Lo studioso E. Troelsch afferma che le Scritture Greche non contengono alcun cenno alla questione sociale e che esse non riflettono “alcuna speranza per migliorare la situazione sociale esistente, nessuno sforzo per migliorare la malattia sociale” (The Social Teaching of the Christian Churches Vol. 1, New York, The Macmillan Company, pag. 39). Siccome i credenti del 1° secolo erano in gran parte appartenenti alle “classi sociali basse”, gente priva d’istruzione e di educazione, la visione della primitiva congregazione era “confinata nella comunità cristiana presa in se stessa e non in un programma popolare di riforma sociale”. – Ibidem, pag. 62.
Paolo accetta le strutture sociali esistenti senza pensare a una loro trasformazione. Del resto – aggiungono altri studiosi – il concetto escatologico di Paolo, che attendeva la prossima fine di questo mondo, lo rendeva indifferente al problema sociale. – Cfr. W. Beach e H. R. Biebuhr, Christian Ethics, Sources of the Living Tradition, New York, Ronald Press Co., pag. 49; J. Benneth, Christian Ethics and Social Policy, New York, Chas. Scribner’s Sons, pag. 16; C. F. Moule, Birth on the New Testament, New York, Harper and Row Publ., pag. 137.
Le asserzioni precedenti devono essere mitigate. Infatti, mentre è vero che Paolo non tentò di modificare direttamente le strutture sociali esistenti, cercò però di migliorarne le condizioni. Ciò sembra particolarmente vero alla luce del totale fallimento del “vangelo sociale” che si cercò di attuare in epoca moderna e che qualcuno ancora cerca inutilmente di attuare. La società è quella che è. Il mondo è quello che è. Il vangelo non ha mai preteso di rivoluzionare la società e questo mondo, dato che “tutto il mondo giace sotto il potere del maligno” (1Gv 5:19). Il mondo non deve essere trasformato dai credenti. Questo è un compito che spetta a Yeshùa glorificato e che sarà attuato al suo ritorno glorioso su questa terra. I discepoli di Yeshùa non trasformano il mondo. Sono loro a essere trasformati, e non lo sono dal mondo, ma da Yeshùa. Ma c’è un’etica nuova nella congregazione dei discepoli? Certo che sì. Questa etica riguarda però appunto la congregazione, non il mondo. Perciò Paolo insegnò ad agire entro i limiti consentiti dal contesto sociale del suo tempo.