In Col 2:15 la via della croce è paradossalmente il trionfo di Dio in cui lui, il padrone dell’universo, trae nel corteo i principati e le potenze, come un imperatore romano i prigionieri. In NR si legge: “Ha spogliato i principati e le potenze, ne ha fatto un pubblico spettacolo, trionfando su di loro per mezzo della croce”. “Trionfando” è una povera traduzione del greco θριαμβεύσας (thriambèusas) che è invece reso molto bene in TNM: “Avendo spogliato i governi e le autorità, li ha esposti apertamente in pubblico come vinti, conducendoli per mezzo d’esso in una processione trionfale”.
Il verbo usato è θριαμβεύω (thriambèuo). Esso deriva da θρίαμβος (thrìambos) che era un inno al dio Dioniso, cantato nelle processioni festive in suo onore. Da questo vocabolo, tramite l’etrusco, provenne il termine latino triumphus (da cui poi l’italiano “trionfo”) che designava la processione trionfale di un condottiero vittorioso per le vie di Roma seguito dai suoi prigionieri. Questo senso passò nel verbo ellenistico θριαμβεύω (thriambèuo): “trionfare, celebrare il trionfo con una parata”, e passò nella parola θριαμβευτής (thriambeutès), “colui che riceve il trionfo”. Dato che i nemici vinti erano esposti al ridicolo in pubblico, tale verbo assunse poi il significato di “esporre al ridicolo” e semplicemente “esporre”, rendere pubblico”.
Questo verbo greco (θριαμβεύω, thriambèuo), in tutte le Scritture Greche si trova solo qui in Col 2:15 e in 2Cor 2:14. Il senso di esporre al ludibrio i prigionieri nella processione trionfale di Yeshùa che, morto e risorto, sale al cielo, si adatta molto bene al contesto del passo di Col.
Si adatta bene anche a 2Cor 2:14, che NR traduce: “Grazie siano rese a Dio che sempre ci fa trionfare in Cristo”. Anche qui TNM rende nel giusto modo il senso del verbo greco: “Siano rese grazie a Dio che sempre ci conduce in trionfale processione [θριαμβεύοντι (thriambèuonti)] in compagnia del Cristo”. Peccato solo, però, che ci sia quella pecca di traduzione riguardo a: “In compagnia del Cristo”, che forse tradisce la non comprensione della profondità della loro stessa bella traduzione del resto del versetto. Infatti, viene tradotto “in compagnia del Cristo” il greco ἐν τῷ χριστῷ (en to christò), in contraddizione con la loro stessa traduzione “per mezzo d’esso” in Col. Eppure, l’espressione greca è la stessa sia in Col 2:15 sia in 2Cor 2:14:
Col 2:15 |
2Cor 2:14 |
ἐν αὐτῷ |
ἐν τῷ χριστῷ |
en autò |
en to christò |
“per mezzo d’esso [= il palo della croce]” |
“in compagnia del Cristo” [?!] |
(TNM)
Il passo di 2Cor dovrebbe essere reso traducendo quell’ἐν (en) conformemente al suo significato (come in Col): “Siano rese grazie a Dio che sempre ci conduce in trionfale processione per mezzo del Cristo” (2Cor 2:14, TNM, modificata). Cosa intende dire Paolo? I discepoli di Yeshùa (Paolo compreso: “Ci conduce”) non sono qui presentati come coloro che partecipano alla gloria del Cristo. Ecco perché è sbagliata la traduzione “in compagnia del Cristo”. Qui essi solo presentati come schiavi vinti che Yeshùa conduce con sé.
Spesso Paolo presenta se stesso e altri come schiavi di Cristo: “Paolo, schiavo di Gesù Cristo” (Rm 1:1, TNM), “Schiavo di Cristo” (Gal 1:10, TNM), “Paolo e Timoteo, schiavi di Cristo Gesù” (Flp 1:1, TNM), “Colui che fu chiamato da libero è uno schiavo di Cristo” (1Cor 7:22, TNM), “Come schiavi di Cristo, facendo la volontà di Dio con tutta l’anima” (Ef 6:6, TNM). “Epafra, […], schiavo di Cristo Gesù” (Col 4:12, TNM), “Lo schiavo del Signore” (2Tm 2:24, TNM; riferito qui a tutti i credenti), “Paolo, schiavo di Dio”. – Tit 1:1, TNM.
Familiare a Paolo è l’espressione: “Mentre eravamo nemici” (Rm 5:10). Paolo si presenta anche come colui che perseguitò la congregazione di Dio tentando di distruggerla: “Fino all’eccesso perseguitavo la congregazione di Dio e la devastavo” (Gal 1:13, TNM). Paolo fu poi conquistato da Yeshùa e tratto a lui come un prigioniero. – At 9:1-9;22:6-11;26:9-18.
