati non rispettati in precedenza. La Scrittura dice che gli ebrei scontarono i sabati finché i 70 anni non furono terminati, ma non a cominciare dall’inizio dei 70 anni. Infatti, il periodo di 70 anni del vassallaggio delle molte nazioni cui fa riferimento Ger iniziò molti anni prima della distruzione di Gerusalemme e dello spopolamento di Giuda, come concordemente mostra la Bibbia e la storia.

   Si noti ora il preciso riferimento storico di Esdra: “Nel primo anno di Ciro re di Persia, affinché si adempisse la parola di Geova per bocca di Geremia, Geova destò lo spirito di Ciro re di Persia, così che egli fece passare un bando per tutto il suo regno, e anche per iscritto” (2Cron 36:22, TNM; cfr. Esd 1:1-4). Qui ci si riferisce al 538/537 a. E. V.. L’errore che fa il direttivo della Watchtower è quello di far coincidere questo riferimento con la fine dei 70 anni. Ma la Bibbia non dice così. Nel passo citato, Esdra si riferisce al decreto di Ciro che autorizzava il rimpatrio dei giudei e all’adempimento dell’aspetto della profezia di Geremia che lo riguardava: “Quando saranno compiuti settant’anni per Babilonia, io vi visiterò e manderò ad effetto per voi la mia buona parola, facendovi ritornare in questo luogo” (Ger 29:10, ND). Il direttivo della Watchtower interpreta che prima Dio avrebbe visitato gli esuli facendoli tornare a Gerusalemme e poi sarebbero finiti i 70 anni: “I Giudei arrivarono nella loro patria verso il principio di ottobre del 537 a.E.V., ponendo fine ai settant’anni di desolazione” (Svegliatevi! dell’8 novembre 1972, pag. 27). Ma la Scrittura, invece, dice che prima dovevano finire i 70 anni e poi Dio avrebbe visitato gli esuli giudei. I 70 anni sarebbero scaduti mentre i giudei erano ancora in Babilonia. La Bibbia è chiara: “Quando i settant’anni di Babilonia saranno compiuti, io vi visiterò, e metterò ad effetto inverso voi la mia buona parola, per ricondurvi in questo luogo” (Ger 29:10, Did). Dio visita a Babilonia gli esuli ancora prigionieri dopo che i 70 anni si sono compiuti. Così avvenne. Nell’ottobre del 539 a. E. V. – alla fine di 70 anni di supremazia babilonese – la Babilonia cadde in potere di Ciro re di Persia. Due anni dopo, nel 537 a. E. V. (data accettata anche dagli editori de La Torre di Guardia), Ciro promulgò il decreto che autorizzava i giudei a rientrare in patria. La fine dei 70 anni riservati al potere babilonese e il rimpatrio dei giudei furono due eventi ben distinti accaduti ad anni di distanza tra loro.

   Daniele fa scadere il periodo di 70 anni mentre i giudei erano ancora esuli in Babilonia, nel 539 a. E. V.. Esdra pone l’accento sul fatto che i giudei non potevano tornare in patria finché non fossero finiti i 70 anni. Dopo che scaddero i 70 anni (nel 539 a. E. V.) Dio fece tornare gli ebrei in Palestina, nel primo anno di Ciro o 537 a. E. V..

   Chi non conosce bene la storia potrebbe obiettare: ma se Ciro conquistò Babilonia nel 539 a. E. V., come ci si può riferire al 537 a. E. V. come al “primo anno di Ciro re di Persia” (2Cron 36:22, TNM)? Al 539 a. E. V., data della caduta di Babilonia, si può risalire non solo attraverso il canone di Tolomeo, ma anche tramite altre fonti. Lo storico Diodoro Siculo, nonché Africano ed Eusebio, mostrano che il primo anno di Ciro come re di Persia corrispose al 1° anno della 55a Olimpiade (560/559 a. E. V.), mentre il suo ultimo anno di regno è datato al 2° anno della 62a Olimpiade (531/530 a. E. V.). Le tavolette in cuneiforme attribuiscono a Ciro un regno di nove anni sulla Babilonia, il che avvalora il 539 a. E. V. come data della sua conquista della Babilonia (Jack Finegan, Handbook of Biblical Chronology, 1964, pagg. 112, 168-170). Il 560/559 a. E. V. fu quindi il primo anno di Ciro il Grande come re di Persia.

   La tavoletta cuneiforme datata al regno di Ciro II è del 5° mese, 23° giorno, del suo 9° anno (R. A. Parker e W. H. Dubberstein, Babylonian Chronology, 626 B.C.–A.D. 75, 1971, pag. 14). Dato che il nono anno di Ciro II come re di Babilonia fu il 530 a.E.V., il suo primo anno secondo questo calcolo fu il 538 a.E.V. e il suo anno di ascensione il 539 a. E. V.. Secondo l’usanza babilonese il primo anno di regno di Ciro va dal nissàn del 538 al nissàn del 537 a. E. V.. In base a quanto dice la Bibbia, il decreto di Ciro che permetteva agli ebrei di tornare a Gerusalemme fu probabilmente emanato alla fine del 538 o all’inizio del 537 a. E. V..