Origine del libro di Daniele nel secondo secolo a. E. V.? Il primo studioso che negò la paternità di Daniele fu, nel 4° secolo della nostra èra, il filosofo neoplatonico Porfirio (morto nel 304), che per la minuziosità dei particolari riguardanti la storia dei seleucidi, ne rimandò la compilazione al 2° secolo a. E. V.. Tale opinione fu accolta anche dall’antiocheno Teodoreto, vescovo di Ciro in Siria (morto nel 460). Riapparve poi nel 17° secolo per opera di Uriel (morto nel 1647), del filosofo ebreo Spinoza e di Newton. Fu difesa con ragioni critiche dal Corrodi (18° secolo). Il fatto che molti suoi sostenitori negarono la paternità di Daniele con la semplice ragione che, essendo per loro la profezia impossibile, il racconto doveva essere inteso post eventum ossia posteriore al suo avveramento, rese sospetta ai credenti l’ipotesi della non genuinità danielica. Ora però si comincia a valutare meglio il problema anche da parte di studiosi che ammettono la vera profezia e che quindi non sono mossi nei loro studi dal desiderio di negare il soprannaturale. Di conseguenza, l’opinione che il libro risalga al periodo di Antioco IV Epifane sta ora guadagnando terreno tra i cattolici, gli ebrei e ancor più tra i protestanti. Ecco le principali ragioni dedotte prevalentemente dall’analisi letteraria del libro:

1)       Lo scritto di Daniele si trova presso gli ebrei nella terza parte della Bibbia ebraica, quella degli Scritti (ketuvìm), che contiene tutti i testi più tardivi riuniti insieme quando le altre due raccolte (quelle della Toràh o Pentateuco e quella dei Profeti o Neviìm) erano già ultimate. Se il libro di Daniele fosse stato scritto nel 6° secolo a. E. V., perché non fu messo nella collezione profetica, dove trovarono posto altri scritti posteriori come Aggeo, Zaccaria e Malachia? Segno evidente che a quel tempo non era ancora stato scritto.

2)       Il fatto che la LXX greca ponga Daniele tra i profeti, subito dopo Ezechiele e prima dei dodici Profeti Minori non documenta che in passato lo fosse anche presso gli ebrei. Si sa, infatti, che la versione greca della LXX è assai tardiva (vi è pure incluso l’Ecclesiastico e la Sapienza, apocrifi composti non prima del 2° secondo secolo a. E. V.); c’è poi da dire che la LXX era in accordo con la mentalità greca, per cui ristrutturò tutta la Bibbia ebraica secondo la materia, dividendola nei seguenti raggruppamenti: Legge, libri storici, libri profetici, libri poetici, libri sapienziali.

3)       Il libro di Daniele non è ricordato dal Siracide (o Ecclesiastico), apocrifo composto nel 190-180 a. E. V., benché questo apocrifo ricordi tutti i profeti nel suo elogio dei padri: Isaia (48:20), Geremia (49:7), Ezechiele (49:8), i dodici profeti (49:10). Segno evidente che a quel tempo Daniele non era ancora stato composto.

4)       Il libro di Daniele è invece conosciuto dall’apocrifo Maccabei. Nelle traduzioni non si nota, ma la LXX ha in Dn 9:27: βδέλυγμα τῶν ἐρημώσεων (bdèlügma tòn eremòseon), “abominio delle desolazioni”; sempre la LXX ha in 1Maccabei 1:54: βδέλυγμα ἐρημώσεως (bdèlügma eremòseos), “abominio di desolazione”, che è la stessa identica espressione usata da Yeshùa in Mt 24:15: βδέλυγμα τῆς ἐρημώσεως (bdèlügma tès eremòseos), “abominazione della desolazione”. Impossibile che Dn dipenda da Maccabei; si deve ammettere che Maccabei dipende da Daniele.

5)       Il cap. 11 di Dn non è propriamente profetico ma apocalittico. Al v. 34 allude probabilmente ai primi successi di Giuda Maccabeo nell’anno 166 a. E. V., che riunisce attorno a sé elementi della resistenza giudaica (che quindi doveva già aver avuto luogo). In Dn 11:34 si legge: “Quando saranno travolti, riceveranno qualche piccolo aiuto; ma molti si uniranno a loro senza convinzione”; ora si noti 1Maccabei 3:19,20: “La vittoria in guerra non dipende dalla moltitudine delle forze, ma è dal Cielo che viene l’aiuto. Costoro vengono contro di noi pieni d’insolenza” (CEI), e si noti anche 1Maccabei 2:42: “In quel tempo si unì con loro un gruppo degli Asidei, i forti d’Israele, e quanti volevano mettersi a disposizione della legge” (CEI). Si deve quindi concludere che almeno questa parte di Dn è posteriore.

6)       Lo stesso libro di Dn si conclude proprio in questo periodo maccabaico. In Dn 12:9 l’angelo comanda a Daniele: “Va’ Daniele; perché queste parole sono nascoste e sigillate sino al tempo della fine”, il che significa che il libro doveva essere messo in circolazione solo quando qualcuno avrebbe detto che quello era appunto il “tempo della fine”. Il che si può spiegare con il fatto che il testo di Daniele sarebbe dovuto rimanere segreto presso qualche gruppo esoterico fino al 2° secolo a. E. V., quando gli eventi del tempo di Antioco avrebbero indotto molti a pensare che quella fosse proprio l’epoca finale e decisiva della storia umana. Ma perché scrivere un libro prima e tenerlo nascosto per quattro secoli? È molto meglio pensare – dice S. B. Frost – che il libro sia stato scritto nel 2° secolo ma in modo tale da sembrare composto tanto tempo prima. Ad ogni modo la storia giudaica dal 180 a. E. V. in avanti è di enorme importanza per la composizione del testo di Daniele. Il libro va però posto prima della morte di Antioco IV Epifane (164 a. E. V.), la quale è profetizzata in termini così generici e simbolici da apparire piuttosto la fine di un essere anti-divino che introduce nel Regno finale messianico, anziché quella di un re seleucida.

“Al tempo della fine, il re del mezzogiorno si scontrerà con lui; il re del settentrione gli piomberà addosso come la tempesta, con carri e cavalieri e con molte navi; entrerà nei paesi invadendoli e passerà oltre. Entrerà pure nel paese splendido e molti soccomberanno; ma Edom, Moab e la parte principale dei figli di Ammon scamperanno dalle sue mani. Egli stenderà la mano anche su diversi paesi, neppure l’Egitto scamperà. S’impadronirà dei tesori d’oro e d’argento e di tutte le cose preziose dell’Egitto. I Libi e gli Etiopi saranno al suo sèguito. Ma notizie dall’oriente e dal settentrione lo spaventeranno ed egli partirà con gran furore, per distruggere e disperdere molti. Pianterà la tenda reale fra il mare e il bel monte santo; poi giungerà alla sua fine e nessuno gli darà aiuto”. – Dn 11:40-45.

   Si deve quindi concludere che il libro è anteriore al 164, data della morte del re Antioco IV, l’oppressore della fede giudaica.