Qual è l’origine del pensiero giovanneo? Indubbiamente è Yeshùa. Dato, comunque, che gli studiosi hanno rinvenuto idee che lo renderebbero posteriore al primo secolo, occorre esaminare la questione e dare delle risposte. Di che idee si tratta? Vediamole.

  1. Si tratta di idee ricollegabili ai movimenti gnostici noti a Efeso. Ad Efeso, cinque secoli prima di Giovanni, visse il filosofo greco Eraclito che aveva parlato del Lògos. Al platonismo popolare si ricondurrebbe la contrapposizione tra ciò che è dal basso (corpo) e ciò che è dall’alto (anima); questo nella filosofia platonica. Si è voluto vedere in Gv tale contrapposizione quando vi si parla del pane naturale che nutre il corpo e del pane “vero” (ossia quello del mondo delle idee) che nutrirebbe l’anima. Queste distinzioni, oltre che nel platonismo, per la verità erano penetrate anche nel giudaismo che distingueva tra ciò che è dai cieli e ciò che è dalla terra.
  2. Per altri studiosi queste idee hanno a che fare con il Lògos di Filone, un ebreo alessandrino che aveva pensato di adattare il pensiero biblico a quello greco e la rivelazione di Dio alla ragione. Tuttavia non vi sono prove che Filone sia stato utilizzato da Gv. Tutti e due si rifanno alle Scritture Ebraiche che è fonte tanto per l’uno che per l’altro, ma Filone e Giovanni sono indipendenti.
  1. Altri studiosi hanno pensato di chiarire Gv con gli scritti “ermetici” di provenienza egizia, così chiamati perché parlano di Ermete Trismegisto (= “tre volte grande”, da mègas, “grande”, in greco), divinità greca modellata sul dio egizio della sapienza Thoth. Questi scritti ermetici fondono assieme platonismo e stoicismo con elementi di religiosità orientale asserendo che la salvezza si può raggiungere solo tramite la conoscenza. Presso le correnti ermetiche e giovannee appaiono termini comuni (“luce e vita”; “rimanere nelle tenebre”; “ acqua che scaturisce in vita eterna”), questo è vero. Ma non si può tuttavia pensare che Giovanni abbia attinto le sue idee dai testi ermetici. Invece, si può pensare benissimo che i testi ermetici abbiano attinto da Gv. I testi ermetici sono stati composti nel 2° e nel 3° secolo E. V.. e quindi non possono essere la fonte di Gv ad essi anteriore.
  2. Altri ancora presuppongono un’origine gnostico-ellenistica. Questi studiosi fanno riferimento al salvatore gnostico come appare presso i mandei, una setta tuttora esistente in Iraq. I loro scritti sono stati composti verso il 17°-18° secolo, ma la sostanza risalirebbe a un gruppo di battisti e gnostici del 1° secolo. Il mito mando (da manda, “cognizione”) include due aspetti: cosmologico (che ha a che fare con il mondo) e soteriologico (che ha a che fare con la salvezza). Una figura celeste luminosa sarebbe caduta dal cielo ed entrata nella materia dove venne vinta dalle potenze demoniache e dispersa nella materia stessa. Da questa combinazione di spirito e materia proverrebbe il mondo. I demoni avrebbero così fatto dimenticare alle particelle di luce la loro origine celeste. E qui s’innesterebbe la fase soteriologica: la divinità avrebbe fatto scendere nel mondo un essere celeste, il figlio della divinità, che apparendo in forma umana non fu riconosciuto dai demoni e poté così svelare alle anime la loro origine celeste e redimerle. La redenzione si avrebbe quindi tramite la conoscenza (manda). Dopo questa rivelazione, l’inviato divino sarebbe risalito in cielo per attendere le particelle luminose che lo avrebbero raggiunto alla morte dei corpi per ricomporre la primitiva figura luminosa.

