Gli agiografi (o scrittori sacri) lasciano nella Bibbia l’impronta della loro individualità. Luca è l’autore più umano di tutte le Scritture Greche. Delicato fino all’eccesso, evita che qualcuno possa apparire sotto un aspetto sfavorevole nel suo scritto. La sua umanità si rivela nel suo amore per i peccatori, per i poveri, per le donne, per la preghiera e per il lavoro missionario. Dante Alighieri lo chiamava “scriba mansuetudinis Christi” (scrittore della mansuetudine di Cristo) proprio per questa caratteristica del suo Vangelo. – D. Alighieri, De Monàrchia, I.
1. Amore per i peccatori.
Più degli altri evangelisti, Luca mette in risalto l’amore con cui Yeshùa andò alla ricerca dei peccatori per perdonare loro le colpe. Il suo scritto è il Vangelo della misericordia. Solo Luca parla della dramma (una moneta che probabilmente pesava circa 3,4 grammi, il cui valore si aggirerebbe oggi su mezzo euro circa) perduta (15:8-10), della pecorella smarrita (15:1-7), del figlio dissipatore (15:11-32), della peccatrice perdonata (7:36-50) circa la quale riporta le parole di Yeshùa: “I suoi molti peccati le sono perdonati, perché ha molto amato”. – 7:47.
I samaritani non appaiono più come la gente odiata dagli ebrei, ma appaiono sotto una nuova luce di amore. Yeshùa si oppone ai figli di Zebedeo che vorrebbero far scendere fuoco dal cielo per distruggere un inospitale villaggio samaritano (9:51-54). Colui che si prende cura di un viandante percosso dai ladri e lasciato lì mezzo morto è un samaritano (10:31,sgg.). Samaritano è anche l’unico lebbroso che ringrazia Yeshùa per la propria guarigione. – 17:15-19.
Luca ricorda la preghiera di Yeshùa morente sul palo per i suoi carnefici: “Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno” (23:34), e anche il pentimento del malfattore condannato che si trova accanto a lui e cui Yeshùa assicura: “Io ti dico oggi, in verità, che tu sarai con me in paradiso” (23:43, Dia). Il Vangelo lucano è quindi un messaggio di speranza per i peccatori. – Sulla traduzione “ti dico oggi” anziché “ti dico che oggi”, si veda lo studio “Tu sarai con me in paradiso”, quando In questa stessa categoria.
2. Amore per i poveri.
Luca doveva aver notato che i poveri erano i più pronti ad accogliere il messaggio e ad attendere il Regno, per cui egli mette in risalto il beneficio del farsi poveri per il Signore. Nelle beatitudini, oltre a riportare “beati voi che siete poveri” (6:20), aggiunge una dura invettiva contro i ricchi: “Ma guai a voi, ricchi” (6:24) che non si trova nel testo parallelo di Mt. Luca mostra, in una parabola che solo il suo Vangelo riporta, la stoltezza del ricco destinato a morire che si affida alle proprie ricchezze. – 12:13-21.
Luca esalta la prontezza degli apostoli nel rinunciare a ogni cosa pur di seguire Yeshùa, mettendo in risalto questo comportamento da parte di Giacomo e Giovanni (5:11) e Levi (5:28). Luca riporta l’invito di Yeshùa a lasciare tutto: “Vendete i vostri beni, e dateli in elemosina” (12:33); per diventare discepoli di Yeshùa è necessario rinunciare a tutto quanto si possiede: “Ognuno di voi, che non rinunzia a tutto quello che ha, non può essere mio discepolo” (14:33). Forse così agì lo stesso Luca: anziché dedicarsi al redditizio lavoro di medico, spesso preferì seguire Paolo nella sua missione apostolica.
Luca riferisce anche l’obbligo di dare a chi chiede: “Dà a chiunque ti chiede; e a chi ti toglie il tuo, non glielo ridomandare” (6:30); senza la speranza di riavere in qualche modo quel che si è dato: “Se prestate a quelli dai quali sperate di ricevere, qual grazia ne avete?” (6:34). Bisogna dare persino quel che si ha nel piatto (togliersi il boccone di bocca) per aiutare chi è nel bisogno: “Date piuttosto in elemosina quello che è dentro il piatto” (11:41). La teologia del dare il “superfluo” poggia su un’errata traduzione di questo versetto come compare della Volgata latina: “quod superest”; non si tratta di ‘ciò che superfluo’, ma “ciò che sta sopra [super est]” al piatto. Così anche TNM: “Le cose che sono all’interno”, pur non specificando all’interno di cosa. Occorre vendere, se necessario, i propri beni per darli ai poveri e seguire Yeshùa. – 12:33.
Nel libro di At Luca narra con evidente simpatia la comunione dei beni che si praticava, per cui nessuna cosa era ritenuta propria ma considerata un bene della comunità. – At 2:44 e sgg.;4:32;5:1-10.
Chi non dà sarà punito come il ricco crapulone. – 16:19-31.
Come esempio di aiuto per chi è nel bisogno è commovente la bella parabola del buon samaritano che solo Luca riporta. – 10:30-35.
