Il cap. 19 di Es descrive l’incontro di Mosè con Dio sul Sinày. In diversi passi biblici è detto che Dio parlò direttamente con Mosè e, con una lettura superficiale, sembrerebbe che Mosè lo vedesse. In Es 33:11, ad esempio, è detto che “il Signore parlava con Mosè faccia a faccia, come un uomo parla col proprio amico”. In Nm 14:14 è detto addirittura: “Signore, sei in mezzo a questo popolo e gli appari faccia a faccia”; anzi, il testo ebraico è ancora più diretto, dicendo עַיִן בְּעַיִן (àyn beàyn), “a occhio a occhio”. In Dt 5:4 si dice: “Il Signore vi parlò faccia a faccia sul monte, dal fuoco”; eppure, subito dopo, Mosè spiega: “Io stavo allora fra il Signore e voi per riferirvi la parola del Signore, perché voi avevate paura di quel fuoco e non siete saliti sul monte” (v. 5). Sono espressioni, quelle in cui Dio sembra apparire e farsi vedere, da non prendersi alla lettera ma da leggere secondo il concretismo ebraico. In 1Gv 4:11 si dichiara esplicitamente: “Nessuno ha mai visto Dio” (cfr. Gv 1:18). “Dio è Spirito” (Gv 4:24). Yeshùa conferma: “La sua voce, voi non l’avete mai udita; il suo volto, non l’avete mai visto” (Gv 5:37). E Dio stesso, a Mosè che aveva chiesto di vederlo, dice: “Tu non puoi vedere il mio volto, perché l’uomo non può vedermi e vivere”. – Es 33:20.
Con chi trattò allora Mosè? La voce di chi udì? “Così dice il Signore, il Dio d’Israele: ‘Io vi feci salire dall’Egitto’” (Gdc 6:8). Poco prima, in Gdc 2:1 similmente è detto: “Io vi ho fatto salire dall’Egitto”. Tuttavia, chi parla qui è “l’angelo del Signore”, מַלְאַכְ־יְהוָה (màlach-Yhvh), “angelo di Yhvh”.
Quest’angelo si era già presentato a Mosè al roveto ardente sul monte Oreb (Es 3:2; At 7:30), probabilmente lo stesso Sinày (1Re 19:8; Es 33:6). Fu incaricato da Dio di condurre gli ebrei attraverso il deserto verso la Terra Promessa: “Io mando un angelo davanti a te per proteggerti lungo la via, e per introdurti nel luogo che ho preparato” (Es 23:20); “Il mio angelo andrà davanti a te e ti introdurrà” (Es 23:23). Dio spiegò al popolo: “Vi condurrà . . . ma io non salirò in mezzo a te, perché sei un popolo dal collo duro, e potrei anche sterminarti lungo il cammino”. – Es 33:3.
Stefano, di fronte al sommo sacerdote, nel 1° secolo, rammenta che “con l’aiuto dell’angelo” Dio aveva liberato gli ebrei dalla schiavitù, “compiendo prodigi e segni nel paese d’Egitto, nel mar Rosso e nel deserto per quarant’anni” (At 7:35,36). Fu quest’angelo che diede la Legge a Mosè (At 7:38,53; cfr. Gal 3:19). Quando Mosè fu al cospetto di Dio, era “l’angelo che gli parlava sul monte Sinai”. – At 7:38.
Dio è onnipotente (Gn 17:1; Ap 16:14), è uno spirito (Gv 4:24; 2Cor 3:17). È solo figurativo il linguaggio biblico, conforme alla concretezza ebraica, che parla del braccio di Dio (Es 6:6) e dei suoi occhi e orecchi (Sl 34:15). Nessun essere umano può vederlo (Gv 1:18) né potrebbe sostenere la sua vista (Es 33:20). Dio impiega quindi un mediatore angelico.
Erroneamente, alcuni pensano che quest’angelo, “l’angelo di Yhvh”, fosse Yeshùa. Costoro, non comprendendo il concetto di preesistenza secondo la Bibbia (si veda lo studio La preesistenza di Yeshùa secondo la Bibbia nella sezione Yeshùa), intendono letteralmente il passo di 1Cor 10:4 che dice che gli ebrei nel deserto “bevevano alla roccia spirituale che li seguiva; e questa roccia era Cristo”. Questo passo è tradotto meglio da TNM: “Quel masso di roccia significava il Cristo”. Con il linguaggio molto concreto dei semiti, infatti, qui s’intende dire che se gli ebrei furono salvati dalla morte per sete, lo dovettero a Yeshùa che da loro doveva sorgere. Questo errore di identificare Yeshùa con l’angelo di Yhvh è presente nelle Chiese Cristiane di Dio e presso i Testimoni di Geova, che vedono nell’angelo un presunto “Gesù preumano”.