   Oltre a questo pensiero gnostico, secondo tali studiosi, su Gv avrebbe giocato un ruolo anche il pensiero ellenistico dell’“uomo divino”, un essere carismatico che compirebbe miracoli e scoprirebbe i pensieri segreti del cuore umano. Tuttavia, i testi gnostici scoperti recentemente nell’alto Egitto hanno mostrato che i primi gnostici “cristiani” ignoravano un salvatore nella formula attribuitagli posteriormente. Gv non ha affatto preso a prestito l’“uomo divino” ellenistico, ma si è ispirato a Is 11:2-5: “Lo Spirito del Signore riposerà su di lui: Spirito di saggezza e d’intelligenza, Spirito di consiglio e di forza, Spirito di conoscenza e di timore del Signore. Respirerà come profumo il timore del Signore, non giudicherà dall’apparenza, non darà sentenze stando al sentito dire, ma giudicherà i poveri con giustizia, pronuncerà sentenze eque per gli umili del paese. Colpirà il paese con la verga della sua bocca, e con il soffio delle sue labbra farà morire l’empio. La giustizia sarà la cintura delle sue reni, e la fedeltà la cintura dei suoi fianchi“. Poggiando sulla profezia isaiana, Gv descrive Yeshùa come un uomo pieno di saggezza che conosce il cuore degli uomini. Anche Gv 2:24,25 è un’interpretazione dell’oracolo di Isaia: “Gesù non si fidava di loro, perché conosceva tutti e perché non aveva bisogno della testimonianza di nessuno sull’uomo, poiché egli stesso conosceva quello che era nell’uomo”. Lo stesso dualismo giovanneo non ha proprio nulla di gnostico giacché è sostanzialmente etico anziché cosmologico. Si tratta di un dualismo di decisione tra luce e tenebre, tra verità e menzogna, tra vita e morte. Questi aspetti giovannei sono riscontrabili anche a Qumràn, ma non si può pensare ad una dipendenza di Gv da Qumràn, neppure per il fatto che alcuni esseni divennero discepoli di Yeshùa. Tra il movimento dei discepoli di Yeshùa e il movimento degli esseni c’era una sostanziale differenza: mentre i qumranici attendevano il messia, per Gv egli era già venuto.

   Gv si rifà in modo particolare alle Scritture Ebraiche.

 

Gv

Scritture Ebraiche e giudaismo

1:1

(TNM)

“In principio era la Parola”

“In principio”. – Gn 1:1, TNM.

Dio usa la parola per creare.

10:11

“Io sono il buon pastore”

“Così dice Dio, il Signore: Eccomi! io stesso mi prenderò cura delle mie pecore e andrò in cerca di loro”. – Ez 34:11.

15:1

“Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo”

“Portasti fuori dall’Egitto una vite;

scacciasti le nazioni per piantarla”. – Sl 80:8.

7:27

“Quando il Cristo verrà, nessuno saprà di dove egli sia”

Allusione alla credenza rabbinica che il messia dovesse nascondersi fino a quando Dio lo avrebbe rivelato ad Israele.

5:39

“Voi investigate le Scritture, perché pensate d’aver per mezzo di esse vita eterna”

Gli scribi credevano di assicurarsi la vita eterna studiando le Scritture. Yeshùa biasima ironicamente i giudei che studiano la Bibbia ma non credono in lui.

6:30,

31

“Quale segno miracoloso fai, dunque, perché lo vediamo e ti crediamo? Che operi? I nostri padri mangiarono la manna nel deserto”

Allusione al concetto rabbinico che il messia avrebbe ripetuto i prodigi dell’esodo e ridonato la manna.

7:22

“Voi circoncidete l’uomo in giorno di sabato”

La superiorità della circoncisione sul sabato era riconosciuta anche dai rabbini.

8:24

“Se non credete che io sono”

Richiamo all’

“Io, io sono colui che” (Is 51:12) della presenza messianica.

8:28

“Allora conoscerete che io sono”