Prologo (1-7)
Saluti (1-3). “Paolo, prigioniero di Cristo Gesù, e il fratello Timoteo, al caro Filemone, nostro collaboratore, alla sorella Apfia, ad Archippo, nostro compagno d’armi, e alla chiesa che si riunisce in casa tua, grazia a voi e pace da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo”.
Il v. 3 può essere tradotto in due modi:
“Da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo” |
NR, TNM |
ἀπὸ θεοῦ πατρὸς ἡμῶν καὶ κυρίου Ἰησοῦ Χριστοῦ apò theù patròs emòn kài kürìu Iesù christù “Da Dio, Padre di noi e di Yeshùa consacrato” |
Testo greco |
La lettera, scritta contemporaneamente da Paolo e da Timoteo, è indirizzata a Filemone, ad Apfia e ad Archippo. Forse si tratta di marito, moglie e figlio.
Nonostante che Filemone sia chiamato “nostro collaboratore” (v. 1), sembra che la congregazione fosse nelle mani di Archippo, chiamato “compagno d’armi” (v. 2) o “commilitone” (TNM). In Col 4:17 Paolo indirizza ad Archippo queste parole: “Bada al servizio che hai ricevuto nel Signore, per compierlo bene”. La parola “commilitone” è riferita pure a Epafròdito in Flp 2:25: “Epafrodito, mio fratello e compagno d’opera e commilitone” (TNM). Il termine si riferisce alle fatiche affrontate per Yeshùa e a qualche funzione gerarchica tenuta nella congregazione che era ospitata nella casa del benestante Filemone.
Rendimento di grazie (4-7). “Io ringrazio continuamente il mio Dio, ricordandomi di te nelle mie preghiere, perché sento parlare dell’amore e della fede che hai verso il Signore Gesù e verso tutti i santi. Chiedo a lui che la fede che ci è comune diventi efficace nel farti riconoscere tutto il bene che noi possiamo compiere, alla gloria di Cristo. Infatti ho provato una grande gioia e consolazione per il tuo amore, perché per opera tua, fratello, il cuore dei santi è stato confortato”.
Si noti qui l’ufficio della preghiera, che è rendimento di grazie anche per gli individui. Non si tratta di esaltare le persone per le loro doti o per le loro attività, ma si tratta di lodare Dio per il bene che gli individui compiono. Non sarebbe bello che qualcuno potesse ringraziare Dio anche per noi?
Paolo esalta l”amore” e la “fede” di Filemone (v. 5). In che senso la fede è sia “verso il Signore” sia “verso tutti i santi” (v. 5)? L’amore, che si estende a “tutti i santi” (v. 5) ovvero a tutti i discepoli di Yeshùa, è frutto della fede verso Yeshùa e verso i suoi discepoli visti nella loro unione al Signore. Paolo augura anzi a Filemone che la “la fede che ci è comune diventi efficace nel farti riconoscere tutto il bene che noi possiamo compiere, alla gloria di Cristo” (v. 6). “La fede che ci è comune” è “la partecipazione della tua fede” (TNM): ἡ κοινωνία τῆς πίστεώς (e koinonìa tes pìsteos), “la comunione della fede”. Paolo spera che questa comunione o partecipazione di fede diventi “efficace” o “operante” (TNM); il greco ha, letteralmente: “attiva dentro”. L’obiettivo di questa fede efficace o operante è quello di far “riconoscere tutto il bene che noi possiamo compiere” (v. 6), in altre parole di farci capire tutto il bene che noi possiamo compiere. Un po’ oscura in qualche punto è la traduzione del v. 6 fatta da TNM: “Divenga operante per mezzo del tuo riconoscimento di ogni cosa buona fra noi in relazione con Cristo”. Non si comprende cosa voglia dire “ogni cosa buona fra noi”. Il greco ha letteralmente “in noi” (ἐν ἡμῖν, en emìn). Paolo intende dire che la fede deve essere efficace facendoci riconoscere tutto il bene che è potenzialmente in noi e che potremmo compiere. “Se uno sa fare il bene e non lo fa, commette peccato” (Gc 4:17). “In relazione con Cristo” (v. 6, TNM) è una traduzione che sminuisce il significato greco; “alla gloria di Cristo” (NR) è fuorviante. Il greco ha εἰς Χριστόν (èis Christòn), letteralmente: “verso Cristo”. Paolo sta dicendo: La fede deve essere attiva interiormente per farci riconoscere ciò che di buono è dentro di noi, ciò che di buono possiamo fare per raggiungere Yeshùa. La particella èis (εἰς) indica infatti direzione: “Verso Cristo”, per raggiungere Cristo.
La ricchezza di Filemone gli consentiva di trasformare in opere buone il suo amore e la sua fede. Paolo si augura che tale partecipazione solidale possa crescere sempre più. Tuttavia, questa condivisione solidale già era in atto, tanto che “il cuore dei santi è stato confortato” (v. 7) o, come traduce TNM, “i teneri affetti dei santi han trovato ristoro”. Paolo usa un’espressione semitica:
τὰ σπλάγχνα τῶν ἁγίων ἀναπέπαυται
ta splànchna ton aghìon anapèpautai
le viscere dei santi sono state ricreate
“Le viscere” sono un semitismo per designare la parte più intima della persona, sede dell’affetto, della commozione e dei sentimenti (cfr. lo studio L’interno del corpo umano nella categoria Antropologia biblica della sezione La Bibbia). Con questo elogio Paolo intende preparare il terreno per la sua richiesta.