Un altro errore lo commettono i trinitari, asserendo che sul Sinày era presente la trinità. La Bibbia parla chiaramente dell’angelo come portavoce di Dio. Asserire che il logos, la “parola” di Gv 1:1, fosse Yeshùa, è contrario alla Scrittura (cfr. lo studio, nella sezione Yeshùa, Il lògos (la parola), chi o cosa era?). Sul Sinày c’erano due entità spirituali, non tre: Dio e l’angelo, suo portavoce.
Yeshùa ha rivelato Dio: “Nessuno ha mai visto Dio: il Figlio unico di Dio, quello che è sempre vicino al Padre, ce l’ha fatto conoscere” (Gv 1:18, PdS). “Gesù Cristo è Signore alla gloria di Dio” (Flp 2:11, TNM), ma non è Dio, perché “c’è un solo Dio e anche un solo mediatore fra Dio e gli uomini, Cristo Gesù uomo”. – 1Tm 2:5.
Questo errore è anche alla base della dottrina binitaria di Herbert W. Armstrong e della Chiesa di Dio Unita, che sostiene l’esistenza di due distinte persone: Dio Padre e Dio Gesù, abbracciando così, di fatto, il politeismo.
Dell’angelo, Dio stesso dice al popolo ebraico: “Io mando un angelo davanti a te per proteggerti lungo la via, e per introdurti nel luogo che ho preparato. Davanti a lui comportati con cautela e ubbidisci alla sua voce. Non ribellarti a lui, perché egli non perdonerà le vostre trasgressioni; poiché il mio nome è in lui”. – Es 23:20,21.
Non è davvero il caso di prendere alla lettera l’espressione “il mio nome è in lui”, per far riferimento al nome di Yeshùa che contiene il tetragramma divino. L’espressione indica che Dio gli aveva dato l’autorità e che l’angelo agiva in nome di Dio. Così, quando in 2Re 21:4 Dio dice: “In Gerusalemme io porrò il mio nome”, è da ingenui leggere il passo letteralmente, dato che l’espressione indica che Dio pone la sua autorità sulla città santa.
Chi sono gli angeli? Nell’immaginario popolare e nelle religioni, sono creature spirituali buone che, assistendo Dio, sono al servizio dell’umanità. Da qui nasce anche l’idea dell’angelo custode. Nella mitologia greca era già presente la figura dell’angelo. Nel Talmud è detto che gli ebrei diedero agli angeli i nomi che avevano presso i babilonesi e che i rabbini lottarono contro la tendenza popolare che annetteva loro troppa importanza, minacciando il monoteismo.
Nella nostra analisi sugli angeli è il caso, prima di tutto, di definire le parole. Quali sono i vocaboli che la Bibbia usa (vi ricorrono circa 400 volte) e che vengono tradotti “angelo”?
Malàch (מַלְאַךְ). In ebraico il termine è מַלְאַךְ (malàch). Significa “messaggero”. Si legge in Nm 20:14 che “Mosè mandò in seguito messaggeri [מַלְאָכִים (malachìm)] al re di Edom” (TNM); si tratta di messaggeri ovviamente umani. La stessa cosa per 1Re 20:2. In Sl 91:11, però, si legge: “Egli [Dio] comanderà ai suoi angeli [מַלְאָכָיו (malachàyu)] di proteggerti in tutte le tue vie”; e qui non si tratta di creature umane. Pare esistere, nella Bibbia, un terzo caso, in cui non si comprende bene se si tratta di esseri umani o no. Di Pr 16:14 TNM fa un’oscura traduzione: “Il furore del re significa messaggeri [מַלְאֲכֵי (malachè); forma costrutta di מַלְאָכִים (malachìm)] di morte”; s’intende dire qui che quando il re va in collera, è brutto segno (cfr. Pr 19:12;20:2). Così, in 2Sam 24:16 è detto che “l’angelo stendeva la sua mano su Gerusalemme per distruggerla” (cfr. 1Cron 21:15). In Zc 1:9 c’è un malàch (מַלְאַךְ) che parla con il profeta, chiamato uomo al v. successivo. Si tratta di un essere spirituale o di un messaggero umano?
