Con “anatema” ci si riferisce nella Bibbia alle guerre di sterminio. “Anatema” (ebraico חֵרֶם, khérem; greco ἀνάθεμα, anàthema) indica propriamente le offerte religiose che si offrivano a un dio e venivano appese ai templi, come gli ex-voto (cfr. il verbo greco ana-tìthemi “porre in alto”). Ma questo termine passò poi ad indicare una persona, una famiglia, una città intera che si votava a Dio e perciò veniva distrutta totalmente. Ecco quanto dice in proposito il Levitico: “Solo non si potrà vendere nessuna sorta di cosa votata che da tutto ciò che è suo un uomo possa votare a Geova per la distruzione, sia dal genere umano che dalle bestie o dal campo del suo possedimento, e non si potrà ricomprare nessuna sorta di cosa votata. È qualcosa di santissimo a Geova. Non potrà essere redenta nessuna persona votata che di fra il genere umano sia votata alla distruzione. Dev’essere messa a morte immancabilmente” (Lv 27:28,29, TNM). Questo metodo fu utilizzato da Giosuè (Gs 6-12) nella conquista di Gerico, di Ai e di molte altre città cananee. Prima dell’attacco esse sono votate allo sterminio (khérem), poi si conquistano e il racconto si chiude con il desolante ritornello: “E votavano tutto ciò che era nella città, dall’uomo alla donna, dal giovane al vecchio e al toro e alla pecora e all’asino, alla distruzione col taglio della spada” (TNM, cfr. Gs 6:17-21;8:22-24;10:28-42; e così via). Con l’anatema gettato sulla città, i guerrieri credevano di accattivarsi l’aiuto divino, poiché mostravano di non combattere per cupidigia, ma per fare donativi al loro Dio. Chi cedeva alla tentazione di arricchirsi veniva messo a morte: “In quanto a voi, solo guardatevi dalla cosa votata alla distruzione, affinché non vi venga un desiderio ed effettivamente prendiate parte della cosa votata alla distruzione” (TNM, Gs 6:18;7:1,11-15,21-23). Saul fu riprovato per aver salvato il re nemico Agag e per non averne distrutti gli animali migliori (1Sam 15). Nel Deuteronomio tale uso viene riferito solo contro i cananei posti entro il territorio palestinese promesso agli ebrei; per le altre città invece si doveva prima offrire la pace, e – solo in caso di rifiuto – si dovevano conquistare: in seguito gli uomini soltanto dovevano venire uccisi, ma il resto riservato come bottino (Dt 7;20:10-18). Vi è quindi un leggero progresso contro tale uso barbaro. Come si spiegano tali fatti?
- La guerra purtroppo è guerra, e anche oggi, nonostante gli impegni internazionali, è talora superiore alle barbarie di quel tempo. Quante città e innocenti distrutti con i micidiali strumenti bellici odierni? Ben più dei massacri del tempo biblico. Il metodo usato dagli ebrei non era altro che l’applicazione di un uso barbaro, allora ritenuto del tutto lecito. Basti leggere le relazioni dei racconti assiri e la seguente citazione dalla Stele di Mesha, re di Moab: “E Camos [dio del luogo] mi disse: «Va’, prendi Nebo [combattendo] contro Israele!». E andai nottetempo e combattei contro di essa dallo spuntare dell’alba fino a mezzogiorno. E la presi; e tutti vi trucidai: settemila uomini e ragazzi, donne, giovinette e schiave, poiché ad Astar-Camos feci khérem di tutti essi”. – Stele di Mesha 11,14-17; 9° secolo a. E. V..
La rivelazione che è storica si realizza entro la storia, rispettando lo sviluppo umano che cerca di far progredire nel miglior modo possibile. Si veda come tale sterminio non si doveva attuare fuori delle frontiere affidate ad Israele, contro l’uso dei grandi imperi dell’oriente antico che tutto sterminavano. Con il tempo il rispetto della vita umana andò progredendo, grazie specialmente all’azione profetica. Il libro di Giona dice chiaramente che le vite umane, anche dei più spietati nemici come i niniviti, appartengono a Dio e sono da lui amate. – Gna 4:2,10,11.
