I racconti biblici riguardanti la chiamata di Paolo (si veda al riguardo il nostro precedente studio La chiamata di Paolo in questa stessa categoria) possono essere presi come esempio del come condurre un’esegesi moderna. Lo spunto ce lo dà lo studioso G. Lohfink. Ne diamo qui un sunto.

   Lo studioso ha prima preso in considerazione i tre racconti di Atti che parlano della chiamata di Paolo e ne ha messo in evidenza le difficoltà (create anche dalle traduzioni) circa le loro discordanze in paragone alle allusioni che Paolo stesso fa alla sua chiamata.

   Dopo ciò, mostra l’insufficienza dei metodi generalmente seguiti:

  1. La soluzione conservatrice che tiene tutti i particolari per storici e si sforza di armonizzarli psicologicamente.
  2. La critica letteraria che pretende di spiegare tutto con presunte fonti diverse.

   Invalidati questi due procedimenti, l’autore pensa che si debba seguire un’altra strada: quella del metodo delle forme letterarie. Secondo il Lohfink, i discorsi degli Atti riproducono la realtà della chiamata di Paolo e della sua visione sulla strada per Damasco, ma sono stati ricostruiti personalmente da Luca utilizzando dati tradizionali (forme letterarie, appunto) del passato.

   Egli paragona i racconti di Luca con metodi espositivi delle Scritture Ebraiche.

Dialogo dell’apparizione

(At 9:4-6;22:7-10;26:14-16)

Forma letteraria tratta

dalle Scritture Ebraiche

(Gn 31:11-13;46:2,3; Es 3:2-10)

“Una voce che gli diceva . . . ‘Chi sei, Signore?’. . ‘Io sono . . . Àlzati

“Mi disse . . . ‘Giacobbe!’. . . . ‘Eccomi!’. . . ‘Io sono . . . Ora àlzati’”

Disse: ‘Saulo, Saulo . . .’ Io risposi: . . . . disse: ‘Io sono . . .  là ti saranno . . .’” Disse: ‘Giacobbe, Giacobbe!’ Ed egli rispose: . . . disse: ‘Io sono . . .  là ti . . .’”
Disse . . . : ‘Saulo, Saulo . . . ‘  , per questo ti sono apparso . . . ‘” Disse: ‘Mosè! Mosè!’ . . . Or dunque va’ . . . ‘”

La chiamata pare ispirarsi alla vocazione di Ezechiele, di Geremia e del servo di Yhvh.

“Ma àlzati, e sta in piedi perché per questo ti sono apparso: per farti ministro e testimone delle cose che hai viste, e di quelle per le quali ti apparirò ancora, liberandoti da questo popolo e dalle nazioni, alle quali io ti mando per aprire loro gli occhi, affinché si convertano dalle tenebre alla luce e dal potere di Satana a Dio, e ricevano, per la fede in me, il perdono dei peccati e la loro parte di eredità tra i santificati”.

At 26:16-18

Alzati in piedi . . . io ti mando ai figli d’Israele, a nazioni ribelli . . . “

Ez 2:1,3

Io ti stabilisco . . . io sono con te per liberarti”

Ger 1:18,19

Per aprire gli occhi . . . cambierò davanti a loro le tenebre in luce

Is 42:7,16

    La doppia visione simultanea (a Paolo e ad Anania) è un motivo ben noto nella letteratura ellenistica. Lo ritroviamo anche nella doppia visione a Cornelio e Pietro.

“Or a Damasco c’era un discepolo di nome Anania; e il Signore gli disse in visione: ‘Anania!’. Egli rispose: ‘Eccomi, Signore’. E il Signore a lui: ‘Àlzati, va’ nella strada chiamata Diritta, e cerca in casa di Giuda uno di Tarso chiamato Saulo; poiché ecco, egli è in preghiera, e ha visto in visione un uomo, chiamato Anania, entrare e imporgli le mani perché ricuperi la vista’”.

At 9:10-12

“Egli vide chiaramente in visione, verso l’ora nona del giorno, un angelo di Dio che entrò da lui e gli disse: ‘Cornelio!’. Egli, guardandolo fisso e preso da spavento, rispose: ‘Che c’è, Signore?’. E l’angelo gli disse: ‘Le tue preghiere e le tue elemosine sono salite, come una ricordanza, davanti a Dio. E ora manda degli uomini a Ioppe, e fa’ venire un certo Simone, detto anche Pietro. Egli è ospite di un tal Simone, conciatore di pelli, la cui casa è vicino al mare . . . Mentre Pietro stava ripensando alla visione, lo Spirito gli disse: ‘Ecco tre uomini che ti cercano. Àlzati dunque, scendi, e va’ con loro’”.

At 10:3-6,19,20

La frase di At 26:14 (“Ti è duro ricalcitrare contro il pungolo”) utilizza un proverbio noto nel mondo greco e romano.

La visione con luce, voce e stupore dei presenti è un motivo frequente nelle apparizioni. Come, ad esempio, in Dn 10:5-9.

“D’improvviso, sfolgorò intorno a lui una luce dal cielo e, caduto in terra, udì una voce che gli diceva: ‘Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?’ Egli domandò: ‘Chi sei, Signore?’ E il Signore: ‘Io sono Gesù, che tu perseguiti. [Ti è duro recalcitrare contro il pungolo. Egli, tutto tremante e spaventato, disse: Signore, che vuoi che io faccia? Il Signore gli disse:] Àlzati, entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare’. Gli uomini che facevano il viaggio con lui rimasero stupiti, perché udivano la voce, ma non vedevano nessuno”.

At

 9:3-7

“Alzai gli occhi, guardai, ed ecco un uomo, vestito di lino, che aveva ai fianchi una cintura d’oro di Ufaz. Il suo corpo era come crisolito, la sua faccia splendeva come la folgore, i suoi occhi erano come fuoco fiammeggiante, le sue braccia e i suoi piedi erano come il rame splendente e il suono della sua voce era come il rumore d’una moltitudine. Soltanto io, Daniele, vidi la visione; gli uomini che erano con me non la videro, ma un gran terrore piombò su di loro e fuggirono a nascondersi. Io rimasi solo, a contemplare quella grande visione. In me non rimase più forza; il mio viso cambiò colore fino a rimanere sfigurato e le forze mi abbandonarono. Poi udii il suono delle sue parole, ma appena le udii caddi assopito con la faccia a terra.

Dn 10:5-9

   La triplice presentazione lucana della visione sulla via damascena ha lo scopo di esaltare il fatto che è Dio a volere la missione tra i pagani e che la attua per adempiere le profezie delle Scritture Ebraiche. La conversione di Cornelio (questa, sì, fu una conversione, perché Cornelio non era un proselito appartenente alla comunità ebraica) è posteriore alla missione affidata a Paolo (At 10). È Luca che, con un crescendo letterario, varia di proposito i racconti della visione in modo da mostrare che Paolo – pur non essendo uno dei Dodici – è il continuatore legittimo dell’apostolato che assicura il passaggio dal tempo di Yeshùa a quello della chiesa o congregazione. Come uno studioso ha acutamente notato, se non ci fosse stato Paolo la prima comunità dei discepoli di Yeshùa sarebbe stata presto liquidata come una setta giudaica. Ma Dio, tramite Yeshùa, chiamò Paolo.

   La visione damascena è reale, ma come elemento soprannaturale trascende tutte le descrizioni che di essa si possono dare. Queste descrizioni, nella loro varietà, sono un modo voluto per presentare un qualcosa di quella realtà indescrivibile. Questo è il modo mediorientale della Bibbia di concepire e di esporre la meravigliosa realtà storica dell’intervento di Dio.