Angelo. La parola “angelo” è la traslitterazione, italianizzata, del greco ἄγγελος (ànghelos) che significa, proprio come in ebraico, “messaggero”.
Ànghelos (ἄγγελος). Di Giuseppe, padre adottivo di Yeshùa, è detto che “un angelo [ἄγγελος (ànghelos)] del Signore gli apparve in sogno” (Mt 1:20). In Lc 1:26 Gabriele, inviato da Dio a Miryàm per annunciarle la nascita miracolosa di Yeshùa, è un ἄγγελος (ànghelos); si potrebbe tradurre così: “Nel sesto mese il messaggero Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea chiamata Nazaret”. Si trattata di una creatura spirituale? In At 12:15, i discepoli radunati non credono alla serva che era andata a sentire chi era che bussava alla porta e che aveva riconosciuto la voce di Pietro, e le dicono “Tu sei pazza!”; siccome “ella insisteva che la cosa stava così”, “essi dicevano: ‘È il suo angelo’”; “Pietro intanto continuava a bussare” (v. 16). Chi pensavano fosse? Un “angelo” nel senso di essere soprannaturale? In tal caso, perché definirlo suo, di Pietro? Poteva invece trattarsi semplicemente di un messaggero?
La confusione che si crea a volte è dovuta alla scelta dei traduttori di tradurre a volte con “angelo” e altre con “messaggero”. Se ci si attenesse alla Scrittura senza interpretare, traducendo sia מַלְאַךְ (malàch) sia ἄγγελος (ànghelos) per quello che significa (ovvero “messaggero”) sarebbe il contesto a determinarne il senso. Di fatto, traslitterando la parola greca ànghelos, anziché tradurla con “messaggero”, i traduttori hanno creato una categoria.
Ci sono altre osservazioni da fare. Si prenda Es 3:2, normalmente tradotto così: “L’angelo del Signore gli [a Mosè] apparve in una fiamma di fuoco”. Leggendo parrebbe di capire che l’angelo apparisse in mezzo alle fiamme. Tuttavia, l’ebraico בְּלַבַּת־אֵשׁ (belabàt-èsh) può essere tradotto “come fiamma di fuoco” ovvero assumendo l’aspetto di fiamma. Infatti, il prefisso בְּ (be) può significare “come”. Così è, ad esempio, in Es 6:3: “Io apparvi . . . come il Dio onnipotente [בְּאֵל שַׁדָּי (beèl shadày)]”. Interessante è notare Es 14:19: “L’angelo di Dio, che precedeva il campo d’Israele, si spostò e andò a mettersi dietro di loro; anche la colonna di nuvola si spostò dalla loro avanguardia e si fermò dietro a loro”; qui pare che angelo e nuvola siano la stessa cosa, interpretate dall’osservatore come due entità. In effetti, qui si ha una materializzazione: la nuvola, materiale e visibile, è strumento di Dio.
In Sl 104:4, la traduzione che ne fa TNM non ha molto senso: “[Dio] fa dei suoi angeli spiriti”. Ma gli angeli non sono già spiriti per definizione? Meglio tradurre “fa dei venti i suoi messaggeri” (NR); ciò è perfettamente conforme all’emistico parallelo: “Delle fiamme di fuoco i suoi ministri”. Ciò che intende dire il salmista è che le forze della natura sono al servizio di Dio.
Come va inteso Gn 6:2? Il passo è tradotto: “I figli di Dio [בְנֵי־הָאֱלֹהִים (venè-haelohìm)] videro che le figlie degli uomini erano belle e presero per mogli quelle che si scelsero fra tutte”. Il Codice Alessandrino della LXX traduce con αγγελοι (àngheloi), “angeli”. In Gn 23:6, Abraamo è chiamato dai figli di Chet rispettosamente “principe אֱלֹהִים [elohìm]”, tradotto “un principe di Dio”; TNM preferisce lo strano “un capo principale di Dio”. Tuttavia, l’espressione potrebbe significare semplicemente “grande principe”, essendo elohìm usato nella Bibbia anche come espressione di superlativo, come in Gb 1:16 in cui אֵשׁ אֱלֹהִים (esh elohìm), “fuoco di Dio”, è semplicemente “un gran fuoco”, “un fulmine” (PdS). In italiano popolano, con espressione poco elegante ma efficace, si direbbe “un fuoco della madonna!”. D’altra parte, quel fuoco non poteva certo essere di Dio, perché provocato da satana (cfr. Gb 1:7-12). I בְנֵי־הָאֱלֹהִים (venè-haelohìm) potrebbero quindi essere semplicemente degli uomini potenti. D’altra parte, in Gb 1:6 non può trattarsi semplicemente di uomini potenti: “I figli di Dio [בְנֵי־הָאֱלֹהִים (venè-haelohìm)] vennero a presentarsi davanti al Signore, e Satana venne anch’egli in mezzo a loro”. Ma ciò va preso alla lettera, come se davvero ci fosse in cielo una riunione angelica?