Inoltre, i sovrani ebrei avevano la fama di generosa bontà nei riguardi dei nemici, che li distingueva dagli altri popoli (1Re 20:31). Al tempo dei maccabei riaffiorarono tracce dell’antico anatema, ma solo per rispondere in modo adeguato alle crudeltà di Antioco IV Epifane (1Maccabei 2:38;3:39-42;4:18-23;5:2-7,22,44,51). In seguito, l’anatema si ridusse esclusivamente alla confisca dei beni o alla esclusione dal culto nella vita comunitaria (cfr. Gv 9:22;12:42;16:2; 1Cor 5:5; Gal 1:8; per i “cristiani” fino a poco fa tale metodo era conservato nella Chiesa Cattolica; i Testimoni di Geova applicano tuttora una totale e disumana esclusione). Quando Paolo dice: “Io stesso vorrei essere anatema, separato da Cristo, per amore dei miei fratelli” (Rm 9:3), pensa alla sua morte come olocausto per il Cristo da lui creduto e amato. TNM perde la finezza del pensiero paolino evitando la parola “anatema”: “Potrei desiderar di essere io stesso separato dal Cristo come il maledetto a favore dei miei fratelli”.
Ma il problema più grave non sta qui, bensì nel fatto che Dio stesso lo approvi, lo prescriva, ne dia l’ordine: “Allora Israele fece un voto al Signore e disse: «Se tu dai nelle mie mani questo popolo, le loro città saranno da me votate allo sterminio». Il Signore ascoltò la voce d’Israele e gli diede nelle mani i Cananei; Israele votò allo sterminio i Cananei e le loro città” (Nm 21:2,3); “Quando il Signore, il tuo Dio, ti avrà introdotto nel paese che vai a prendere in possesso, e avrai scacciato molti popoli: gli Ittiti, i Ghirgasei, gli Amorei, i Cananei, i Ferezei, gli Ivvei e i Gebusei, sette popoli più grandi e più potenti di te; quando il Signore, il tuo Dio, li avrà dati in tuo potere e tu li avrai sconfitti, tu li voterai allo sterminio” (Dt 7:1,2). Come si può spiegare questo fatto?
Coloro che prendono tale ordine alla lettera cercano di trovare delle ragioni che hanno tutte un fondo diverso. Dio non fa che orientare in modo spirituale un uso barbaro del tempo. Vi si trova un modo di mostrare la sua superiorità sugli dèi del luogo, secondo la legge che il dio dei vittoriosi è più potente del dio dei vinti (teocentrismo della nazione). Di più si mostra il fatto che tale distruzione era una punizione della malvagità dei cananei che abitavano in Palestina. In Gn 15:16 la loro malvagità non ha ancora raggiunto il culmine. In Dt 9:4,5 si afferma che è per la loro malvagità che tali nazioni vanno distrutte, anche se Israele non è giusta. – Cfr. Dt 18:9-12.
Si è pure ricordato il fatto della solidarietà che allora esisteva in tutta una famiglia, una città, un popolo: tutti erano corporalmente solidali nella colpa e quindi nella punizione, nel bene e quindi anche nel premio (si confronti il caso di Acan ucciso con tutti i suoi – Gs 8:24). Anche i ribelli di Core, Datan e Abiram furono inghiottiti dalla terra con tutti i loro familiari. – Nm 16:31.
