Uno dei setti angeli che avevano rovesciato le coppe concede a Giovanni di osservare la grande Babilonia che sta per subire la condanna divina:

“Uno dei sette angeli che avevano le sette coppe venne a dirmi: «Vieni, ti farò vedere il giudizio che spetta alla grande prostituta che siede su molte acque. I re della terra hanno fornicato con lei e gli abitanti della terra si sono ubriacati con il vino della sua prostituzione». Egli mi trasportò in spirito nel deserto; e vidi una donna seduta sopra una bestia di colore scarlatto, piena di nomi di bestemmia, e che aveva sette teste e dieci corna. La donna era vestita di porpora e di scarlatto, adorna d’oro, di pietre preziose e di perle. In mano aveva un calice d’oro pieno di abominazioni e delle immondezze della sua prostituzione. Sulla fronte aveva scritto un nome, un mistero: BABILONIA LA GRANDE, LA MADRE DELLE PROSTITUTE E DELLE ABOMINAZIONI DELLA TERRA. E vidi che quella donna era ubriaca del sangue dei santi e del sangue dei martiri di Gesù. Quando la vidi, mi meravigliai di grande meraviglia”. – Ap 17:1-6.

   L’interpretazione di questa immagine è data dall’angelo stesso nei versetti seguenti:

“L’angelo mi disse: «Perché ti meravigli? Io ti dirò il mistero della donna e della bestia con le sette teste e le dieci corna che la porta. La bestia che hai vista era, e non è; essa deve salire dall’abisso e andare in perdizione. Gli abitanti della terra, i cui nomi non sono stati scritti nel libro della vita fin dalla creazione del mondo, si meraviglieranno vedendo la bestia perché era, e non è, e verrà di nuovo. Qui occorre una mente che abbia intelligenza. Le sette teste sono sette monti sui quali la donna siede. Sono anche sette re: cinque sono caduti, uno è, l’altro non è ancora venuto; e quando sarà venuto, dovrà durare poco. E la bestia che era, e non è, è anch’essa un ottavo re, viene dai sette, e se ne va in perdizione. Le dieci corna che hai viste sono dieci re, che non hanno ancora ricevuto regno; ma riceveranno potere regale, per un’ora, insieme alla bestia. Essi hanno uno stesso pensiero e daranno la loro potenza e la loro autorità alla bestia. Combatteranno contro l’Agnello e l’Agnello li vincerà, perché egli è il Signore dei signori e il Re dei re; e vinceranno anche quelli che sono con lui, i chiamati, gli eletti e i fedeli». Poi mi disse: «Le acque che hai viste e sulle quali siede la prostituta, sono popoli, moltitudini, nazioni e lingue. Le dieci corna che hai viste e la bestia odieranno la prostituta, la spoglieranno e la lasceranno nuda, ne mangeranno le carni e la consumeranno con il fuoco. Infatti Dio ha messo nei loro cuori di eseguire il suo disegno che è di dare, di comune accordo, il loro regno alla bestia fino a che le parole di Dio siano adempiute. La donna che hai vista è la grande città che domina sui re della terra»”. – Ap 17:7-18.

   L’angelo spiega prima chi è la bestia e solo alla fine dice della donna e della sorte che l’attende. Alla bestia l’angelo dà più attenzione che alla donna.

 

La bestia su cui siede la puttana

   “Io ti dirò il mistero della donna e della bestia con le sette teste e le dieci corna che la porta” (Ap 17:7). La simbolica Babilonia siede a cavallo di una bestia, che è il “gran dragone rosso, che aveva sette teste e dieci corna” (Ap 12:3). Come le dee che nell’antico Oriente erano raffigurate a cavallo di qualche animale, così anche Babilonia cavalca una bestia. Questa “bestia che aveva dieci corna e sette teste, sulle corna dieci diademi e sulle teste nomi blasfemi” (Ap 13:1). “Deve salire dall’abisso e andare in perdizione” (Ap 17:8), e Giovanni l’aveva già vista “salire dal mare” (Ap 13:1). “Una donna seduta sopra una bestia di colore scarlatto, piena di nomi di bestemmia, e che aveva sette teste e dieci corna”. – Ap 17:3.

   In più, si è macchiata della colpa gravissima di aver versato il sangue dei discepoli di Yeshùa. Non può quindi che ricevere da Dio la retribuzione che si merita.

