Per stabilire l’epoca di composizione di Ecclesiaste ha grande peso l’esame linguistico. Nel libro si rinvengono molti aramaicismi e costruzioni peculiari fenicie. La presentazione della lingua di Ec è mostrata molto bene da R. E. Kautsch, che così conclude:
“Vi si trovano già quasi il vocabolario e la sintassi della Mishnà. Si adoperano dei termini stranieri che non si incontrano in ebraico se non dopo l’esilio. Vi sono per lo meno dieci modi di dire che appaiono come degli ellenismi veri e propri: il che rivela un contatto con i greci”. – Die Aramaismen in A. T., 1902, pagg. 93-100.
Se ci è consentito aggiungere qualcosa alla seria analisi del grande studioso appena citato, facciamo notare alcuni vocaboli persiani: מְּדִינָה (medinàh), “provincia”, in Ec 5:8 (nel Testo Masoretico è al v.7); פַרְדֵּסִים (fardesìm), “parchi” (2:5), plurale di pardès; פִתְגָם (fitgàm), “sentenza” (8:11). Tra i costrutti aramaici vi veda, in 3:1, זְמָן (sman), “tempo”; in 8:1, פֵּשֶׁר (pèsher), “spiegazione” (pèsher è anche presente nei manoscritti di Qumràn); in 8:10, וּבְכֵן (uvchèn), “e quindi”, tradotto con “ma, benché” da TNM. Di questi aramaicismi in Ec se ne contano una trentina. Tra le costruzioni posteriori rabbiniche segnaliamo la presenza di verbi in terza àlef (א) che sono coniugati come quelli di terza he (ה); il relativo è (she) anziché (ashèr):
“L’uomo che” |
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Ebraico di Gn |
הָאָדָם אֲשֶׁר (haadàm ashèr) |
Gn 6:7 |
Ebraico di Ec |
הָאָדָם שֶׁ (haadàm she) |
Ec 2:12 |
Data la presenza dei molti aramaicismi in Ec, lo studioso F. C. Burkitt immagina che l’Ecclesiaste sia una traduzione ebraica da un originale aramaico (Is Ecclesiastes a Translation? in “Journal of Theolog. Studies” 23, 1921-1922, pagg. 22-27). Ma potremmo citare altri studiosi contro tale ipotesi. – Cfr. R. Gordis, The Original Language of Qoheleth in “Jewish Quart. Rew” 37, 1046-1947, pagg. 67-84.
Lo studioso M. Dahood, poggiando sugli influssi fenici, ammette che Ec derivi da un originale ebraico scritto però con caratteri fenici. – Caananite-Phoenician influence in Qohelet in “Biblica” 33, 1952, pagg. 30-52, 191-221.
Pensiamo che non sia necessario ricorrere a tutte queste ipotesi estreme. Il tutto si può spiegare con un originale ebraico, scritto con caratteri normali ebraici, ma in un periodo tardivo, verso la seconda parte del 3° secolo a. E. V.. Non si può scendere oltre, dato che il libro con tutta probabilità era già noto all’Ecclesiastico (libro apocrifo appartenente alla letteratura ebraica) e il suo spirito non si adatta all’epoca maccabaica. L’influsso fenicio può essere spiegato con la rinascita letteraria della letteratura cananeo-fenicia tra il 600 e il 200 a. E. V., che si compenetrò con la lingua popolare specialmente nei dialetti della Palestina settentrionale. È possibile che l’Ecclesiaste sorgesse in Gerusalemme, crocevia del mondo giudaico e del mondo circostante, dove erano più facili i contatti con la sapienza egizia.
Non sono assolutamente da prendersi sul serio le riflessioni fantasiose del Friedländer che – poggiando su 9:13-15 – vi vede un riferimento ad Archimede nell’assalto di Siracusa nel 214-212 a. E. V. (Griechische Philosophie in A. T., Berlin, 1904, pagg. 131-162). Vale lo stesso rifiuto per il Dorneseiff che vi rinviene un’allusione alla battaglia di Maratona nel 490 a. E. V. (Das Buch Prediger in “Zeitschrift zu Deutschen Morgenlandischen Gesellschaft” 89, 1935, pagg. 243-249). Il contenuto di Ec 9:13-15 è solo un esempio volutamente impreciso che lo scrittore ispirato porta e che può riferirsi a tutti i casi del genere.