Nella Guida dei perplessi, Maimonide (medico, filosofo e rabbino del 12°secolo) spiega che gli angeli sono emanazioni di Dio, intelligenze astratte e incorporee attraverso cui Dio interagisce con l’universo materiale; per lui sono ciò che governa le leggi fisiche e naturali. Quest’opinione pare suffragata da Dn 6:22: “Il mio Dio ha mandato il suo angelo che ha chiuso la bocca dei leoni”, passo che può essere letto in chiave moderna attribuendo a un angelo l’azione di Dio.
“La nostra legge religiosa non nega il fatto che Dio governi questa esistenza tramite gli angeli. . . In alcuni passi i saggi dicono semplicemente così: Il Santo non fa nulla finché non ha consultato la famiglia superiore . . . In tutti questi testi l’intento non è quello che pensano gli ignoranti, cioè che Dio parli, pensi, rifletta e si avvalga dell’opinione di altri: come potrebbe il Creatore avvalersi dell’aiuto di ciò che Lui stesso ha creato? Anzi, tutto questo spiega chiaramente che anche i particolari dell’esistenza, persino la creazione degli organi degli animali, sono stati fatti tramite gli angeli, poiché tutte le forze sono angeli. Quanto è grande la cecità degli ignoranti, e quanto è dannosa! Se tu dici a uno di coloro che pretendono di essere i sapienti d’Israele che Dio ha mandato un angelo nell’utero della donna per formarvi il feto, questo lo riempirà di meraviglia, ed egli lo accetterà come un atto della grandezza e della potenza di Dio, e come un segno della Sua sapienza; egli crederà anche che l’angelo sia un corpo di luce ardente grande come la terza parte del mondo intero, e tutto ciò gli sembrerà possibile da parte di Dio. Se invece tu gli dici che Dio ha posto nel seme umano la potenza di formare e di definire gli organi, e che ciò sia l’‘angelo’, allora egli si stupirà perché non capisce che il vero atto di grandezza e potenza consiste nel far esistere delle forze che agiscano pur non essendo percepite dai sensi. I saggi hanno spiegato che ognuna delle facoltà del corpo è un ‘angelo’, e tanto più lo sono le potenze disseminate nel mondo . . . I saggi hanno dunque già spiegato a chi fa uso del suo intelletto che la facoltà dell’immaginazione è chiamata angelo; e l’intelletto è chiamato cherubino”. – Moshè ben Maimòn (Maimonide), Morèh Nevukhìm (Guida dei perplessi), anno 1190.
Questa di Maimonide è una delle interpretazioni che nell’ebraismo sono date circa gli angeli. In ogni caso, nell’ebraismo sono tutti concordi nel ritenere che gli angeli non possano agire in modo indipendente da Dio. Si è anche concordi sul fatto che il culto vada rivolto sempre e solo a Dio. Questa posizione è certamente biblica. Di fronte all’angelo che gli reca la rivelazione che Yeshùa ha avuto da Dio (Ap 1:1), Giovanni si piega per adorarlo, ma l’angelo lo ammonisce: “Sta attento! Non farlo! Io sono solo un compagno di schiavitù tuo e dei tuoi fratelli che hanno il compito di rendere testimonianza a Gesù. Adora Dio”. – Ap 19:10, TNM; cfr. 22:9; Mt 4:10.
Dalla Bibbia ricaviamo la scala gerarchica angelica, distinta in tre gerarchie con tre ordini ciascuna.
