Dopo tre anni di lotta Giuda Maccabeo s’impadronì di Gerusalemme e del Tempio, che purificò e in cui ristabilì il culto. Il 25 kislèv 165 a. E. V. – nell’anniversario della sua profanazione – dedicò di nuovo l’altare del Tempio (1Maccabei 4:52-54; 2Maccabei 10:5). Questo avvenimento fu ricordato nei secoli seguenti, e lo è ancora oggigiorno, da tutti i giudei. La festa si chiama “Festa della dedicazione” (in ebraico חנכה חג, khagh khanukàh) o semplicemente khanukàh (חנכה). Col passare degli anni nacque l’usanza di celebrare la festa di Khanukàh con delle luci. Lo storico Giuseppe Flavio riferisce che nel 1° secolo E. V. la festa era chiamata anche “Festa delle Luci”. Perché delle luci? Si racconta che quando giunse il momento di riaccendere il candelabro nel Tempio, sebbene ci fosse olio cerimonialmente puro solo per un giorno, l’olio durò miracolosamente otto giorni. È questo il motivo per cui durante la festa di Khanukàh si usa un candelabro a nove bracci anziché il consueto menoràh (מנורה), il candelabro a sette bracci di cui parla la Bibbia in Es 25:31-40. Nel candelabro di Khanukàh gli otto bracci rappresentano le luci degli otto giorni, mentre il braccio centrale (il nono, detto shamàsh, candela servitore) si usa per accendere gli altri. La sera del 25 kislèv (novembre-dicembre) si accende la prima candela di Khanukàh, dopodiché ogni sera, per altre sette sere, si aggiunge una fiammella raggiungendo così otto fiamme (oltre allo shamàsh) l’ottava ed ultima sera. Ai tempi di Yeshùa la Festa della Dedicazione era ancora celebrata (cfr. Gv 10:22), e lo è tuttora da tutti gli ebrei del mondo.
La guerra contro i Seleucidi (regno di Siria) non era però terminata. Gli ebrei chiesero aiuto a Roma (1Maccabei 8:17,18). Non fu una saggia decisione politica. Nel 160 a. E. V. le truppe romane entrarono in Gerusalemme. Fu giocoforza che Gerusalemme si trovasse poi sotto l’influenza della crescente potenza romana.
Dopo il trattato con Roma, Giuda Maccabeo cercò di creare uno stato ebraico indipendente. Morì però in battaglia. La lotta proseguì con i suoi fratelli Gionatan e Simone. All’inizio i governanti seleucidi si opposero energicamente ai Maccabei. Con il tempo, comunque, fecero dei compromessi politici e concessero ai fratelli asmonei o maccabei una certa autonomia.
Gionatan Maccabeo riuscì a persuadere i Seleucidi a nominarlo sommo sacerdote. Dopo la morte di Gionatan, suo fratello Simone Maccabeo ottenne di più ancora. Nel settembre del 140 a. E. V. fu emanato a Gerusalemme questo decreto: “Il re Demetrio [il governante della dinastia greca dei Seleucidi] quindi gli confermò [a Simone] il sommo sacerdozio; lo ascrisse tra i suoi amici e gli conferì grandi onori. . . . I Giudei e i sacerdoti avevano approvato che Simone fosse sempre loro condottiero e sommo sacerdote finché sorgesse un profeta fedele” (1Maccabei 14:38-41). Si noti che la posizione di Simone quale governante e sommo sacerdote (per lui e per i suoi discendenti) fu concordata non solo dall’autorità straniera dei Seleucidi ma anche dai giudei e dai sacerdoti. Questo fatto era di gravità inaudita: in Israele le cariche di re e sommo sacerdote erano sempre state tenute separate (il re dipendeva dal sommo sacerdote per l’unzione o investitura e il sommo sacerdote era soggetto all’autorità del re). “La prima preoccupazione [dei Maccabei, dopo aver fondato una dinastia politica] non era più il compimento della Torà, ma il mantenimento e l’espansione del potere politico” (Emil Schürer, storico). Tuttavia, diplomaticamente, per non offendere nessun giudeo, Simone usò il titolo “etnarca” (comandante del popolo) anziché quello di “re”. Il fatto che gli Asmonei o Maccabei si fossero impossessati del potere sia sacerdotale che politico creò gravi scontenti tra i giudei. Molti studiosi – probabilmente a ragione – ritengono che fu in quel periodo che si formò la comunità di Qumràn. Un sacerdote della linea di Zadoc (chiamato il “Maestro di Giustizia” negli scritti qumranici) abbandonò Gerusalemme e condusse con sé un gruppo dissidente nel deserto della Giudea vicino al Mar Morto. Uno dei Rotoli del Mar Morto (un commentario del libro di Abacuc) condanna il “Sacerdote Empio che fu ritenuto degno di fede all’inizio del suo ufficio. Ma quando dominò su Israele si inorgoglì il suo cuore” (Testi di Qumran, a cura di F. G. Martínez, traduzione di C. Martone, Paideia, Brescia, 1996, pag. 336). Molti studiosi ritengono che sia Gionatan che Simone potevano corrispondere alla descrizione che la setta fece del “Sacerdote Empio”.
Verso il 142 a. E. V. Simone Maccabeo riuscì a fare di Gerusalemme la capitale di una regione in apparenza autonoma, non soggetta a pagare tasse ad alcuna nazione straniera.
A Simone successe come sommo sacerdote e principe suo figlio Giovanni Ircano, così chiamato per aver soggiogato l’Ircania. Siamo nel 129 a. E. V.. Ircano “poté riconquistare appieno l’indipendenza politica della Giudea e cominciare a espandersi in varie direzioni” (Menahem Stern, studioso ebreo). Ircano cominciò a invadere territori fuori della Giudea, soggiogandoli. Se gli abitanti non si convertivano al giudaismo, le loro città venivano rase al suolo. Giovanni Ircano non poté però reprimere i fermenti della disgregazione interna. Gerusalemme si trovava ora in balìa di fazioni e partiti rivali che nascevano: sadducei, farisei, zeloti, altri ancora. Ircano morì dopo 29 anni di governo.