Paolo è consapevole di essere esposto al ludibrio degli altri per la sua fede: egli sa che gli apostoli sono come dei condannati a morte che sono divenuti uno spettacolo per il mondo. Egli sa di essere considerato il rifiuto, la spazzatura del mondo:
“Io ritengo che Dio abbia messo in mostra noi, gli apostoli, ultimi fra tutti, come uomini condannati a morte; poiché siamo diventati uno spettacolo al mondo, agli angeli e agli uomini. Noi siamo pazzi a causa di Cristo, ma voi siete sapienti in Cristo; noi siamo deboli, ma voi siete forti; voi siete onorati, ma noi siamo disprezzati. Fino a questo momento, noi abbiamo fame e sete. Siamo nudi, schiaffeggiati e senza fissa dimora, e ci affatichiamo lavorando con le nostre proprie mani; ingiuriati, benediciamo; perseguitati, sopportiamo; diffamati, esortiamo; siamo diventati, e siamo tuttora, come la spazzatura del mondo, come il rifiuto di tutti”. – 1Cor 4:9-13.
Altrove, è vero, Paolo presenta se stesso e i discepoli come “più che vincitori” (Rm 8:37): “Ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa […].Ormai mi è riservata la corona […] e non solo a me” (2Tm 4:7,8). Ma tale idea non è revocata nel passo presente di 2Cor 2:14, perché il verbo greco θριαμβεύω (thriambèuo) non ha mai il significato di partecipare come seguace al trionfo, ma solo di essere trascinato come schiavo vinto nel trionfo di un altro.
Il passo di 2Cor 2:14 va quindi, per intero, tradotto così:
“Siano rese grazie a Dio che sempre ci conduce come schiavi in trionfale processione per mezzo del Cristo e per mezzo nostro spande in ogni luogo il profumo della conoscenza di lui!”. – Dia.
Qui Paolo si presenta come prigioniero di Yeshùa, ma ciò è ritenuto da lui una grazia perché – incatenato com’è a Yeshùa – può accompagnarsi a Dio sempre e dovunque, nella divina marcia trionfale attraverso il mondo (“Dio che sempre ci conduce”). E ciò pur essendo il dùlos christù, “lo schiavo di cristo”.
Questo era il pensiero originale, quello del primo secolo. Fu solo a cavallo tra il 4° e il 5° secolo, con il Crisostomo (“vescovo” di Costantinopoli dal 397 al 404), che iniziò un’altra esegesi secondo cui il credente non è più presentato come prigioniero, ma come colui che parteciperebbe al trionfo di Yeshùa. Tale errore è tuttora presente in diverse traduzioni di 2Cor 2:14 in diverse versioni della Bibbia: “Ci fa trionfare” (NR), “Ci fa partecipare al suo trionfo” (CEI), “Ci fa sempre trionfare” (ND), “Sempre trionfiamo” (Did). Dubbia è Luzzi: “Sempre ci conduce in trionfo in Cristo”, come – del resto – la stessa TNM: “Sempre ci conduce in trionfale processione in compagnia del Cristo”; così anche New International Version: “Grazie a Dio, che ci porta sempre in processione trionfale in Cristo”. In queste versioni pare che l’idea sia sempre quella (sviluppatasi alla fine del 4° secolo) di partecipare al trionfo. Così La Torre di Guardia del 15 novembre 1990: “Qui Paolo e gli altri cristiani unti sono raffigurati come devoti sudditi di Dio, ‘in compagnia di Cristo’. Sono visti come figli, ufficiali e soldati che seguono Geova nel suo corteo e sono condotti da lui in una processione trionfale” (pag. 27, § 4). Si tratta dell’interpretazione trionfalista che s’impose nel corso dei secoli e fu accettata anche da Calvino: “Paolo qui vuol dire che egli partecipa al trionfo che Dio celebra, poiché è mediante il suo lavoro che esso si attua, così come gli ufficiali partecipavano al trionfo del generale, cavalcando al fianco del carro”. – Crisostomo, Omelia V su 2Corinti.
L’espressione paolina, intesa correttamente, è contro il trionfalismo della congregazione in ogni parte della terra. I credenti devono ricordare che per obbedire a Yeshùa (glorificato per la sua obbedienza al volere di Dio fino alla morte) è necessario passare per la stessa profonda esperienza del loro maestro. Questo senso rientra nella serie dei paradossi amati da Paolo: “Nessuno s’inganni. Se qualcuno tra di voi presume di essere un saggio in questo secolo, diventi pazzo per diventare saggio” (1Cor 3:18), “Quando sono debole, allora sono forte” (2Cor 12:10), “Non avendo nulla, eppure possedendo ogni cosa!” (2Cor 6:10), “Sovrabbondo di gioia in ogni nostra tribolazione” (2Cor 7:4), “Se vivete secondo la carne voi morrete; ma se mediante lo Spirito fate morire le opere del corpo, voi vivrete” (Rm 8:13), “[Yeshùa] essendo ricco, si è fatto povero per voi, affinché, mediante la sua povertà, voi poteste diventar ricchi”. – 2Cor 8:9.
Anche qui, in 2Cor 2:14, i fedeli vincono proprio perché sono aggiogati, come schiavi, al trionfo di Yeshùa.