Serafini (שְׂרָפִים, serafìm, “ardenti”) Stanno attorno al trono di Dio (Is 6:2,6). Hanno una posizione molto elevata. “Ardono” d’amore per Dio. |
Cherubini (כְּרֻבִים, keruvìm, “principi delle corti”) Sono dislocati dove c’è da sostenere la sovranità di Dio. – Gn 3:24. |
Troni (θρόνοι, thònoi) – Col 1:16. |
Signorie (κυριότητες, küriòtetes) – Col 1:16. |
Principati (ἀρχαὶ, archài) – Col 1:16. |
Autorità (ἐξουσίαι, ecsusìai) – Col 1:16. |
Potenze (δυνάμεις, dünàmeis) – Ef 1:21 |
Arcangeli (ἀρχάγγελοι, archàngheloi, “capi degli angeli”) – 1Ts 4:16; Gda 9. |
Angeli (מַלְאָכִים, malakhìm) (ἄγγελοι, àngheloi) “messaggeri” |
Va notato che la parola כְּרֻבִים (keruvìm), “cherubini”, ha a che fare con il babilonese kirubu. I babilonesi ponevano i kirubu a difesa dei loro templi. Ciò ci rammenta i cherubini posti a difesa dell’Eden (Gn 3:24). Non si deve però giungere all’affrettata quanto superficiale conclusione che quegli elementi mitici babilonesi siano alla base della Scrittura. Piuttosto, l’agiografo utilizzò un’immagine conosciuta per esprimere il suo concetto. Si chiama stile letterario. Per capire, come esempio, ci rifacciamo a quanto detto più sopra circa l’espressione popolana “fuoco della madonna!”. Tutti comprendono questa espressione nel senso di “gran fuoco”, senza per questo sostenere il culto idolatrico della Madonna. Si tratta di stile letterario.
Come interpretare allora la figura degli “angeli”? Si tratta solo di figure che indicano ora una forza della natura governata da Dio, ora un messaggero umano? Sarebbe semplicistico arrivare a questa conclusione. Di certo, i passi in cui i traduttori usano la parola “angelo” (categoria da loro stessi creata), sarebbero meglio tradotti usando la parola vera del testo biblico: “messaggero”. Tuttavia, nella comprensione del testo, non si può ridurre tutto a “messaggero” nel senso di forza della natura o di araldo umano. Sebbene le nostre traduzioni bibliche facciano sempre apparire gli angeli come esseri spirituali ben definiti e personali, non possiamo affermare che ogni volta si tratti di figure metaforiche. I cherubini a guardia dell’Eden (Gn 3:24), sebbene descritti utilizzando l’immagine e perfino il nome babilonese (stile letterario), dovevano essere reali.
Il fatto che ai messaggeri divini (angeli) siano attribuiti dei nomi personali (Michele e Gabriele – cfr. Dn 12:1; Lv 1:26) mostra che non si tratta di forze impersonali. Perfino il nascondimento dei loro nomi (Gn 32:29; Gdc 13:17,18; Gs 5:14) mostra che i nomi li avevano. Quando Giovanni fu rimproverato dall’angelo perché voleva adorarlo (Ap 19:10;22:8,9), non aveva a che fare con una forza impersonale.
Il fatto che Paolo menzioni “la lingua degli angeli” (1Cor 13:1), mostra che essi non solo hanno personalità propria ma comunicano tra loro. Si tratta di esseri spirituali coscienti in grado di lodare Dio (Sl 148:2; Lc 2:13). Di essi la Bibbia ci dice che sono asessuati (Mt 22:30) e che possono scegliere tra il bene e il male. – Gn 6:2, 4; 2Pt 2:4; cfr. Ap 12:7-9; Mt 25:41.
Questi esseri spirituali sono più intelligenti e superiori all’essere umano, perché l’essere umano, Dio l’ha “fatto di poco inferiore agli angeli” (Eb 2:7). Sono esseri potenti (cfr. Sl 103:20; Gn 19:13, 24; 2Re 19:35) che possono superare i limiti della fisica (cfr. Dn 9:20-23). Hanno tuttavia delle limitazioni (cfr. Mt 24:36) e, sebbene provino vivo interesse per il progetto di Dio, sono limitati nella sua comprensione. – 1Pt 1:12.
L’attività angelica a favore di Yeshùa è descritta in Mt 4:11;26:53;28:5-7; Lc 1:30,31;2:10,11; 22:43; At 1:10, 11; essi avranno un importante ruolo futuro quando Yeshùa giudicherà il mondo (Mt 13:41;25:31-33; Ap 12:7-10;19:14-16.). Dio li impiega anche per assistere il suo popolo. – 2Re 6:15-17; Sl 91:11;34:7; Mt 18:10; At 5:19; Eb 1:14.