Prima strofa. La congregazione è già il “regno del suo amato Figlio” (v. 13), perché Yeshùa è il punto d’incontro tra l’amore di Dio e l’umanità peccatrice. Il Regno però è ancora nella sua fase iniziale: in esso le forze celesti sono già all’opera benché i loro frutti siano ancora totalmente visibili: “In lui abbiamo la redenzione, il perdono dei peccati” (v. 14). I credenti possiedono già il germe di ciò che apparirà n seguito, vale a dire la “gloria che deve essere manifestata” (Rm 8:18), “poiché siamo stati salvati in speranza” (Rm 8:24; cfr. 2Cor 4:17). I credenti sono come se fossero già risorti in Yeshùa, ma per ora continuano a morire, benché la potenza della vita eterna sia già esistente in loro che più non appartengono alle tenebre (simbolo di morte, di peccato e di regno anti-divino). “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà” (Gv 11:25). “Siete stati con lui sepolti nel battesimo, nel quale siete anche stati risuscitati con lui mediante la fede nella potenza di Dio che lo ha risuscitato dai morti” (Col 2:12). Come si può allora pregare: “Venga il tuo regno” (Mt 6:10)? Non nel senso che tale espressione aveva sulle labbra di Yeshùa, quando il Regno non era ancora esistente (se non nella persona di Yeshùa, che era il fondatore del Regno). Possiamo però pregare nel senso che il Regno venga o, meglio, pervenga dove la congregazione dei discepoli di Yeshùa non è ancora giunta. E si può pregare nel senso che il Regno venga o giunga nel suo fulgore finale con il ritorno di Yeshùa che lui stesso ha promesso. In tal caso la preghiera corrisponde a “Vieni, Signore Gesù!”. – Ap 22:20.
In Yeshùa vi è la redenzione, la remissione dei peccati: “In lui abbiamo la redenzione, il perdono dei peccati” (1:14). La parola tradotta “redenzione” è, letteralmente, “liberazione” (ἀπολύτρωσιν, apolΰtrosin). Traduce bene TNM: “Mediante il quale abbiamo la nostra liberazione per riscatto”, anche se aggiunge “per riscatto” – senza neppure mettere tra parentesi quadre – che nel testo non è presente. Apolΰtrosis (ἀπολύτρωσις), “liberazione”, è un termine tecnico che nel diritto romano indica la liberazione di uno schiavo. L’essere umano – prima schiavo del peccato, della morte e di satana – è ora liberato da Dio per mezzo di Yeshùa (“in lui”, ἐν ᾧ, en o). – Cfr. At 20:28; 1Cor 6:20;7:23; 1Pt 1:19.