Gli successe suo figlio Aristobulo. Fu un mostro di crudeltà. Aristobulo I, sommo sacerdote di Gerusalemme (e che non era di discendenza davidica), nel 104 a.E.V. assunse persino il titolo di “re”. Per fortuna regnò solo un anno. La sua morte fu un bene per la nazione.
Gli successe suo fratello Alessandro Ianneo, che governò dal 103 al 76 a. E. V.. Fu sotto il suo regno che il potere della dinastia degli Asmonei o Maccabei giunse all’apice. Fu però più crudele del fratello. Alessandro Ianneo si dichiarò tranquillamente sia sommo sacerdote che re. Il conflitto tra Asmonei e farisei si intensificò, sfociando in una guerra civile in cui persero la vita 50.000 ebrei. Alla fine, Ianneo fece mettere al palo 800 ribelli e ne fece trucidare mogli e figli, sotto i loro stessi occhi, mentre lui banchettava con le sue concubine. Forse il “leone furioso . . . che appese uomini vivi” del Commentario a Nahum (un documento trovato a Qumràn) si riferisce proprio a lui. Ostile ai farisei, Ianneo era però un politico. Rendendosi conto che i farisei avevano sempre più il favore del popolo, prima di morire consigliò la moglie Alessandra Salome di dividere il potere con loro. Un detto ebraico, tuttora in uso, dice che quando si ha un nemico si deve o fuggire lontano o andarci d’accordo. Ianneo scelse la moglie anziché un figlio perché gli succedesse nel regno. La moglie Alessandra si rivelò una reggente capace: grazie a lei la nazione ebbe uno dei periodi più pacifici del dominio asmoneo (76-67 a. E. V.). Con lei, i farisei furono reintegrati nelle posizioni di potere.
Alla morte di Alessandra i suoi figli Ircano II e Aristobulo II iniziarono la lotta per il potere. Nessuno dei due si rendeva conto della piena portata della presenza romana che era sempre più consistente dopo il crollo completo del regno dei Seleucidi. Nel 63 a. E. V. entrambi i fratelli si rivolsero al generale romano Pompeo e chiesero la sua mediazione nella loro disputa. Nel 63 a. E. V. le truppe romane capitanate da Pompeo assediarono per tre mesi Gerusalemme e infine penetrarono nella città per sedare la disputa. Ben 12.000 ebrei perirono, molti per la stessa mano di altri giudei. Il regno asmoneo o maccabeo si avvicinava così alla sua fine.
L’idumeo Antipatro (II) venne nominato governatore romano della Giudea. In seguito, nel 37 a. E. V., suo figlio Erode il Grande cominciò a regnare a Gerusalemme: il senato romano lo aveva dichiarato “re della Giudea” e “alleato e amico del popolo romano”. Il dominio dei Maccabei o Asmonei era finito.
Come abbiamo visto, il periodo degli Asmonei o Maccabei (da Giuda Maccabeo ad Aristobulo II) causò profonde divisioni tra i giudei. Tali divisioni erano ancora presenti al tempo di Yeshùa. Lo zelo iniziale dei Maccabei per la pura adorazione si trasformò man mano in politica aggressiva e interessata. I loro sacerdoti ebbero una parte funesta nelle lotte intestine, portando alla nascita di sette. Gli Asmonei o Maccabei uscirono di scena, ma i danni da loro provocati alla nazione – ora sotto il dominio di Roma – rimanevano. La lotta per il potere combattuta fra sadducei, farisei e altri settari continuava.
Avanti Era Volgare (date approssimative) |
Eventi |
4000 |
Creazione di Adamo ed Eva |
3900 |
Nascita di Set |
2270 |
Nascita di Sem |
2370 |
Diluvio |
2000-1900 |
Abraamo |
1900-1850 |
Isacco |
1850 |
Nascita di Giacobbe |
1500 |
Esodo |
1450 |
Ingresso in Palestina |
1450-1100 |
Periodo dei Giudici |
1100-900 |
Monarchia |
900-700 |
Regno di Israele |
900-600 |
Regno di Giuda |
300-200 |
Gli ebrei sotto i Tolomei |
200 |
Gli ebrei sotto i Seleucidi |
170-70 |
Periodo dei Maccabei |
dal 70 |
Periodo romano |
Nella storia sacra siamo giunti alla dominazione romana sulla Palestina. Un re – rappresentante dell’autorità imperiale di Roma – comandava a Gerusalemme. I giudei avevano perduto ogni autonomia politica. Vivevano di speranza: aspettavano il messia che li avrebbe liberati e avrebbe ripristinato il loro regno. I profeti tacevano: la serie delle predizioni messianiche era chiusa. Ciò significava che l’adempimento era prossimo. Mancava solo il precursore predetto da Malachia:
“Io vi mando il mio messaggero,
che spianerà la via davanti a me
e subito il Signore, che voi cercate,
l’Angelo del patto, che voi desiderate,
entrerà nel suo tempio. Ecco egli viene»,
dice il Signore degli eserciti”.
– Mal 3:1.
Ed ecco che sulle rive del Giordano si ode un annuncio. “Venne Giovanni il battista, che predicava nel deserto della Giudea, e diceva: ‘Ravvedetevi, perché il regno dei cieli è vicino’”. – Mt 3:1,2.
Era venuto il compimento del tempo.
“Quando giunse la pienezza del tempo, Dio mandò suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge”. – Gal 4:4. |