   La bestia ἦν καὶ οὐκ ἔστιν, καὶ μέλλει ἀναβαίνειν (èn kài uk èstin, kài mèllei avabàinein), “era e non è, e sta per salire”. Questa definizione è la contrapposizione a ciò che viene detto di Dio in Ap 1:4: ὁ ὢν καὶ ὁ ἦν καὶ ὁ ἐρχόμενος (o òn kài o èn kài o erchòmenos), “l’essente e colui che era e il veniente”. Dio è sempre, mentre la bestia adesso “non è”. Essa andrà in rovina, perché sarà presa e gettata “nello stagno ardente di fuoco e di zolfo” (Ap 19:20). Prima di ciò, però, “deve salire dall’abisso” e solo dopo “andare in perdizione” (Ap 17:8). Questo suo ritorno produrrà grande stupore su tutti gli abitanti della terra che non sono credenti: “L’adoreranno tutti gli abitanti della terra i cui nomi non sono scritti fin dalla creazione del mondo nel libro della vita”. Costoro adoreranno la “bestia che aveva ricevuto la ferita della spada ed era tornata in vita” (Ap 13:8,14). La bestia è qui tratteggiata con i tratti di Nerone redivivo. L’angelo aggiunge mistero: “Qui occorre una mente che abbia intelligenza”. – Ap 17:9.

   La città dai sette colli. La bestia “aveva sette teste” (Ap 17:3), e l’angelo spiega: “Le sette teste sono sette monti sui quali la donna siede” (Ap 17:9). Qui è chiaramente identificata la città di Roma. Tale riferimento a Roma è dato anche dalla seconda spiegazione: “Sono anche sette re” (Ap 17:9). I re sono gli imperatori romani, perché in Oriente gli imperatori romani venivano chiamati “re”, e la Bibbia segue quest’uso (cfr. 1Pt 2:13,17: 1Tm 2:2). L’angelo dice ancora riguardo a questi sette re-imperatori: “Cinque sono caduti, uno è, l’altro non è ancora venuto; e quando sarà venuto, dovrà durare poco” (Ap 17:10). Per comprendere questa spiegazione enigmatica, occorre tener conto che la bestia è presentata come un ottavo re-imperatore: “La bestia che era, e non è, è anch’essa un ottavo re, viene dai sette, e se ne va in perdizione” (Ap 17:11); si tratta di un imperatore che ha i tratti del Nerone redivivo. In pratica, questo ottavo re era già stato uno dei sette. Nella lista degli imperatori romani (escludendo i tre imperatori Galba, Ottone e Vitellio, che appartengono all’interregno del 68 E. V.) figurano: 1. Augusto, 2. Tiberio, 3. Caligola, 4. Claudio, 5. Nerone. Il sesto imperatore è quello regnante al momento (“uno è”) ovvero Vespasiano (69-79 E. V.). Va detto però che Giovanni scrisse al tempo di Domiziano (81-96 E. V.), che dovrebbe quindi essere il sesto imperatore ovvero quell’“uno è”. Va detto anche che a Giovanni non interssava presentare la storia romana ma piuttosto la sua interpretazione apocalittica. In ciò il veggente di Patmos si basa su antica concezione che vedeva la durata del mondo in sette epoche, che presso i babilonesi erano governata ciascuna da uno dei sette pianeti e posta sotto un sovrano. Non si dimentichi la predilezione giovannea per i settenari. Al di là di questo richiamo, Giovanni si concentra sull’ottavo re che deve sorgere, il quale non dovrebbe esserci ma che risorge da uno dei sette precedenti. Come redivivo, è in verità un avversario di Dio, che è sempre (“l’essente e colui che era e il veniente”). Ma è anche avversario di Yeshùa, che era morto e risorto.

   La bestia non solo “aveva sette teste” ma anche “dieci corna” (Ap 17:3). E l’angelo spiega: “Le dieci corna che hai viste sono dieci re, che non hanno ancora ricevuto regno; ma riceveranno potere regale, per un’ora, insieme alla bestia. Essi hanno uno stesso pensiero e daranno la loro potenza e la loro autorità alla bestia” (Ap 17:12,13). Questi “dieci re” si alleano con la bestia e le si sottomettono. Ciò ci riporta alle idee popolari del tempo, secondo cui i satrapi parti si sarebbero alleati con Nerone redivivo. L’obiettivo comune è quello di far guerra a Yeshùa: “Combatteranno contro l’Agnello e l’Agnello li vincerà, perché egli è il Signore dei signori e il Re dei re; e vinceranno anche quelli che sono con lui, i chiamati, gli eletti e i fedeli” (Ap 17:14). Già in Ap 16:12 si parlava di preparare “la via ai re che vengono dall’Oriente” e al successivo v. 14 è detto che i demòni “vanno dai re di tutta la terra per radunarli per la battaglia del gran giorno del Dio onnipotente”. Si noti poi che in Ap 19:16, Yeshùa è chiamato “re dei re e signore dei signori”, che è il titolo usato dai re persiani, quindi contrapposto proprio a quello dei re orientali.

