Questa città, distante una cinquantina di km da Tiàtira, era l’antica capitale della Lidia, una regione dell’Asia Minore occidentale. A Sardi c’era un centro di culto di una dea asiatica, l’Artemide efesina, corrispondente alla dea greca Artemide, la Diana dei romani. Il terreno circostante Sardi era molto fertile, contribuendo alla sua ricchezza, proveniente anche dall’artigianato manifatturiero che pro-duceva tappeti e tessuti di lana. In più, Sardi si trovava su una via carovaniera, avendo parte attiva negli scambi commerciali. Dopo che Creso, l’ultimo re della Lidia, fu sconfitto da Ciro il Grande nel 6° secolo a. E. V., Sardi era divenuta la capitale della parte occidentale dell’impero persiano. Arresasi nel 334 a. E. V. ad Alessandro il Grande, passò poi sotto la dominazione di Pergamo e poi di Roma. Nel 17 della nostra èra fu sconvolta da un grande terremoto che quasi la rase al suolo. Fu ricostruita dai romani. Giuseppe Flavio, storico ebreo, di fa sapere che nel 1° secolo della nostra èra questa città asiatica ospitava una numerosa comunità ebraica (Antichità giudaiche, XIV, 259 [x, 24]). Oggigiorno rimangono le rovine dell’antica Sardi, tra cui quelle dell’antica sinagoga, del tempio dedicato all’Artemide efesina, dello stadio e del teatro costruiti dai romani.
Yeshùa rimprovera la comunità di Sardi in modo molto aspro, rivolgendosi così al suo angelo: “Io conosco le tue opere: tu hai fama di vivere ma sei morto” (Ap 3:1). Il Cristo si presenta come “colui che ha i sette spiriti” (Ibidem; cfr. Ap 1:4), che sono al suo servizio come messaggeri di Dio (Ap 5:6); egli è anche “colui che ha . . . le sette stelle” (Ibidem; cfr. Ap 1:16,20;2:1). Lui conosce le “opere” ovvero tutta la condotta dei credenti (cfr. Ap 2:2). La condotta della comunità di Sardi non ha proprio nulla per cui essere lodata: è viva solo di nome, ma è spiritualmente morta. Qualcosa potrebbe però scuoterla e risvegliarla: “Sii vigilante e rafforza il resto che sta per morire” (Ap 3:2). Il comando-esortazione che le viene impartito da Yeshùa ha un tono che scrolla: γίνου γρηγορῶν, che esprime l’idea di un nuovo inizio, letteralmente: “Diventa / inizia a esistere / sorgi [come] stando in guardia / prestando attenzione”. I moribondi devono scuotersi. La severità del rimprovero è così motivata da Yeshùa: “Non ho trovato le tue opere perfette davanti al mio Dio” (Ibidem); la parola tradotta “perfette” è nel testo greco πεπληρωμένα, che sarebbe meglio tradurre come fa TNM, “pienamente compiute”, perché il verbo πληρόω significa completare nel senso di riempire completamente. Se la comunità non si sveglia, Yeshùa la sorprenderà nel sonno: “Io verrò come un ladro, e tu non saprai a che ora verrò a sorprenderti”. – Ap 3:3.
Un ladro nella notte
“Sappiate questo, che se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte il ladro deve venire, veglierebbe e non lascerebbe scassinare la sua casa. Perciò, anche voi siate pronti; perché, nell’ora che non pensate, il Figlio dell’uomo verrà”. – Mt 24:43,44; cfr. Lc 12:39.
“Voi stessi sapete molto bene che il giorno del Signore verrà come viene un ladro nella notte”. – 1Ts 5:2.
“Il giorno del Signore verrà come un ladro: in quel giorno i cieli passeranno stridendo, gli elementi infiammati si dissolveranno, la terra e le opere che sono in essa saranno bruciate”. – 2Pt 3:10.
L’allegoria del ladro nella notte è usata anche in Ap 16:15: “Ecco, io vengo come un ladro; beato chi veglia e custodisce le sue vesti perché non cammini nudo e non si veda la sua vergogna”. Siccome nessuno conosce l’ora e certamente un ladro non si annuncia, ma anzi viene quando meno ce lo si aspetta, l’unico modo è vegliarle per non farsi sorprendere.
“Tuttavia a Sardi ci sono alcuni” – in quel clima di torpore sonnolento che sa di condizione moribonda – “che non hanno contaminato le loro vesti” ovvero non si sono dati ai peccati; e questi, dice Yeshùa, “cammineranno con me in bianche vesti, perché ne sono degni” (Ap 3:4). Giuda dice di odiare “perfino la veste contaminata dalla carne” (Gda 23). Per le “vesti bianche” il testo greco usa l’aggettivo λευκός, che indica un bianco brillante. Questo tipo di bianco è il colore menzionato più spesso nella Sacra Scrittura. Il testo greco ha solo questo aggettivo, dicendo che cammineranno con Yeshùa ἐν λευκοῖς, “in bianchi” (TNM sottintende “mantelli”). Gli indumenti di colore bianco splendente sono quelli portati dagli angeli (Mr 16:5; Gv 20:12; At 1:10; cfr. Ap 19:14). Il trono stesso di Dio è bianco (Ap 20:11). Abiti bianco brillante erano portati anche in occasione delle sante Festività. Li indossano anche coloro che sono elevati allo splendore della condizione celeste. Alla trasfigurazione di Yeshùa “le sue vesti divennero splendenti, molto più bianche di quanto potrebbe imbiancarle sulla terra qualsiasi pulitore di vestiti” (Mr 9:3, TNM). Chi rimane fedele sarà degno di tale ricompensa. “Chi vince sarà dunque vestito di vesti bianche”. – Ap 3:5.
E non solo. Yeshùa promette ai suoi fedeli: “Io non cancellerò il suo nome dal libro della vita, ma confesserò il suo nome davanti al Padre mio e davanti ai suoi angeli”. – Ibidem.
Il libro della vita
L’immagine del “libro della vita” è molto antica nella Bibbia. Già Mosè ne parlava (Es 32:32) e se ne fa menzione in Is 4:3. La letteratura apocalittica utilizzò questa immagine con un riferimento escatologico (riferito cioè al tempo della fine), tanto che in Dn 12:1 è annunciato: “In quel tempo, il tuo popolo sarà salvato; cioè, tutti quelli che saranno trovati iscritti nel libro”.
Nel “libro della vita” sono registrati i nomi che coloro che hanno diritto alla cittadinanza celeste:
Nella Gerusalemme che scende dal cielo potranno entrare “soltanto quelli che sono scritti nel libro della vita”. – Ap 21:27.
“Rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti nei cieli”. – Lc 10:20.
“Queste donne, che hanno lottato per il vangelo insieme a me, a Clemente e agli altri miei collaboratori i cui nomi sono nel libro della vita”. – Flp 4:3.
Dei malvagi è detto:
- “Siano cancellati dal libro della vita e non siano iscritti fra i giusti”. – Sl 69:28.
- “Se qualcuno non fu trovato scritto nel libro della vita, fu gettato nello stagno di fuoco”. – Ap 20:15.
- La bestiaccia apocalittica sarà adorata da “tutti gli abitanti della terra i cui nomi non sono scritti fin dalla creazione del mondo nel libro della vita”. – Ap 13:8; cfr Ap 17:8.
Quando “libri furono aperti, e fu aperto anche un altro libro che è il libro della vita”, “i morti furono giudicati dalle cose scritte nei libri, secondo le loro opere” Ap 20:12.