3. Amore per il gentil sesso.
Luca, come medico, dovette notare come il cosiddetto “sesso debole” fosse calpestato dal maschio, perciò ne esalta con tratti commossi la gentilezza d’animo. Le donne non appaiono più in Lc come le disprezzate, poste in balìa dell’uomo, ma come le collaboratrici di Yeshùa nel suo lavoro missionario: esse meritano rispetto, comprensione e simpatia. È Luca che ci fa intuire la gioia della madre di Nain nel riottenere il figlio risorto: “Il Signore, vedutala, ebbe pietà di lei e le disse: ‘Non piangere’” (7:13). È Luca che parla delle donne che seguivano Yeshùa, facendone i nomi: “Egli se ne andava per città e villaggi, predicando e annunziando la buona notizia del regno di Dio. Con lui vi erano i dodici e alcune donne […] Maria, detta Maddalena, […] Giovanna” (8:1-3). È sempre Luca che parla della peccatrice perdonata (7:36,sgg.); di Marta e Maria sempre ospitali con Yeshùa, delle donne di Gerusalemme che consolavano Yeshùa sofferente sulla cosiddetta “via dolorosa” (23:27 e sgg.), delle prime messaggere della resurrezione (24:1-12). È ancora Luca che con finezza tratteggia la fede di Miryàm, madre di Yeshùa, la quale non oppose obiezioni alla richiesta dell’angelo, ma con prontezza rispose: “Ecco, io sono la serva del Signore”. – 1:38.
4. Amore verso la preghiera.
Spesso Luca sottolinea il bisogno che Yeshùa sente di entrare in contatto con Dio tramite la preghiera. Lo sforzo umano non basta, se non è corroborato dalla forza divina che si attinge nell’unione spirituale con Dio. Per ben otto volte Luca sottolinea che Yeshùa pregò, specialmente nei momenti più culminanti della sua vita.
- Durante il battesimo: “Gesù fu battezzato; e, mentre pregava, si aprì il cielo”. – 3:21.
- Nel deserto: “Egli [Yeshùa] si ritirava nei luoghi deserti e pregava”. – 5:16.
- Prima di eleggere gli apostoli, una notte intera: “Andò sul monte a pregare, e passò la notte pregando Dio”. – 6:12.
- Prima della confessione di Pietro “egli stava pregando”. – 9:18.
- Prima della trasfigurazione “pregava”. – 9:29.
- Quando insegnò la preghiera modello, “Gesù era stato in disparte a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: ‘Signore, insegnaci a pregare’”. – 11:1.
- Per la debolezza di Pietro: “Io ho pregato per te, affinché la tua fede non venga meno”. – 22:32.
- Durante la prova nel Getsemani: “Postosi in ginocchio pregava”. – 22:41.
Oltre a queste volte ricordate, Yeshùa pregò infine sul palo, dicendo: “Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno”. – 23:34.
Luca sottolinea che Yeshùa pure insegnò a suoi discepoli a pregare con insistenza, “per mostrare che dovevano pregare sempre e non stancarsi” (18:1); in ogni momento della vita, “pregando in ogni momento” (21:36); con umiltà, come il pubblicano (un funzionario incaricato dal governo romano di riscuotere le imposte e i diritti di dogana; i pubblicani di origine ebraica erano particolarmente disprezzati dai loro compatrioti) che “se ne stava a distanza e non osava neppure alzare gli occhi al cielo; ma si batteva il petto, dicendo: ‘O Dio, abbi pietà di me, peccatore!’” (18:13); e con perseveranza: “Chiedete con perseveranza, e vi sarà dato; cercate senza stancarvi, e troverete; bussate ripetutamente, e vi sarà aperto”. – 11:9.
Luca sottolinea le parole di Yeshùa che esortano a pregare con la potenza dello spirito santo: “Quanto più il Padre celeste donerà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono” (11:13). In tal modo Luca si riallaccia all’insegnamento di Paolo: “Pregate in ogni tempo, per mezzo dello Spirito, con ogni preghiera e supplica; vegliate a questo scopo con ogni perseveranza” (Ef 6:18). E si riallaccia anche alla vita dei primi discepoli che erano perseveranti nella preghiera: “Tutti questi perseveravano concordi nella preghiera, con le donne”. – At 1:14.
5. Amore per il lavoro missionario.
Questo è, si potrebbe dire, il tema centrale di tutto il Vangelo lucano. Il tema missionario vi è costantemente presente, e vi appaiono le seguenti caratteristiche.
