Preghiera per i lettori (3:14-21).
“Per questo motivo piego le ginocchia davanti al Padre” (3:14). Qual è “questo motivo”? Quello appena detto prima, al v. 13, ovvero che gli efesini non si scoraggino. Il piegare le ginocchia mostra l’intensità della preghiera che induce chi prega ad abbassarsi, a umiliarsi e a prostrarsi a Dio. Questo è qualcosa che i credenti di oggi devono imparare. Non parliamo qui dell’inginocchiarsi idolatrico dei cattolici davanti ad un altare o a una statua. Parliamo della preghiera personale, quella di cui Yeshùa disse: “Quando preghi, entra in camera tua e chiudi la porta. Poi, prega Dio, presente anche in quel luogo nascosto” (Mt 6:6, PdS). Molti credenti tendono a pregare senza inginocchiarsi mai. Si può pregare in qualsiasi posizione, è vero, ma ci sono occasioni in cui è senz’altro appropriato inginocchiarsi e pregare. Non è una cosa facile. Chi non è abituato può provare impaccio e disagio, perfino vergogna. Ma è proprio per questo che l’inginocchiarsi ci umilia di fronte a Dio. Yeshùa lo faceva: “Piegò le ginocchia e pregava”. – Lc 22:41, TNM.
“Dal quale [Padre] ogni famiglia nei cieli e sulla terra prende nome” (3:15). Prendere il nome significa esistere. Questo è un significato squisitamente biblico. Ciò che non è nominato non esiste. “Gente da nulla, razza senza nome” (Gb 30:8). “La loro medesima menzione certamente perirà” (Sl 9:6, TNM). “Non cancellerò il suo nome dal libro della vita” (Ap 3:5). Le creazioni sono fatte venire all’esistenza mediante la pronuncia del loro nome: firmamento, luce, sole, stelle, eccetera. – Gn 1.
L’oggetto della preghiera di Paolo è triplice:
- Maggiore forza interiore data dallo spirito santo: “Essere potentemente fortificati, mediante lo Spirito suo, nell’uomo interiore”. – 3:16.
- Maggiore profondità di fede, così che Yeshùa dimori costantemente nel cuore (ovvero nella mente, perché per gli ebrei il cuore è la sede dei pensieri): “Faccia sì che Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori”. – 3:17.
- Maggiore intensità d’amore: “Radicati e fondati nell’amore”. – 3:17.
Il testo greco dice: “Che il cristo abiti mediante la fede nei vostri cuori, che siate radicati e fondati un amore”, e non: “Nei vostri cuori con amore; perché siate radicati e stabiliti sul fondamento”. – TNM, corsivo aggiunto.
Solo così i credenti potranno afferrare, nella meditazione dell’amore insondabile di Dio (svelato in Yeshùa), la vera pienezza di Dio ed esserne ricolmi. “Siate resi capaci di abbracciare con tutti i santi quale sia la larghezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità dell’amore di Cristo e di conoscere questo amore che sorpassa ogni conoscenza, affinché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio” (3:18,19). Dobbiamo qui ripetere ancora che non si tratta di conoscenza teorica, mentale (che è un concetto solo occidentale). La conoscenza è nella Bibbia conoscenza sperimentale, fatta per esperienza. Sbaglia del tutto, quindi, TNM che traduce: “Affinché siate pienamente capaci di afferrare mentalmente“ (v. 18). Paolo dice καταλαβέσθαι (katalamèsthai). Si tratta dell’infinito aoristo secondo medio del verbo καταλαμβάνω (katalambàno), numero Strong 2638. Significa: “Afferrare in modo da rendere il proprio, ottenere, raggiungere, fare il proprio, prendere per sé stesso, appropriarsi; afferrare, prendere possesso; in senso positivo, di Cristo che per il suo santo potere e influenza afferra la mente umana e volontà, per incitare e governarlo; scoprire” (Vocabolario del Nuovo Testamento). “Conoscere questo amore che sorpassa ogni conoscenza” significa, nel linguaggio della Scrittura, sperimentare di persona l’amore di Yeshùa che sorpassa ogni altra esperienza d’amore che si potrebbe fare. Si tratta di un amore inimmaginabile per chi non lo prova. Possiamo noi “afferrare mentalmente” (TNM) l’amore di due persone profondamente innamorate? Ma no. Possiamo al massimo immaginarlo, a patto di averne fatto esperienza noi stessi essendo stati innamorati. Ebbene, qui si tratta di qualcosa di ben più grande, infinitamente più grande. Si tratta dell’amore di Yeshùa. Si tratta di un sentimento ancora più forte e coinvolgente di quello descritto dal sommo poeta che parlava di “una dolcezza al core, che ’ntender no la può chi no la prova” (Dante Alighieri, Tanto gentile e tanto onesta pare). Altro che “afferrare mentalmente”!
In 3:20,21 abbiamo una magnifica dossologia (una celebrazione, una glorificazione) rivolta a Dio che, oltre ad essere la meta ultima dei nostri pensieri, è così potente da donarci più di quanto possiamo chiedere ed immaginare.
“A Dio, che già agisce in noi, con potenza,
e in tutte le cose può fare molto più di quanto
noi possiamo domandare o pensare,
a Dio sia gloria,
per mezzo di Gesù Cristo e della chiesa,
in ogni tempo e sempre! Amen”. – PdS.
La “gloria” – ossia l’esaltazione del suo amore – deve essere offerta dai credenti che formano la chiesa o congregazione per mezzo di Yeshùa e di continuo.
Con queste meravigliose parole termina la parte propriamente dogmatica dello scritto.
Vengono ora alcuni consigli pratici.