- Ma è poi vero che Dio diede tali ordini? Oppure furono Mosè e Giosuè che supposero tali ordini in armonia con il costume bellico vigente? Non è il caso di pensare che Dio lo abbia direttamente ordinato. Tale ordine divino era una formula fatta e consacrata dall’uso per dare forza e autorità alle leggi che regolano la vita sociale e cultuale di una nazione teocratica: il capo, il re, e il profeta rappresentano l’autorità divina e i loro ordini diventano in un certo senso ordini divini. Molte leggi israelitiche non sono altro che espressioni di usi, costumi e leggi già esistenti e codificate anteriormente presso gli altri popoli. Il passo sopra citato della Stele di Mesha afferma che il re va a combattere per ordine del suo dio: vale a dire in forza e per l’autorità del dio che egli rappresentava. Non può essere stato così anche per certe leggi di Israele? Non può ciò avverarsi in modo particolare per il khèrem (anatema) biblico? Il legislatore o il profeta (Samuele, ad esempio) non possono avere interpretato la volontà divina secondo i costumi del tempo? Se Dio dà agli israeliti la terra palestinese, se l’unico modo di abitarla non era la via diplomatica bensì la conquista armata, non era segno che ciò si doveva attuare con i metodi in uso? Non era segno che Dio voleva i khèrem secondo il sistema allora comune? Naturalmente Dio utilizzò a vantaggio degli ebrei anche i loro errori, punì in tal modo i cananei e preservò, almeno in parte, il suo popolo da una maggiore attrattiva verso l’idolatria e il culto cananeo tanto immorale. Ciò sembra essere confermato dal caso del re Arad; non è Dio che comanda lo sterminio, ma è Israele, che pensando di fare un bene, lo vota allo sterminio, e Dio l’accetta dando vittoria agli ebrei. Se non avesse avuto la vittoria, sarebbe stata Israele votata allo sterminio. – Nm 21:2.
Si può quindi supporre che gli ordini divini di attuare lo sterminio siano solo ordini di Mosè, di Giosuè o dei profeti, che secondo l’uso del tempo, supponevano essere tale la volontà divina in quanto era Dio che li conduceva nella terra a loro promessa. Si trattava di un loro comando, ma che era presentato, secondo l’uso del tempo, come comando divino, perché essi, come capi, agivano quali intermediari di Dio. La Bibbia non fa altro che riferire storicamente ciò che in realtà si è attuato, senza darne alcuna valutazione morale, che si sarebbe poi gradatamente attuata con lo sviluppo etico del popolo ebraico.
Che questa ipotesi sia valida è confermato dalle parole di Yeshùa che, parlando del divorzio, dice: “Fu detto: «Chiunque divorzia da sua moglie, le dia un certificato di divorzio». Ma io vi dico che chiunque divorzia da sua moglie, se non a causa di fornicazione, la rende soggetta all’adulterio, e chiunque sposa una donna divorziata commette adulterio” (Mt 5:31,32 TNM). Si noti che Yeshùa dice che “fu detto”; eppure cita la Scrittura, la Toràh, la Legge: “Nel caso che un uomo prenda una donna e in effetti ne faccia il suo possesso come moglie, deve quindi accadere che se essa non trova favore ai suoi occhi perché egli ha trovato qualcosa di indecente da parte di lei, deve anche scriverle un certificato di divorzio e metterglielo in mano e congedarla dalla sua casa” (Dt 24:1, TNM). Quell’articolo della Toràh era direttamente voluto da Dio? Nella Bibbia c’è. Eppure, Yeshùa dichiarò: “Per la durezza dei vostri cuori Mosè vi concesse di divorziare dalle vostre mogli” (Mt 19:8, TNM). Si noti: “Mosè vi concesse”. Non Dio, ma Mosè. Eppure, leggendo la Scrittura, quella disposizione sul divorzio appare come legge divina. Ma essa si deve – come riconosce Yeshùa – a Mosè. Fu una concessione di Mosè che, essendo il rappresentante di Dio, emanò una disposizione “divina”. Era il pensiero di Dio? No. Accettato da Dio e tollerato, sì. Il pensiero di Dio era però ben altro: “Non è stato così dal principio” (Ibidem). E Yeshùa spiega: “Per la durezza dei vostri cuori vi ha scritto questo comandamento. Comunque, dal principio della creazione «Egli li fece maschio e femmina. Per questo motivo l’uomo lascerà suo padre e sua madre, e i due saranno una sola carne»; così che non sono più due, ma una sola carne. Perciò quello che Dio ha aggiogato insieme l’uomo non lo separi”. – Mr 10:5-9, TNM.