   Prima che questo imponente esercito muova a guerra a Yeshùa, c’è però qualcosa che deve fare quale strumento nelle mani di Dio: “Le dieci corna che hai viste e la bestia odieranno la prostituta, la spoglieranno e la lasceranno nuda, ne mangeranno le carni e la consumeranno con il fuoco. Infatti Dio ha messo nei loro cuori di eseguire il suo disegno che è di dare, di comune accordo, il loro regno alla bestia fino a che le parole di Dio siano adempiute. La donna che hai vista è la grande città che domina sui re della terra”. – Ap 17:16-18.

 

La gran puttana

   Al v. 15 la grande città di Babilonia  è definita “prostituta”, come già al v. 1. Il greco ha πόρνη (pòrne), che identifica una puttana di mestiere. Il v. 1 la dice megàle pòrne, “gran puttana”. Nella Bibbia ebraica una città empia e ostile a Dio è definita metaforicamente prostituta. “Come mai la città fedele è diventata una prostituta?” (Is 1:21; cfr. 23:16). Così anche in Na 3:40 che parla “delle tante fornicazioni dell’avvenente prostituta, dell’abile incantatrice, che vendeva le nazioni con le sue fornicazioni”. – Cfr. Os 4:12;5:3; Ez 16:15,16;23:1-3.

   Le acque su cui siede la puttana. “Le acque che hai viste e sulle quali siede la prostituta, sono popoli, moltitudini, nazioni e lingue”  (v. 15). L’antica Babilonia era situata accanto a molte acque costituite dai canali in cui si ramificava il fiume Eufrate. Ger 51:13 così si rivolgeva alla città di Babilonia: “O tu che abiti in riva alle grandi acque”. L’antitipica Babilonia è descritta seguendo questo modello, in cui però le acque assumono senso diverso, simboleggiando le popolazioni su cui domina. Essa, la Babilonia antitipica ovvero Roma, “ha fatto bere a tutte le nazioni il vino dell’ira della sua prostituzione” (Ap 14:8), per cui la sua empietà ha coinvolto il mondo intero.

   La puttana ingioiellata. “La donna era vestita di porpora e di scarlatto, adorna d’oro, di pietre preziose e di perle. In mano aveva un calice d’oro pieno di abominazioni e delle immondezze della sua prostituzione. Sulla fronte aveva scritto un nome” (Ap 17:3,4). Le prostitute romane portavano un diadema con su scritto il loro nome. Così anche questa apocalittica puttana. Il suo nome è Babilonia, quello che la tradizione apocalittica giudaica dava a Roma. Al v. 5 è definita “la madre delle prostitute”. Roma era considerata la dea-madre, venerata in tutto l’impero. Giovanni gioca su ciò e rovescia la valutazione: in realtà non è altro che una gran puttana che ha sparso la sua immoralità su tutta la terra.

   La puttana odiata, spogliata e distrutta. “Odieranno la prostituta, la spoglieranno e la lasceranno nuda, ne mangeranno le carni e la consumeranno con il fuoco” (Ap 17:16). Dio impiega le potenze sataniche per punire la malvagia Babilonia. Ciò ci rammenta, nel modo di fare di Dio, Ez 23:25-29:

 

“’Io darò sfogo alla mia gelosia contro di te

ed essi ti tratteranno con furore:

ti taglieranno il naso e le orecchie,

e ciò che rimarrà di te cadrà per la spada;

prenderanno i tuoi figli e le tue figlie,

e ciò che rimarrà di te sarà divorato dal fuoco.

Ti spoglieranno delle tue vesti,

porteranno via gli oggetti di cui ti adorni.

Io farò cessare la tua lussuria,

la tua prostituzione cominciata nel paese d’Egitto,

e tu non alzerai più gli occhi verso di loro,

non ti ricorderai più dell’Egitto’.

Infatti così parla il Signore, Dio:

‘Ecco, io ti do in mano di quelli che detesti,

in mano di quelli da cui ti sei allontanata.

Essi ti tratteranno con odio,

porteranno via tutto il frutto del tuo lavoro,

e ti lasceranno nuda e scoperta;

così saranno messe allo scoperto la vergogna della tua impudicizia,

la tua lussuria e le tue prostituzioni’”.