- Yeshùa è il missionario per eccellenza. Egli, sin dall’infanzia, è salutato da Simone come “luce da illuminare le genti” (2:32). Il suo programma missionario appare nel discorso tenuto a Nazaret: “Aperto il libro, trovò quel passo dov’era scritto: Lo Spirito del Signore è sopra di me; perciò mi ha unto per evangelizzare i poveri; mi ha mandato ad annunziare la liberazione ai prigionieri, e ai ciechi il ricupero della vista; a rimettere in libertà gli oppressi, e a proclamare l’anno accettevole del Signore. Poi, chiuso il libro e resolo all’inserviente, si mise a sedere; e gli occhi di tutti nella sinagoga erano fissi su di lui. Egli prese a dir loro: ‘Oggi, si è adempiuta questa Scrittura, che voi udite’” (4:17-21). Il dovere di Yeshùa è quello di recare la buona notizia (evangelizzare), e spesso in Lc ricorre l’espressione “bisogna”: “Anche alle altre città bisogna che io annunzi la buona notizia del regno di Dio; poiché per questo sono stato mandato” (4:43); “Bisogna che io cammini oggi, domani e dopodomani” (13:33); “Zaccheo, scendi, presto, perché oggi debbo fermarmi a casa tua” (19:5); “Non doveva il Cristo soffrire tutto ciò ed entrare nella sua gloria?” (24:26); “Si dovevano compiere tutte le cose scritte di me nella legge di Mosè, nei profeti e nei Salmi”. – 24:44.
- La chiesa o congregazione missionaria è in cammino. Il lettore degli scritti di Luca (Lc e At) è colpito dai viaggi di Yeshùa e dei suoi discepoli. Tutte le persone sono presentate come dei viaggiatori: Yeshùa, Pietro, Filippo, Paolo, lo stesso medico Luca e le donne. Yeshùa è costantemente per strada. In questo sviluppo missionario le città giocano un ruolo fondamentale. Esse sono il luogo dell’autorità e del potere dei Cesari: “In quel tempo uscì un decreto da parte di Cesare Augusto, che ordinava il censimento di tutto l’impero. Questo fu il primo censimento fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi registrare, ciascuno alla sua città” (2:1-3). Ma esse sono anche un complesso sociale in cui si trovano le più disparate categorie di persone: giudici, prostitute, posseduti, poveri, briganti, ortodossi, patrioti … In Lc 10:1-12 appare una specie di teologia della città. In questo breve brano la parola “città” [greco πόλις, pòlis] si trova ben cinque volte: “Il Signore designò altri settanta discepoli e li mandò a due a due davanti a sé in ogni città [πόλιν, pòlin] e luogo dov’egli stesso stava per andare. E diceva loro: ‘La mèsse è grande, ma gli operai sono pochi; pregate dunque il Signore della mèsse perché spinga degli operai nella sua mèsse. Andate; ecco, io vi mando come agnelli in mezzo ai lupi. Non portate né borsa, né sacca, né calzari, e non salutate nessuno per via. In qualunque casa entriate, dite prima: <Pace a questa casa!> Se vi è lì un figlio di pace, la vostra pace riposerà su di lui; se no, ritornerà a voi. Rimanete in quella stessa casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché l’operaio è degno del suo salario. Non passate di casa in casa. In qualunque città [πόλιν, pòlin] entriate, se vi ricevono, mangiate ciò che vi sarà messo davanti, guarite i malati che ci saranno e dite loro: <Il regno di Dio si è avvicinato a voi>. Ma in qualunque città [πόλιν, pòlin] entriate, se non vi ricevono, uscite sulle piazze e dite: <Perfino la polvere della vostra città [πόλεως, pòleos] che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scotiamo contro di voi; sappiate tuttavia questo, che il regno di Dio si è avvicinato a voi>. Io vi dico che in quel giorno la sorte di Sodoma sarà più tollerabile della sorte di quella città [πόλει, pòlei]’”. Secondo le precise istruzioni di Yeshùa, la predicazione va effettuata pubblicamente nelle città o centri abitati. È del tutto esclusa la predicazione di casa in casa: “Non passate di casa in casa” (v. 7). – Si veda al riguardo lo studio La predicazione di casa in casa non è scritturale, in questa stessa categoria.
L’opera di Luca è costruita sulle linee di una geografia che si trasforma in teologia: verso Gerusalemme, verso Roma. La Galilea è circoscritta da tre città (Nazaret, Cafarnao, Betsaida), il cammino verso Gerusalemme e verso Roma si attua di città in città. La città è il luogo di eccellenza per l’annuncio: “Anche alle altre città bisogna che io annunzi la buona notizia del regno di Dio” (Lc 4:43); “Egli se ne andava per città e villaggi, predicando e annunziando la buona notizia del regno di Dio […] una gran folla e la gente di ogni città accorreva a lui […]. Gesù lo rimandò, dicendo: ‘Torna a casa tua, e racconta le grandi cose che Dio ha fatte per te’. Ed egli se ne andò per tutta la città, proclamando tutto quello che Gesù aveva fatto per lui” (Lc 8:1,4,39). “Egli attraversava città e villaggi, insegnando e avvicinandosi a Gerusalemme” (13:22). – Cfr. anche: “Va’ presto per le piazze e per le vie della città, e conduci qua poveri, storpi, ciechi e zoppi”. – 14:21.
Matteo riferisce una civilizzazione rurale; per Marco non la città ma l’annuncio storicizza il consacrato Yeshùa. Per Luca, il messaggio di Yeshùa passa di città in città.